Bottigliate e calci in testa, «vita mai messa a rischio»

Da una parte la richiesta di pena per tentato omicidio della procuratrice pubblica Valentina Tuoni di 4 anni e 9 mesi di carcere (un mese in meno per il fratello più grande) e l’espulsione dalla Svizzera per 15 anni. Dall’altra gli avvocati difensori, Roberto Rulli e Andrea Ronchetti, che per i due imputati chiedono il proscioglimento dall’accusa principale e una condanna solo per lesioni semplici di rispettivamente 6 e 7 mesi. È una triste storia di violenza quella che ieri ha portato di fronte alla Corte delle assise criminali due giovani fratelli di 19 e 20 anni del Sopraceneri di origini irachene che devono rispondere della grave accusa di tentato omicidio intenzionale, subordinatamente lesioni gravi tentate. I fatti risalgono al 4 dicembre scorso durante una serata che sembrava essere iniziata come tante altre, con numerosi giovani che si ritrovano nella zona della Rotonda di Locarno per passare un po’ di tempo ognuno con il proprio gruppetto di amici. E invece nel sottopassaggio che porta in piazza Remo Rossi iniziano i problemi e la situazione ben presto degenera sfiorando la tragedia. A pagarne le conseguenze sono stati due ragazzi del Sopraceneri, di cui uno minorenne. Il più grande, coetaneo degli imputati, è intervenuto per difendere il più giovane da un litigio in corso con uno dei due fratelli, ma è finito in ospedale per delle ferite alla testa a causa dei calci e delle bottigliate ricevuti mentre si trovava a terra. Colpi che sono stati al centro del dibattimento e che, secondo l’accusa, avrebbero potuto causare la morte del ragazzo. La Corte presieduta dal giudice Siro Quadri (giudici a latere Monica Sartori-Lombardi ed Emilie Mordasini) si è soffermata su questi aspetti in un processo altamente indiziario.
«Nessun colpo mortale»
Entrambi gli imputati negano di aver sferrato calci o bottigliate alla testa della vittima: «Sono intervenuto per risolvere un litigio e mi hanno messo le mani addosso, ho risposto strattonando la vittima per la giacca e dandogli uno schiaffo. Volevo solo sapere qual era il problema», ha affermato il più giovane dei fratelli patrocinato dall'avvocato Andrea Ronchetti. L’altro fratello, difeso dall’avvocato Roberto Rulli, ha invece ammesso di aver dato 3 pugni alla vittima: «Il primo quando era in piedi, gli altri due mentre era a terra. Volevo rispondere al colpo che a mia volta ho ricevuto da lui ma non è successo altro. Se ci fossero state le telecamere, avrebbero confermato la nostra versione». Totalmente diverse le numerose testimonianze raccolte tra i presenti quella sera. Secondo la pp si tratta di racconti coerenti e lineari che dipingono un branco con a capo proprio i due imputati e che è composto da altri elementi minorenni, ora indagati dagli inquirenti. «La vittima stessa parla di qualcuno che gli teneva le braccia mentre veniva colpito quando era ancora in piedi», ha spiegato Tuoni in aula.
L’ombra dell’espulsione
I due sono giunti in Ticino all’età di circa 6 anni con i genitori. A caratterizzare la loro vita famigliare però è stata la violenza paterna che è culminata con l’abbandono prima del capo famiglia e poi anche della madre. Esperienza che ha lasciato ferite e lacune educative. Oltre al carcere rischiano, come detto, l’espulsione per 15 anni dalla Svizzera. «Non siamo nati qui ma abbiamo passato gli ultimi 13 anni in Ticino. Non abbiamo famiglia ma siamo legati al territorio e soprattuto agli educatori che ci seguono. Se dovessimo tornare in Iraq finiremo sicuramente nell’esercito perché non ci sono alternative». I due non sono del tutto sconosciuti alla legge. I loro nomi sono finiti infatti in diverse inchieste già quando erano minorenni.
L’allarme sui social
«Hanno agito insieme alla loro banda di minorenni e quella che sembrava una scazzottata si è rivelata qualcosa di peggiore. Solo grazie al grido di allarme dato dalla madre della vittima attraveso i social la verità è venuta a galla», ha detto la pp nel suo intervento durante il quale ha chiesto anche che entrambi continuino il trattamento terapeutico già iniziato in carcere, dove si trovano da sette mesi a causa della possibilità di recidiva.
«Niente certezze, solo lividi»
I due avvocati della difesa si sono battuti per il proscioglimento dall’accusa principale e una condanna per lesioni semplici. I rapporti medici parlano infatti di tre lividi ed entrambi i pazienti dimessi senza problemi. «Il minorenne è stato colpito con 2 pugni al volto e nessuna tumefazione mentre l’altra vittima è tornata a casa con qualche tumefazione e nessuna frattura», ha concluso l’avvocato Rulli che ha dunque chiesto 6 mesi di detenzione con la sospensione dalla condizionale per un periodo di prova di 2 anni per il fratello maggiore.
L’avvocato Ronchetti invece ha chiesto per il fratello minore una pena di 7 mesi, che dedotto il carcere già sofferto si traduce in una scarcerazione. «È un caso ingigantito dai commenti sui social. Non siamo in piazza, dobbiamo applicare una condanna appurando i fatti, cosa complicata in questo caso». Mercoledì la sentenza.