Avventure e disavventure della scuola a distanza: il racconto di una «soressa»

È da ormai un mese che le scuole dell’obbligo ticinesi sono chiuse. Bambini e ragazzi continuano a fare gli esercizi dati dagli insegnanti e a seguire le lezioni ma lo fanno dalle proprie case, con l’aiuto della tecnologia e a volte anche dei genitori. Ma come funzionano le lezioni a distanza? Ne abbiamo parlato con Giulia, una docente delle scuole medie che ci ha raccontato avventure e disavventure dello stato attuale delle cose.
Nella prima settimana di chiusura delle scuole, ogni docente ha contattato i propri allievi per capire quale fosse la loro dotazione informatica. «Bene o male, ogni nucleo familiare aveva un computer e chi non ne aveva ha potuto richiederlo alla scuola o al Cantone», ci racconta Giulia. «Ovviamente però ci sono famiglie con anche due o tre ragazzi in età scolastica e non si può pretendere che si colleghino allo stesso momento al computer di casa». Quindi come ci si organizza? «Entro lunedì mattina, noi docenti carichiamo il materiale sulla piattaforma Moodle cercando di calcolare la quantità di esercizi corrispondente alle ore settimanali previste e nel dubbio ne diamo comunque di meno perché ci è voluto un attimo per i ragazzi per abituarsi alle novità», continua l’insegnante.


«In questo modo anche gli allievi, con le proprie famiglie, possono vedere già dal lunedì mattina le cose che hanno da fare e programmare la propria settimana scolastica. A dipendenza delle proposte avanzate dal docente, ci possono essere delle videolezioni attraverso Microsoft Teams, magari organizzate proprio in corrispondenza delle ore di lezione che si sarebbero dovute avere nella griglia oraria standard, oppure semplicemente esercizi da fare per conto proprio. Anche perché le lezioni online richiedono una coordinazione e mezzi che per le famiglie e i docenti stessi non sarebbero sempre fattibili», racconta ancora Giulia. «Da parte nostra cerchiamo di variare il più possibile il contenuto del materiale fornito alternando tra temi, esercizi, riassunti e così via. Invitiamo sempre chi può stampare il materiale a farlo per passare meno tempo davanti allo schermo ma non sempre tutti possono».

Ma come organizzano i docenti il proprio lavoro? «Negli orari che corrispondono alle ore in cui avremmo lezione con i ragazzi siamo connessi al computer e rispondiamo in tempo reale alle loro domande, ai dubbi sulle correzioni e diamo loro le spiegazioni richieste. A volte forniamo loro delle schede per fare l’autocorrezione, ma è comunque un passaggio che richiede più lavoro, in termini di tempo, rispetto a quello che si impiegherebbe a dare un occhio alle risposte insieme a loro». Poi, proprio come nell’insegnamento ordinario, ognuno applica il proprio metodo, spiega ancora la donna.


«Nel mio caso, avendo due bambini molto piccoli (di 2 e 4 anni) e un marito che lavora nell’ambito sanitario, la gestione sa talvolta essere delirante», racconta la nostra interlocutrice ridendo. Prima dell’emergenza, i bambini di Giulia venivano infatti spesso curati dai nonni e la più grande andava all’asilo, ora sono molto felici di avere la mamma a casa «ma non è semplice far loro capire che il tempo che trascorriamo insieme, ora, non posso più dedicarlo interamente a giocare con loro o leggere loro una storia, e non è facile dire di no quando cercano la tua attenzione». La conseguenza, precisa l’insegnante, è che il lavoro da fare per i ragazzi viene molto spesso interrotto dai due bimbi, così come i compiti di mamma vengono spesso messi in pausa dalle risposte e correzioni dovute agli allievi. «Chiaramente sfrutto i momenti in cui c’è mio marito per dividerci i compiti, ma anche lui è spesso alle prese con giornate di lavoro intense e, di conseguenza, i momenti in cui siamo tutti insieme e rilassati sono nettamente diminuiti».


Per quel che concerne i ragazzi, le reazioni a questo cambiamento di ritmi e abitudini sono state differenti. «Alcuni si sono facilmente organizzati per seguire il nuovo sistema di lavoro, altri hanno fatto più fatica e continuano ad avere qualche difficoltà ad essere costanti, altri ancora mi hanno invece sorpreso perché sembrano ora essere anche più produttivi rispetto a prima», spiega l’insegnante. «In generale, soprattutto a questa età, sono contenti di potersi organizzare e gestire come vogliono. È pur vero che non mancano i “latitanti”», sorride ancora Giulia che non nega: «capita che alla riconsegna degli esercizi ne arrivi solo la metà di quelli previsti». «I ragazzi hanno ovviamente tanta libertà e non sempre la sanno gestire al meglio, cosa non facile nemmeno per i genitori».


Sono i limiti dell’insegnamento a distanza, il “lato brutto” come lo chiama la nostra interlocutrice: «Manca il contatto diretto che, per chi insegna, è un aspetto fondamentale: a volte basta vedere la reazione di un ragazzo nel leggere l’esercizio per capire se è in difficoltà o no, se il compito li annoia o li entusiasma e, nel caso, si può intervenire rimediando». «Oggi noi carichiamo il materiale di studio il lunedì mattina e finché questo non viene rimandato indietro, spesso non c’è un riscontro e uno scambio sufficienti. Toglie una grossa fetta della bellezza del lavoro del docente, del vedere gli allievi davanti a te e aiutarli a imparare, e questi aspetti non vediamo l’ora di riaverli».
