Violenza domestica

Al via la riflessione cantonale sul braccialetto elettronico

È stato istituito negli scorsi giorni il gruppo di lavoro incaricato di implementare il nuovo articolo di Legge del Codice civile - Siva Steiner: «Il sistema consentirà una tracciabilità 24/24 dell’autore» - A differenza di Francia e Spagna si andrà verso una sorveglianza passiva
© Ti Press/Paolo Gianinazzi
Francesco Pellegrinelli
22.04.2021 06:00

Potrà il braccialetto elettronico salvare delle vite o evitare sofferenze a chi è vittima di violenza domestica?

Negli scorsi giorni il Cantone ha istituito un gruppo di lavoro incaricato di implementare il dispositivo elettronico in ambito civile. Il termine ultimo per la fine dei lavori è il primo gennaio 2022, quando entrerà in vigore il nuovo articolo di legge del Codice civile (art.28c) che disciplina l’uso della sorveglianza elettronica per migliorare ulteriormente la protezione delle vittime di violenza domestica. Una novità che impone ai Cantoni una serie di riflessioni legislative e organizzative: quale sarà l’istanza di esecuzione del braccialetto elettronico in ambito civile? Come andranno gestiti i dati che verranno raccolti? E che tipo di sorveglianza implementerà il nostro cantone?

La commissione cantonale

«Del neocostituito gruppo cantonale fanno parte i soggetti che verosimilmente dal primo gennaio saranno coinvolti nell’esecuzione della misura», spiega il coordinatore Siva Steiner, capo dell’Ufficio dell’assistenza riabilitativa della Divisione della giustizia (DI). «Vi sono rappresentanti della pretura, nella misura in cui sarà un pretore a decidere l’applicazione del dispositivo; della polizia cantonale che già oggi è particolarmente attiva sul fronte della lotta contro la violenza domestica; l’incaricato cantonale della protezione dei dati; un rappresentante del centro sistemi informativi; la delegata per l’aiuto alle vittime di reati, una giurista della Divisione della giustizia e l’Ufficio dell’assistenza riabilitativa che da anni è l’istanza deputata ad eseguire le sanzioni con l’uso del braccialetto elettronico in ambito penale».

Progetto pilota

Sul tema il Ticino può infatti vantare una buona esperienza, avendo partecipato con altri sei Cantoni, dal 1999 al 2017, a un progetto pilota sull’utilizzo del braccialetto elettronico in ambito penale. Ancora Steiner: «Al momento, il braccialetto viene impiegato esclusivamente in ambito penale, in particolare laddove la sentenza è già cresciuta in giudicato. Sia in presenza di pene di breve durata, sia per i condannati che si trovano nell’ultima fase dell’esecuzione di una lunga pena, laddove i criteri sono soddisfatti. In questi casi, con l’accordo della persona condannata, si possono attuare gli arresti domiciliari». Il codice di procedura penale, spiega ancora Steiner, prevede inoltre l’utilizzo del braccialetto elettronico durante un procedimento in corso, per monitorare una misura sostitutiva all’arresto.

Tecnologia GPS

Ma concretamente come funzionerà il braccialetto elettronico in ambito civile? «La geografia dell’uso del braccialetto in Svizzera è piuttosto variegata. Molti Cantoni utilizzano la tecnologia a radiofrequenza che segnala la presenza del condannato nel proprio domicilio attraverso un modem che ne rileva la presenza in casa. Nell’ambito degli arresti domiciliari viene fissato un orario di uscita e uno di entrata al termine del lavoro. Durante gli orari di permanenza in casa, non è possibile lasciare l’abitazione, pena l’attivazione di un allarme. Il Ticino negli ultimi anni, si è invece dotato di un braccialetto dotato di geolocalizzazione satellitare, che consente di tracciare, 24 ore su 24, la posizione del condannato. Molto verosimilmente, anche in ambito civile, continueremo ad utilizzare questa tecnologia», prosegue Steiner.

Dopo non è tardi?

Ma la vera domanda è capire quale tipologia di sorveglianza vorrà impiegare il Ticino: una sorveglianza passiva o attiva sul modello francese? (vedi box a lato). «È presto per dirlo, spiega Steiner. Il Consiglio federale, tuttavia, nel suo messaggio ha indicato che è prematuro pensare ad una sorveglianza attiva». Ma – chiediamo - qual è la differenza? «La sorveglianza passiva permette di controllare il rispetto di un divieto imposto dal pretore a posteriori. Si analizzano i dati raccolti dal GPS e si controlla che l’autore non abbia violato, per esempio, una determinata area di sicurezza . Con la sorveglianza attiva, invece, il controllo avviene in tempo reale. In questo caso, però, ci vuole una centrale d’allarme con la possibilità di intervenire 24 ore su 24 in caso di violazione». Ma che senso ha intervenire a posteriori? Ancora Steiner: «Le ampie riflessioni e gli studi sul tema, emerse in fase di consultazione del disegno di legge, hanno chiarito che la tecnologia attuale non è ancora sufficientemente solida per immaginare un controllo attivo, su cui peraltro non c’è praticamente nessuna esperienza in Svizzera, ma hanno anche indicato che, laddove un grave passaggio all’atto si dovesse compiere neppure la sorveglianza attiva offre particolari garanzie». L’impiego del braccialetto va dunque inteso per altri scopi. «Grazie alla tracciabilità dell’autore, il giudice può controllare il rispetto dei divieti, fornendo nel contempo delle prove a garanzia della vittima».

Chi decide?

La richiesta dell’impiego del braccialetto potrà venire solo da parte della vittima. Mentre spetterà solo al pretore valutarne la pertinenza, «tenendo conto della proporzionalità».

«La violenza domestica non è più una questione privata»

Dal primo gennaio 2022, dunque, il braccialetto elettronico verrà impiegato anche in ambito civile. Se la base legale definita dall’articolo 28c del Codice civile esiste già, «ai Cantoni spetterà tuttavia il compito di designare il servizio competente per l’esecuzione della misura, provvedendo affinché i dati registrati riguardanti le persone coinvolte siano impiegati unicamente per fare rispettare il divieto e siano cancellati al più presto entro 12 mesi dalla fine della misura», chiosa la direttrice della Divisione della giustizia Frida Andreotti. La tutela dei dati avrà quindi un ruolo importante nell’applicazione della misura.

Procedimento d’ufficio

A livello federale - spiega ancora la direttrice della Divisione della giustizia - negli ultimi anni sono intervenuti alcuni cambiamenti giuridici importanti: «Dal primo luglio 2020, di fronte a reati riconducibili alla violenza domestica, la decisione sulla prosecuzione del procedimento penale non dipende più esclusivamente dalla volontà della vittima». Si tratta di una misura decisa dal Legislatore federale per tutelare chi subisce la violenza, spiega Andreotti. Accade spesso, infatti, che la vittima dopo aver denunciato il proprio aguzzino, ritratti le proprie dichiarazioni per paura. «Con questa modifica del Codice penale il magistrato può dunque procedere nonostante la vittima abbia deciso di ritirare la querela». All’autorità penale spetterà il compito di considerare il contesto generale.

Percorso di prevenzione

Altra modifica introdotta nel 2020: il pubblico ministero può obbligare l’imputato a partecipare a un programma di prevenzione della violenza durante la sospensione del procedimento. Ma, avverte Andreotti, «la sospensione non è ammessa se l’imputato è condannato per un crimine contro la vita o l’integrità della persona o l’integrità sessuale».