AIL in Italia, infiltrazioni di gas russo

Quanto gas di origine russa scorre ancora nelle condotte delle AIL? Mettetevi comodi, perché la risposta non è immediata e nemmeno del tutto chiara. A innescare la domanda, un dato per certi versi sorprendente: il gas di cui si è rifornita l’azienda di proprietà della Città lo scorso anno, come testimonia il rapporto annuale che verrà pubblicato nelle prossime settimane, proveniva per l’8,9% dal Paese che ha invaso l’Ucraina. La sorpresa sta nel fatto che è aumentato rispetto al 2023, quando «i cambiamenti nella situazione geopolitica» avevano «imposto d’imboccare vie alternative per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento» e portato a diminuire dal 15% dell’anno precedente al 4% le forniture dalla Russia. Così scrivevano le AIL una decina di mesi fa.
Traiettorie di mercato
Nel frattempo il quadro non è affatto migliorato e l’Unione Europea, il mese scorso, ha ribadito la sua volontà di porre fine il prima possibile alle importazioni di gas da Mosca, annunciando norme più rigide per le aziende e misure per migliorare la trasparenza, il monitoraggio e la tracciabilità di questa risorsa energetica. I dati riflettono questa volontà: la dipendenza commerciale del vecchio continente è scesa dal 45% del 2021 al 19% del 2024 e dovrebbe calare fino al 13% alla fine di quest’anno, anche perché dal primo gennaio, essendo scaduti i contratti di transito attraverso l’Ucraina, il gas russo non scorre più via tubo verso Ovest. Trova altre strade, però.
Se consideriamo solo l’importazione di gas naturale liquefatto (GNL), quello russo nel 2024 è cresciuto: secondo i dati del centro di ricerca europeo Bruegel, l’anno scorso le forniture di GNL russo all’UE sono salite del 21%. Può essere una spiegazione per l’aumento di quasi cinque punti percentuali registrato dalle AIL?
Difficile dirlo, anche perché l’azienda luganese, a nostra precisa domanda, assicura di non sapere da dove esattamente arrivi il gas acquistato dai suoi fornitori italiani e, soprattutto, di non avere alcun potere decisionale a riguardo, in quanto la fornitura di gas non prevede un’attribuzione di garanzia d’origine. I dati pubblicati sui vari rapporti annuali – spiega la SA – derivano da statistiche elaborate sulla base dei flussi fisici di gas ai punti d’importazione italiani. «Il mix di provenienza non è una nostra scelta mirata» conferma il direttore generale delle AIL Angelo Bernasconi. «Ci rivolgiamo ai nostri fornitori, che mettono determinati vincoli. Abbiamo provato a interessarci: possiamo conoscere la natura del gas che compriamo, ad esempio se proviene dal sottosuolo, oppure se è biogas, ma non sappiamo da dove viene. È quindi difficile spiegare il perché di quell’aumento del gas russo fino a quasi il nove percento. Nel 2024 vi è stata una riduzione dei volumi dalla Libia, quindi è plausibile che i fornitori, per compensare, abbiano attinto al mercato russo, però non ne siamo certi. In ogni caso, parliamo di un dato che non può essere rappresentativo del gas che fisicamente arriva in Ticino». I citati sforzi europei per aumentare la tracciabilità dovrebbero ridurre tutte queste incertezze.
Non olet?
Con i pochi dati che abbiamo a disposizione, la domanda che ci resta è forzatamente teorica: se le AIL potessero scegliere, eviterebbero di comprare gas dalla Russia e di finanziare così, seppur indirettamente e involontariamente, un’aggressione militare che miete costantemente vittime anche fra civili innocenti? «Se potessimo scegliere, sì, porteremmo a zero la fornitura di gas russo» risponde Bernasconi. «Questo per diversi motivi: etici, ma anche di sicurezza dell’approvvigionamento. In generale, è meglio non acquistare questa risorsa da Paesi che si trovano in guerra». Il mix comprato dalle AIL l’anno scorso in Italia è composto anche da gas algerino (34,3%), da GNL di varia provenienza (23,8%), da gas norvegese e olandese (9,6%), azero (16,7%), italiano (4,5%) e libico (2,3%).