Storia e territorio

Alla ricerca di testimonianze passate girovagando nei boschi del Luganese

Da sette mesi Luca Bettosini e Ely Riva setacciano il Ticino in lungo e in largo mappando i massi con le incisioni più significative – Lo scopo è ricostruire pensieri e comportamenti degli antenati in quei territori – Tanti gli esempi fra Capriasca, Monteceneri e Mezzovico
©Luca Bettosini
Valentina Coda
06.03.2023 06:00

Tremila anni fa, chi abitava nelle zone ora rimpiazzate dai boschi del Monteceneri, ed esempio sopra Capidogno? E in Capriasca, sopra Leglio oppure sui Monti di Caslaccio? Chi ha vissuto nell’Alto Malcantone parecchi secoli fa, e cosa facevano? Queste domande riposano da lungo tempo nel campo delle ipotesi, ma sono interrogativi che da circa sette mesi si sono presi ampio spazio nei pensieri di Luca Bettosini e Ely Riva, facendo di queste domande una vera e propria passione. Dallo scorso agosto il fondatore dell’Associazione vivere la montagna e l’instancabile alpinista e fotoreporter setacciano i boschi del Ticino in lungo e in largo allestendo una mappatura dei massi con incise in superficie coppelle (incavi sferici), croci, canaletti e impronte. L’obiettivo è quello di ricostruire (con non poca fatica) pensieri e comportamenti degli antenati che hanno vissuto quei territori due o tremila anni fa. Massi che raccontano storie curiose e che rappresentano tuttora un enigma per gli archeologi. E il Luganese, ad esempio, è la regione che ne conta di più.

Polvere nel tè per curarsi

Bettosini e Riva camminano sulle orme del primo ticinese interessato a studiare questi massi, ovvero il compianto Franco Binda. Lo stesso che ha aiutato a creare la lista federale con la posizione dei massi per il fronte ticinese, che ne conta 1.135 sparsi per tutto il cantone. Il problema è che la lista è approssimativa, visto che non c’erano ancora i mezzi necessari che consentivano di indicare le coordinate esatte, e ferma a quarant’anni fa. Ecco, la volontà di Bettosini e Riva è quella di aggiornarla. «Sono centonovantasei giorni consecutivi che camminiamo su e giù per il Ticino e la Mesolcina alla ricerca dei massi incisi più significativi – racconta Bettosini –. In sette mesi ne abbiamo scovati quasi ottocento: più di quattrocento sono già registrati, mentre gli altri non erano ancora stati trovati. Quei massi prima vengono puliti, perché sono coperti da muschio e sterpaglie, fotografati, registriamo le coordinate esatte e per i prossimi anni è come se tornassero a vivere». Parlando con Bettosini, che preferisce essere descritto, insieme a Ely Riva, come semplice cittadino privato con una passione, emerge che il Luganese è la regione del Ticino più ricca di massi incisi. In sequenza, la Capriasca spicca per il maggior numero, segue il comune di Monteceneri, Mezzovico e Malcantone. «Nella zona di Monteceneri ci sono una cinquantina di massi cuppellari, Mezzovico Vira ne ha una quarantina. La Capriasca ne ha un centinaio con tante incisioni interessanti, mentre a Melide c’è un masso erratico stupendo. Carona e Origlio non sono da meno». A Tesserete, invece, c’è una storia curiosa che riguarda la chiesa. «All’interno, sulla sinistra dove ci sono gli affreschi, ci sono tanti piccoli buchi – ci racconta specificando con ironia che non sono tracce di tarli –. Sono coppelle da cui un tempo veniva grattata la polvere, che veniva poi sciolta nel tè perché le persone credevano avesse proprietà terapeutiche e curative».

Di fatiche e curiosità

Oltre a cercare di rispondere a domande che per troppo tempo sono rimaste un enigma, Bettosini e Riva vorrebbero invogliare le persone e portarle a scoprire i misteri del nostro territorio. Una volontà che, ironicamente, è già sfuggita di mano. «Tante persone mi scrivono "Luca, per colpa tua ogni volta che vado in montagna ci metto il doppio del tempo perché mi fermo a osservare tutti i massi che mi trovo davanti"». Al netto di tutto, le loro camminate non sono propriamente adatte a tutti. Anzi, la maggior parte sono per alpinisti esperti. «La camminata più lunga è durata sette ore fin sotto il Poncione Rosso. Lì, abbiamo trovato un masso con incise cento coppelle. Adesso attendiamo l’estate, quando faremo una camminata di 10 ore (andata e ritorno) in cima alla Valle di Lodrino con più di 2.000 metri di dislivello. Una volta in cima, dovremo camminare ancora mezz’ora fuori sentiero». Bettosini ci racconta infine ancora una curiosità. «Nel mondo esistono 71 teorie diverse per spiegare il significato delle croci incise sui massi. Dato che le coppelle erano un simbolo pagano e la Chiesa proibiva l’adorazione dei massi, in Ticino si pensa che i cristiani, quando scovavano queste coppelle, incidevano la croce per cristianizzare il masso pieno di coppelle pagane. Le croci, va detto, potevano anche indicare la linea di un confine».