Breve riassunto dei moti di Lugano di 225 anni fa

Domenica il Corpo Volontari di Lugano celebra - fuori stagione - il 225.esimo anniversario dei Moti di Lugano organizzando una sfilata di milizie storiche da piazza Luini a piazza della Riforma, a partire dalle 14 (il lungolago sarà chiuso dalle 13 alle 16.30). La cifra tonda è l’occasione per ricordare cosa furono i Moti, perché avvennero, chi è e cosa fu il Corpo Volontari e chi furono i «nemici» (così li chiamano i Volontari stessi sul proprio sito), sempre che di nemici si possa parlare.
Il contesto
Innanzitutto la ricorrenza dei Moti è già passata da mesi, in quanto essi si tennero nella notte fra il 14 e il 15 febbraio del 1798, e i Volontari in effetti anche quest’anno hanno deposto una corona d’alloro, come da tradizione, in via Canova (vedremo perché). Nel 1798 Lugano era reduce da tre secoli di sudditanza svizzera, e la presenza confederata era in quegli anni diventata più soffocante per la campagna in Italia di Napoleone, che portò nel 1797 alla nascita della Repubblica Cisalpina, con la cacciata dall’area degli austriaci. Questi sviluppi spinsero dei luganesi a organizzarsi in milizia volontaria per difendere il borgo, con il beneplacito dei Rappresentanti elvetici, che li dotarono il 30 luglio 1797 di 500 fucili (dono dei Cantoni svizzeri) e di uno stendardo. Sulla loro creazione fu scettico, almeno in una prima fase, il Consiglio dei vicini di Lugano (una sorta di Municipio di allora, ma con molti meno poteri). La fedeltà del Corpo era dunque ai balivi.
Un’ora di scontri in città
In tutto questo, nella notte fra il 14 e il 15 febbraio, partiti da Campione d’Italia sbarcarono alla foce del Cassarate i cisalpini, intenzionati ad annettere Lugano alla Repubblica creata da Napoleone. Si definivano patrioti. Alla loro guida vi erano parecchi luganesi (di due diremo dopo). Le loro intenzioni si scontrarono però contro la resistenza dei Volontari che, sebbene in inferiorità numerica, seppero respingerli dopo una battaglia che durò circa un’ora. Incredibilmente, vi fu solo un morto: il volontario Giovanni Taglioretti, caduto in via Canova. È in sua memoria che il Corpo ogni anno depone una corona d’alloro.
Le conseguenze immediate...
Lo scontro finì qui, ma la vicenda ebbe grandi conseguenze ed è una delle ragioni per cui oggi Lugano e il Ticino (o quantomeno il Sottoceneri) siano parte della Svizzera e non dell’Italia. Già nel pomeriggio del 15, il giorno dopo gli scontri, alcune centinaia di Luganesi si recarono sotto all’albergo che ospitava i Rappresentanti svizzeri per chiedere - e ottenere - di essere sì svizzeri, ma liberi. Di potersi cioè reggere da sé. La cosa si stabilizzò però solo dopo il 1803, dopo l’Atto di Mediazione scritto da Napoleone, che diede una nuova Costituzione alla Svizzera. Nel frattempo in città un rigurgito conservatore e antifrancese nel 1799 aveva portato a fucilazioni in piazza, saccheggi, e alla cacciata dei «patrioti», prima del ritorno dei francesi nel 1800.
Tornando al 1798 il tentativo cisalpino riuscì meglio a Mendrisio, con il Borgo che arrivò a proclamare la sua appartenenza alla Cisalpina, senza che poi se ne facesse nulla. Riva San Vitale invece si proclamò Repubblica indipendente per lo spazio di tre settimana (23 febbraio-16 marzo), poi il popolo rivense decise di aderire alla nuova Elvetica.
...e quelle più indirette
Quanto alla conseguenze meno immediate, il Corpo Volontari nell’Ottocento conobbe fortune alterne. Fu definitivamente «rispolverato» nel 1928, quando il Municipio lo lo rese Guardia d’Onore della città. Fra i cisalpini almeno due ebbero poi un ruolo fondamentale nella storia del nostro Cantone. Furono infatti - semplifichiamo per intenderci - fra i primi consiglieri diStato del neonato Ticino e protagonisti del cosiddetto regime dei Landamani, che durò fino al 1830 con la presa del potere dei liberali dei fratelli Ciani e diStefano Franscini. Si trattava di GiovanniReali di Cadro (proprietario dell’omonima Masseria che la Città oggi intende conservare) e di Giovanni Battista Quadri dei Vigotti a Magliaso, il Landamano per eccellenza. Figura ancora oggi contro controversa, Quadri fu uomo pragmatico e di indubbio carisma. Basti pensare che fu lui, appena ventenne, a difendere le ragioni dei cisalpini di fronte al Gran Consiglio svizzero, ottenendo il loro ritorno in patria. Fu probabilmente sempre lui, peraltro, a coniare da lì a poco il motto «liberi e Svizzeri».
L'altro anniversario
A cent’anni dei moti i luganesi decisero di festeggiare la ricorrenza dotandosi di un obelisco e posandolo in piazza - rinominata per l’occasione - Indipendenza. A distanza da 125 anni d’allora la Città ha di recente restaurato l’opera - sulla quale peraltro figurano due bassorilievi relativi ai moti: l’attacco dei Cisalpini e l’erezione dell’albero della libertà - e nei prossimi mesi l’Ufficio patrimonio culturale darà alle stampe un volume che ne racconta la storia (e che parlerà dunque anche dei moti). Non solo: è prevista a breve la posa di una mostra all’aperto in piazza Indipendenza per informare sulla storia dell’obelisco e sul restauro.