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Carobbio, la passione per la montagna e la lezione di vita di nonni e genitori

La deputata a Berna e prossima consigliera di Stato del fronte rossoverde si racconta tra aneddoti familiari, i primi passi della sua infanzia, l’amore per la lettura, nonché il socialismo e il femminismo ereditati – Medico di professione, avrebbe volentieri studiato storia
©Gabriele Putzu
Gianni Righinetti
14.03.2023 06:00

Il sole splende alto nel cielo sopra il Piano di Magadino, è una giornata invernale, ma solo sul calendario, l’aria è fin primaverile, come la primavera politica che Marina Carobbio si appresta a vivere con la corsa (con molte garanzie di riuscita) verso il Consiglio di Stato. L’appuntamento con la politica socialista di lungo corso è a Monte Carasso, per prendere poi la teleferica per salire sui monti di Cùrzutt per due chiacchiere (politiche e non) e un pranzetto. Alcune centinaia di metri di dislivello ed eccoci, incontriamo un paio di biker, qualche turista che si recherà senz’altro al suggestivo ponte tibetano e sullo sfondo i rustici perfettamente restaurati che fanno parte della struttura alberghiera di successo.

Della linea e delle idee politiche di Carobbio sappiamo (quasi) tutto, allora partiamo dal luogo in cui ci troviamo in senso lato: «La montagna è una delle mie grandi passioni, appena posso vado a camminare, è un modo per fare attività fisica, ma anche rilassarmi, prendere tempo per me, conoscere luoghi nuovi. Tengo molto al Ticino e al nostro territorio, e posti come questo lo valorizzano. La montagna ci può dare molto e da sempre io ho frequentato i monti di Lumino, dove mi sono recata prima con i miei genitori poi con mio marito e i miei figli. Lì passavo settimane, si saliva prima a piedi, oggi c’è una funivia. Spesso vado anche in Leventina, luogo d’origine di mio marito. Ma frequento volentieri anche le montagne oltre San Gottardo». Ma la montagna è più svago o relax? «Entrambi ha anche una funzione creativa». Dalla borsetta estrae un libro intitolato Camminare «nel quale sta scritta una gran verità: camminare è rivoluzionario, ti cambia la vita ed è anche per questo che credo molto nella mobilità lenta che permette di vivere meglio e scoprire». Ama anche la neve e le ciaspole «ma quest’anno non è il caso e questo deve fare riflettere sui cambiamenti climatici». Suo marito, di nome Marco lo ha conosciuto in montagna, in una gita sul pizzo di Claro in compagnia di amici, «poi da cosa è nata cosa, la nostra famiglia».

Mamma, politicamente presente

Ma veniamo alla piccola Marina che ha una sorella minore di nome Katia «che vive pure a Lumino e con la quale ho un rapporto molto stretto, poi ho ancora entrambi i genitori, papà Werner e mamma Graziella». Suo padre è conosciuto per il lungo percorso politico, culminato con la carica di consigliere nazionale per 24 anni. Ma cosa non conosciamo di lui? «La passione e l’amore per il territorio e la natura, che io ho ereditato. Mio padre è sempre stato molto attivo, cura la vigna e faceva legna, ma meno conosciuta è mia madre, meno in prima linea sulla scena pubblica, politicamente parlando, ma sempre presente ad ogni appuntamento del partito e presenza importante per noi tutti. Papà per molti anni è stato docente alla scuola Arti e mestieri di Bellinzona, di cui è stato anche vicedirettore. Mamma è stata molto attiva nei movimenti femminili negli anni 70-80, trasmettendomi l’importanza di combattere le discriminazioni di genere». E che bimba era Marina? «Ho avuto una bella infanzia e la lettura è sempre stata una mia passione, leggo romanzi, ma pure saggi che servono per conoscere e approfondire i temi della vita. Da bambina frequentavo le biblioteche scolastiche con grande interesse. Oggi presiedo Bibliomedia della Svizzera italiana, credo nella lettura come strumento di conoscenza, di crescita e di integrazione». E siamo ai ricordi, da quelli dell’asilo «con il treno che passava vicino diretto in Mesolcina, treno che oggi non c’è più. Ecco, rimpiango le molte piccole tratte smantellate e che oggi sarebbero molto utili per completare la mobilità pubblica». Un altro ricordo «è il classico grembiule a quadretti, che mi pare fosse blu. Sono stati anni spensierati, come quelli trascorsi alle scuole di Lumino e ricordo gli inverni nei quali si chiudeva la scuola per la troppa neve, vicino a casa mia sui prati si andava a slittare, oggi è tutto costruito. La cementificazione del nostro territorio mi preoccupa, si devono salvaguardare gli spazi verdi. È anche per questo che siamo qui oggi: vediamo sia l’edificazione del fondovalle che il parco del piano di Magadino».

