Alla (ri)scoperta di tesori nascosti valmaggesi

VALLEMAGGIA – Chissà se tra i lettori c’è qualcuno che si ricorda com’erano fatti i sedili della Valmaggina o saprebbe usare uno scacciapensieri. Alzi la mano chi sa che cos’è una cadola e chi, invece, saprebbe adoperare un filatoio («filadél»). Probabilmente i più giovani potrebbero avere difficoltà nel rispondere, mentre i ricordi riaffiorano nelle menti di genitori e nonni. Ricordi legati alla vita d’un tempo, così come lo sono gli oggetti custoditi – insieme a documenti, monete, libri, fotografie e dipinti – nei depositi del Museo di Valmaggia a Cevio. «Tesori nascosti», che si potranno (ri)scoprire domenica 19 maggio, in occasione della giornata internazionale dei musei. Come già fatto due anni fa, l’ente espositivo aprirà i suoi depositi al pubblico, il quale dalle 14 alle 17 potrà ammirare – dialogando con il personale – l’importante collezione, che conta oltre diecimila reperti (calcolando anche quelli facenti parte della mostra permanente), ricevuti in dono negli anni in prevalenza dalla popolazione valmaggese. Dagli utensili di uso domestico agli attrezzi e macchinari da lavoro, dai mobili agli atelier di calzolai e fabbri, dai vestiti (realizzati in lana e canapa) alle insegne, dalle monete alle cartoline con fotografie d’epoca, dai libri scolastici alle campanelle delle capre, fino alle panchine della ferrovia Locarno-Ponte Brolla-Bignasco (la cosiddetta «Valmaggina», attiva dal 1907 al 1965). Tra i reperti della civiltà contadina, spiccano poi per le loro peculiarità accessori come un visore stereoscopico o un ombrello di seta fatto a mano oppure una valigetta medica completa di strumenti e farmaci risalente a inizio Novecento. «Il documento più antico è datato 1600, mentre gli oggetti che conserviamo arrivano fino alla prima metà del secolo scorso», evidenziano il presidente e la curatrice del Museo, Elio Genazzi e Alice Jacot-Descombes, che il CdT ha incontrato in vista della giornata di domenica. «Avevamo anche molti reperti dell’epoca romana, che abbiamo affidato al Cantone – aggiungono –, con cui collaboriamo molto intensamente, ad esempio nella catalogazione di tutti gli oggetti presenti al Museo».
Riordino e catalogazione
«Abbiamo aderito a un programma nazionale il cui obiettivo – ha spiegato Genazzi – è di creare una banca dati unica per tutti e undici i musei etnografici del canton Ticino». Ogni oggetto, dunque, viene numerato, fotografato e descritto in una scheda virtuale. «È un lavoro lungo e impegnativo – sottolinea la curatrice –, per il quale ci siamo avvalsi a volte dell’aiuto di volontari, oltre che della consulenza di esperti per quanto riguarda i reperti più antichi o particolari». Contemporaneamente alla catalogazione, «stiamo ultimando l’altrettanto importante lavoro di riordino (per grandi tematiche) avviato una decina di anni fa». Quando, nel 1963, infatti, è stato inaugurato il Museo etnografico a Cevio (ndr, il primo del Ticino) «vi era l’urgenza di salvare e valorizzare le testimonianze della civiltà contadina – ricorda Genazzi –, ma non vi era la priorità di organizzare con criterio il materiale ricevuto». La capienza massima dei depositi, va detto, è quasi stata raggiunta e «oggi viene fatta una selezione già in partenza: non accettiamo più tutto, ma vengono valutate le peculiarità del manufatto donato, soprattutto se si tratta di qualcosa che abbiamo già nelle nostre collezioni». E tra i reperti d’epoca s’apprestano a fare la loro apparizione anche oggetti un po’ più moderni (dal 1950 in avanti), la cui raccolta è coordinata a livello cantonale.
La sfida: attirare i giovani
Mentre viene portato a ultimazione il riordino dei depositi, l’Associazione che gestisce il Museo di Cevio pensa al riallestimento della mostra permanente nella sede principale. «È un progetto che intendiamo realizzare nei prossimi 2-3 anni – fa sapere il presidente –, raccogliendo la sfida di riuscire a suscitare l’interesse delle nuove generazioni, che non hanno un legame diretto con gli oggetti esposti, come invece avevano i loro genitori e nonni». «Bisognerà trovare la modalità giusta per presentare la collezione, avvalendoci eventualmente di supporti tecnologici come le audioguide», aggiunge Jacot-Descombes, ipotizzando di allestire in una delle sale, a cadenza regolare, delle mostre temporanee con gli oggetti che solitamente non vengono esposti al pubblico. Sotto le sale della sede principale, va detto, vi è un grotto, dove si trova un torchio. Il museo comprende anche costruzioni storiche ed edifici rurali (per un totale di 17 proprietà) che si possono visitare nelle immediate vicinanze (ulteriori informazioni su www.museovalmaggia.ch). Segnaliamo che lungo il percorso dei grotti (retrostante la sede espositiva principale) l’associazione Silarte ha allestito una mostra di gigantografie intitolata «Animali nella natura», che verrà inaugurata in occasione della giornata internazionale dei musei, il 19 maggio, alle 15 nel cortile del Museo e che si potrà ammirare fino al 10 novembre. Al vernissage (condizioni meteo permettendo) seguirà un rinfresco animato dai corni delle Alpi del gruppo Al Quartett.
L’incontro tra due mondi
A proposito di mostre temporanee, ricordiamo che dallo scorso aprile e fino al 31 ottobre 2020 nella seconda sede del Museo – Casa Respini-Moretti – si può ammirare «L’incontro tra due mondi» nelle opere realizzate in Ticino nel pieno della Seconda guerra mondiale dagli artisti e coniugi Robert Gallay (1907-1986) ed Évelyne Gallay-Baron (1901-1985). Dipinti, sculture, schizzi, disegni, fotografie e annotazioni raccolte e donate nel settembre 2017 dal figlio Alain Gallay al Museo di Cevio, che ha provveduto – come di consueto – a effettuare i necessari interventi per salvaguardare l’importante collezione, la cui storia viene illustrata in un catalogo. Così come gli altri oggetti e documenti custoditi dall’ente museale valmaggese, anch’essa rappresenta una vera e propria testimonianza della vita d’un tempo.