Processo

Assolta per la «fuga» di larve dalla sua azienda

Prosciolta in Pretura penale la gerente di una società che le «coltiva» a scopi alimentari: era sul banco degli imputati per una «fuoriuscita» malgrado diverse misure di protezione - La giudice: «Ma non poteva immaginare l’inimmaginabile»
©Shutterstock
Federico Storni
26.03.2024 06:00

È una fuoriuscita di larve d’insetto che ha portato ieri una donna italiana, allora gerente di un’azienda che da queste larve ricava cibo per animali e fertilizzanti, di fronte alla giudice della Pretura penale Petra Vanoni. L’accusa? «Delitto contro la Legge federale sulla protezione dell’ambiente». Non avere, cioè, preso tutte le misure necessarie nei locali in cui venivano «coltivati» gli insetti - un box in un capannone industriale nel Luganese - per evitare la loro fuga. La procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis (non presente al dibattimento), ne chiedeva la condanna a trenta aliquote sospese: la giudice Vanoni ha invece optato per il suo proscioglimento, come peraltro chiesto dagli avvocati dell’imprenditrice, Costantino Delogu e Michela Pisati.

Specie alloctona

Ovviamente non parliamo di un insetto comune, perché - a mo’ d’esempio - non è reato spargere nell’ambiente larve di mosca comune, essendo l’insetto autoctono sul nostro territorio. Nel caso di specie l’azienda tratta invece un insetto che agli occhi della Legislazione federale è considerato alloctono, benché la sua presenza sul nostro territorio sia documentata da decenni. Servono quindi misure di sicurezza maggiorate per evitarne la dispersione nell’ambiente e i conseguenti (e ipotetici) effetti nefasti. Nel caso in esame, poi, le larve sono sì riuscite a fuggire dal box della società, ma non sono fuoriuscite dal capannone industriale in cui si trovava il box. Ne sono state ritrovate alcune decine o centinaia: un numero «irrisorio», nelle parole dell’imputata. «Corrispondono a un cucchiaino, o a un pugnetto, ma si tratta di quantità poco significative, nelle cassette ce ne sono fra le dieci e le ventimila. Quelle fuoriuscite non erano sufficienti a formare una colonia».

Emerge un’azienda modello

Resta che una fuoriuscita nel giugno 2021 vi è stata. Ma quel che l’ha causata è stato invero un concatenamento piuttosto straordinario. Un forte maltempo ha causato nel capannone infiltrazioni d’acqua che hanno causato in tutta la struttura un blackout che ha interrotto il sistema di aerazione nel box dell’azienda che ha comportato un aumento dell’umidità che ha reso attive le larve che sono uscite dalle loro cassette. «Non poteva immaginare l’inimmaginabile», ha sentenziato al proposito la giudice Vanoni.

D’altronde dagli atti è emersa un’azienda pressoché modello. Essendo la società attiva in un ambito molto innovativo sia in Svizzera che nel resto del mondo si è in pratica dovuta «inventare» le regole di sicurezza e di funzionamento dell’impianto, tanto che l’evasione della domanda di costruzione ha richiesto un anno e mezzo e il coinvolgimento di diverti enti cantonali e federali preposti in ambito ambientale e veterinario. Ancora tre mesi prima dell’incidente la SPAAS - Sezione protezione acqua, aria e suolo - aveva effettuato un controllo a sorpresa senza riscontrare particolari manchevolezze. La stessa SPAAS, però, appena saputo della fuoriuscita ha sporto denuncia penale e si è costituita accusatrice privata.

Non rilasciate nell'ambiente

Come detto queste larve d’insetto - che, è bene sottolinearlo, non sono in alcun modo nocive per l’uomo - non hanno in ogni caso lasciato il capannone. Motivo già sufficiente per la giudice Vanoni per emanare un proscioglimento. Fuggire nell’ambiente sarebbe in ogni caso stata dura, perché l’azienda aveva previsto quattro tipi di barriere contenitive, due in più dell’unica altra struttura in Svizzera che si occupava al tempo di questo tema: il Politecnico federale di Zurigo.

Altro elemento paradossale della vicenda: praticamente solo la Svizzera considera alloctono questo tipo di insetto. In Italia o in Germania non è il caso e questo comporta che il suo sfruttamento industriale non è soggetto a normative altrettanto stringenti. Tanto per fare un esempio, in questi Paesi non è addirittura necessario che l’allevamento avvenga in un luogo chiuso.