Andrà in carcere l'uomo che, un anno fa, avrebbe preferito andare in carcere

«Alla terapia avrebbe preferito... il carcere»: titolavamo un anno fa nel dare conto di un processo a carico di un 28.enne ticinese accusato di una serie di piccoli reati e condannato a una pena sospesa e a seguire una terapia ambulatoriale. A distanza di oltre un anno, ieri, l’uomo è stato per così dire accontentato. Il presidente delle Assise correzionali, giudice Paolo Bordoli, lo ha infatti condannato a scontare un anno, cinque mesi e quindici giorni di prigione. Questo perché l’oggi 29.enne la terapia di fatto non l’ha mai seguita (da cui la revoca della sospensione all’anno inflittogli nel 2024) e perché da quella condanna ha ripreso quasi immediatamente a delinquere, commettendo piccoli furti in centro città - in particolare bici e monopattini - e altri reati, tanto da fare aprire una ventina di incarti di polizia da allora. Motivo per cui ha rimediato ulteriori 5 mesi e 15 giorni di pena.
«Mi impegno a cambiare»
«Il carcere è l’unica soluzione rimasta per contenere l’imputato», ha argomentato il procuratore pubblico Pablo Fäh, che ha sostenuto l’accusa e ha chiesto sei mesi da scontare: «Delinque e se ne frega delle conseguenze. E anche oggi abbiamo sentito le solite scuse, ma poi i buoni propositi vengono sempre disattesi». «Necessita di un trattamento ancor più del carcere, dato che commette reati quando è in stato alterato - ha argomentato la legale dell’uomo, avvocata Sofia Padlina, in un’arringa che è stata anche una ramanzina al suo assistito. - Non riesce a uscire dal circolo vizioso della sua vita. Non sono reati violenti i suoi, fa del male soprattutto a se stesso». La legale ha chiesto una pena sospesa. L’imputato, sostanzialmente reo confesso, ha da parte sua affermato: «Che sia in carcere o no, mi impegnerò a riprendere in mano la mia vita», segnata dall’abuso di sostanze. Il giudice Bordoli, come detto ha sancito che il tentativo avverrà dietro le sbarre.