Processo d’appello

«Altro che spaventarlo: lo voleva uccidere»

L’accusa chiede 11 anni di carcere per il croato che nel 2017 a Giornico sparò a un richiedente l’asilo pachistano
Il pakistano venne colpito al collo da uno dei colpi di pistola esplosi dal croato. (Foto Reguzzi)
Spartaco De Bernardi
05.06.2019 12:43

BELLINZONA - «Se lo voleva solo spaventare, allora perché lo ha attirato con l’inganno in un luogo fuori dal mondo, si è portato appresso una pistola, l’ha impugnata, ha premuto il grilletto più volte e poi si è dato alla fuga facendo sparire l’arma?». La procuratrice pubblica Chiara Borelli non ha dubbi: quello commesso la sera del 22 dicembre di due anni fa dal cittadino croato di 69 anni altro non è che un tentato assassinio. Reato per il quale l’uomo, patrocinato dall’avvocato Patrick Gianola, che il 26 ottobre scorso in primo grado venne condannato a 9 anni di carcere e all’espulsione dalla Svizzera per un periodo di 10 anni. Sentenza che il 69.enne ha però deciso di impugnare (analogamente a quanto fatto dalla vittima e dalla pubblica accusa) chiedendo il proscioglimento dal reato principale del quale è accusato. Il tentato assassinio, appunto, che tale è stato solo per delle circostanze fortuite. L’intenzione dell‘imputato, ha ribadito la pp Borelli di fronte alla Corte di appello e di revisione penale presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will, era quella di eliminare fisicamente il richiedente l’asilo pachistano. Lo voleva eliminare per non dovergli restituire i 6.500 franchi che gli aveva anticipato per organizzare il matrimonio di convenienza con la ragazza alla quale il croato era legato da una relazione sentimentale. Le nozze sarebbe servite al pachistano per evitare l’espulsione dalla Svizzera dopo che la sua domanda d’asilo era stata respinta. Malgrado l’avvio delle pratiche, il matrimonio non venne celebrato e a quel punto il richiedente l’asilo iniziò a chiedere la restituzione dei soldi anticipati. Richieste reiterate e pressanti che il 69.enne decise di far cessare per sempre. Con una scusa attirò il pachistano a Faido. Lo portò in auto fino a Giornico, salendo poi fino alla frazione di Altirolo. Scesi dall’auto, s’incamminarono lungo una strada forestale e ad un certo punto il croato estrasse la pistola e fece fuoco colpendo al collo il pachistano. Dopo il primo colpo ne esplose almeno altri tre e solo per caso il pachistano non ci lasciò la pelle. Lui, l’imputato, sostiene di non essersi accorto di averlo colpito con il primo sparo e di aver esploso gli altri puntando l’arma verso l’altro. Arma che non era sua, ma del pachistano. L’aveva trovata nascosta nell’armadio della stanza che condivideva con la mancata sposa: la sera del 22 dicembre 2017 voleva ottenere qualche spiegazione dal richiedente l’asilo sul perché la pistola si trovasse lì e cosa avrebbe voluto farne. Una versione, quest’ultima, che l’accusa ritiene perlomeno fantasiosa. «Voleva eliminare una persona che era diventata scomoda perché pretendeva la restituzione dei soldi che lui aveva però già tutti spesi. Una persona della quale non importava nulla a nessuno. Ha dimostrato un’enorme energia criminale, programmando tutto con estrema precisione e freddezza. Non è altro che un assassino» ha concluso la pp Borelli chiedendo che il croato venga condannato a 11 anni di carcere e all’espulsione dalla Svizzera per un periodo di 15 anni. Nel pomeriggio la parola passerà alla difesa.