Gli studi a Basilea

Di professione Carobbio è medico, ma non esercita più. «I ricordi legati alla mia professione prendono le mosse dagli studi a Basilea, un’esperienza che mi ha fatto crescere professionalmente e privatamente. Una città aperta e nella quale mi spostavo in bicicletta. Sono stato medico di famiglia a Roveredo Grigioni, ma poi con l’attività politica agli Stati non era più conciliabile». La scelta di studiare medicina è stata piuttosto precoce, rispondendo «alla mia necessità di fare convivere una parte umanistica e un’altra scientifica. La vicinanza alle persone è sempre stata importante per me. Mi sarebbe piaciuto anche studiare storia, ma nella vita si fanno delle scelte».

Conoscere il passato permette di apprezzare e gestire il presente. Il Ticino è il risultato dei sacrifici dei nostri nonni, ma anche di chi vive e lavora qui oggi e che fa sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese

La politica e il ruolo del marito

Il marito Marco, 64 anni è stato per anni attivo alle Officine FFS di Bellinzona e «ha deciso per il prepensionamento per dedicarsi ad altre attività, è una presenza molto importante nella nostra famiglia, anche perché negli anni i miei impegni mi hanno tenuto talvolta lontana da casa. Ho due figli, il più grande è Matteo, ha 26 anni e ha terminato il Politecnico di Zurigo in Data science, ora lavora. Poi c’è Laura che si appresta a terminare il liceo quest’anno e che vuole studiare storia e filosofia». La famiglia per Marina Carobbio è un perno e nella chiacchierata sottolinea «la fortuna di avere conosciuto i nonni. Per i nipoti è importantissimo, mi hanno raccontato la loro vita difficile, come è stato per molti in Ticino nei primi decenni del 900. Anche il nonno paterno era molto impegnato politicamente, era antifascista e lavorava alla Monteforno. Una vita, quella dei nonni, di fatica e sacrificio per la propria famiglia. Sono valori molto importanti che i miei figli hanno appreso anche dai loro nonni. Conoscere il passato permette di apprezzare e gestire il presente. Il Ticino è il risultato dei sacrifici dei nostri nonni, ma anche di chi vive e lavora qui oggi e che fa sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese». In più occasioni Carobbio, convinta socialista, progressista, ecologista e femminista parla delle «donne forti» della sua famiglia: «Donne che avevano un ruolo importante nella conduzione familiare, donne che meritano il nostro rispetto e riconoscenza. Battersi nelle cause femministe, significa anche farci loro interpreti. Ma aggiungerei la solidarietà: nel 1990 sono stata in Nicaragua con l’Associazione di aiuto medico in Centro America. È stata un’esperienza molto importante per capire le difficoltà di chi è meno fortunato e ho scoperto alcune malattie infantili che da noi non c’erano più grazie alle vaccinazioni».

Il califfato di Lumino?

