Chiasso

Assalto alla Loomis, un’altra condanna

Pena detentiva di 32 mesi di cui 10 da espiare e l’espulsione dalla Svizzera per otto anni
(Foto Archivio CdT)
Anna Riva
29.08.2019 19:28

Non avevano puntato in alto, no: di più. Il colpo della vita, questo doveva essere nei piani degli «Ocean’s Twelve» – questo il nome che si era autoconferito un gruppo di diciotto persone provenienti da Cerignola (I) – il furto ai danni della società di valori Loomis Schweiz AG di Chiasso. Un’operazione – fallita – svoltasi in due fasi (nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 2017 e in quella tra il 25 e il 26 febbraio 2018), la cui fine ingloriosa si sta celebrando nelle aule di tribunale. Risale a ieri il più recente capitolo giudiziario, riguardante il processo davanti alla Corte delle Assise criminali di Mendrisio nei confronti di un 46.enne membro della banda, accusato di tentato furto ripetuto, danneggiamento aggravato e di vario genere e violazione di domicilio ripetuta. Processo che, in virtù del rito abbreviato, si è concluso rapidamente con la pronuncia della condanna: una pena detentiva di 32 mesi di cui 10 da espiare (dedotti i circa due mesi di carcere preventivo sofferti) mentre, per i 22 mesi restanti, l’esecuzione della pena è sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni. È stata inoltre decretata l’espulsione dalla Svizzera per otto anni. La decisione non ha incontrato resistenze: l’atto di accusa della procuratrice pubblica Chiara Borelli è stato approvato, e l’imputato, difeso dall’avvocato Nadir Guglielmoni, ha ammesso i fatti. Le parti non si opporranno alla sentenza.

Interpellato dal presidente della Corte Amos Pagnamenta sulle motivazioni all’origine dell’impresa, l’uomo, disoccupato, ha addotto ragioni di ordine economico: «Mi è stata proposta questa cosa a cui ho deciso di partecipare, anche sbagliando». Un errore che non intende commettere più: l’intenzione è quella di cercare un posto di lavoro.

Galeotto fu il mercato

E dire che, se i delinquenti fossero riusciti nel loro intento, il lavoro sarebbe l’ultimo dei loro pensieri. Ciò varrebbe anche per l’uomo comparso ieri a giudizio, «reclutato» assieme ad altri nell’agosto del 2017. Tutto è partito al mercato di Taranto dal racconto di un informatore, già impiegato come portavalori tra la Svizzera e l’Italia, che ha divulgato la sua esperienza menzionando luoghi e cifre. Da una storia è nato un piano fatto di sopralluoghi, appostamenti, furti di veicoli, una carotatrice (con essa la banda intendeva perforare la parete del deposito) e una discreta dose di ingegno tecnologico: il gruppo si era procurato due disturbatori di frequenze, o Jammer.

Un piano studiato nei minimi dettagli, o almeno così pareva. Alla fine del mese di agosto del 2017 ha avuto luogo il primo sopralluogo a Chiasso per verificare le vie d’accesso, seguito da un secondo, tra il 20 e il 25 settembre dello stesso anno, per osservare la superficie e gli interni, da un terzo in ottobre e da un quarto il 19 novembre per verificare il materiale delle pareti e il funzionamento degli allarmi (vedi scheda).

Scattano le manette

Nella notte tra il 9 e il 10 dicembre è andato in scena il primo tentativo di furto, in cui è stato tagliato un cavo di fibre ottiche. L’impresa si è però arenata all’arrivo delle forze dell’ordine. Ma i sogni di gloria non sono stati accantonati: il secondo tentativo – con strumenti tecnologici più raffinati – è seguito solo qualche mese dopo. Ma anche quella notte è andata male, anzi: è andata peggio. Tra Chiasso e la zona di confine sono finite in manette una dozzina di persone. Solo in seguito è emerso che i membri del gruppo sono 18.

La notte tra il 25 e il 26 febbraio era stata preceduta da due ulteriori sopralluoghi: uno il 17 gennaio 2018, per tarare i disturbatori di frequenza, e l’altro risalente al 12 febbraio.

Danneggiamenti di vario genere

L’uomo condannato ieri, tra le altre cose, stando all’atto di accusa ha danneggiato intenzionalmente sei lampioni della luce del Comune di Chiasso e l’impianto elettrico ai danni di Orthoservice AG. Ha inoltre arrecato danno alla parete del deposito della Loomis e al sistema d’allarme ottico. Queste due ultime azioni sono costate alla società di valori circa 8.000 franchi, si legge ancora nel documento.

Quello di ieri è il penultimo tassello di un puzzle che sarà presto completo: manca solo un procedimento all’appello, e tutti i membri di quella che viene chiamata «armata Brancaleone» o ancora «banda del buco» saranno infine comparsi in aula. Il cerchio sta per chiudersi. Al suo interno resta il miraggio di un sacco pieno di lingotti d’oro e banconote per svariati milioni di franchi.