Pane e politica dai Carobbio erano ingredienti sempre presenti, come la sua famiglia è ormai sempre presente a livello politico, con la figlia candidata al Gran Consiglio per la GISO e la co-presidente del PS Laura Riget che è la compagna di suo figlio. Insomma, allora ha ragione chi dice che i Carobbio hanno in mano tutto? Ma alla fine come vive gli attacchi, anche personali? «Molte sono le famiglie politicamente impegnate, io sono orgogliosa di aver trasmesso la passione per la cosa pubblica ai miei figli. Ci vien detto che abbiamo chissà quale potere, beh, potremmo discutere cos’è il vero potere in Ticino». E quando legge che definiscono i Carobbio il Califfato di Lumino? «Non direi che mi dia fastidio, ma trovo peccato che invece di parlare di contenuti si attacchino le persone. Non credo che abbiamo fatto dei favoritismi lavorando in politica. Ho avuto successi e ho subito sconfitte. Oggi corro per il Governo, ma in passato non ero riuscita, come nel 1999 quando era stata eletta Patrizia Pesenti». E Carobbio si dice anche favorevole a discutere un cambiamento del sistema elettorale e del passaggio al maggioritario.  L’alleanza tra socialisti ed ecologisti era nelle intenzioni da anni e oggi è realtà: «Credo molto nella forza della nostra lista, so bene che tutti considerano che io sarò l’eletta, ma io dico sempre di attendere il 2 aprile. Siamo davvero un fronte compatto e propositivo lo stiamo dimostrando nei fatti, e non è un’unione di facciata, ma sui temi e costruita su basi solide per durare». Però lei ha tergiversato prima di candidarsi? «Non ne faccio mistero, la decisione è stata sofferta e non risponde, come dice qualcuno, alla paura di non essere rieletta agli Stati. Non ho mai avuto paura del confronto politico. Potevo giocare la mia partita, come fatto in passato, con tutti i rischi che un’elezione comporta. Ma senza il progetto rosso-verde, non avrei accettato di candidarmi per il Governo. Il nostro obiettivo è contrastare la destra, essere una forza alternativa per costruire un Ticino capace di rispondere alle  sfide future e salvaguardare il suo territorio. Vedo che soprattutto i giovani, che non hanno il retaggio del passato dei partiti divisi, dimostrano grande unità. Loro sono il futuro e io sarei orgogliosa di lavorare per questo futuro. Il raddoppio in Governo arriverà». Ma a contare oggi sono i seggi in Parlamento, e in questa corsa siete separati. Ha senso? «Oggi lo ha, poi domani si vedrà. Importante è fare il massimo per avere più seggi possibili e contarsi poi sui temi per dare una rotta chiara. Nella mobilitazione siamo uniti». Ma la sinistra rimane frammentata? «Ci sono anche piccoli partiti che si rivolgono all’elettorato di centro-destra e   sono molto contenta che il Forum alternativo oggi corra sulla lista del PS».

«Avrei visto bene Greta in lista»

Lei ha detto sì quando l’ecologista Greta Gysin ha rinunciato alla corsa verso il Governo e verosimilmente ad ottobre Gysin correrà per il Nazionale e per gli Stati. Nella fase immediatamente precedente la sua scelta si ha l’impressione che i vostri rapporti a Berna non fossero idilliaci. Cosa ne dice? «Che non è per niente così. Stimo molto Greta. Non ho accettato perché lei ha rinunciato, l’avrei vista volentieri in lista con me e non avrei avuto paura del confronto elettorale. Poi ha fatto la sua scelta che rispetto. Sta lavorando bene a Berna e le auguro di proseguire il suo percorso». Ma il fatto che Laura Riget sia co-presidente e lei abbia dovuto discutere con il PS sul suo percorso, è stato imbarazzante? «Lo ha detto lei, nel PS ci sono due co-presidenti e queste questioni le ha gestite Fabrizio Sirica. Non c’è mai stato alcun problema in questo senso». Prima di Natale c’è stata una fase intensa sulla sua persona per la questione delle elezioni suppletorie quando lei sarà in Governo e occorrerà colmare il vuoto agli Stati. Quanto le ha pesato essere al centro di accese discussioni? «Ero a Berna e molto impegnata, non posso nascondere che mi abbia pesato perché ha distolto l’attenzione dai problemi concreti e si è fatta pesare tutto sulla mia persona, quando il problema è invece del sistema elettorale. Era una campagna politica contro di me e la lista rossoverde». In ogni caso toccherà al Governo che verrà decidere cosa fare.

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