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Casinò di Campione, la partita non è ancora chiusa

La società di gestione crede nella riapertura della casa da gioco e chiede più tempo ai giudici per preparare un piano di salvataggio solido - Un nodo è quello della ricapitalizzazione: il Comune è in dissesto finanziario e non può farla
© CdT/Gabriele Putzu
Red. Online
19.12.2020 06:00

Per sapere quale sarà il percorso giudiziario che dovrà affrontare il Casinò di Campione occorrerà aspettare qualche giorno: il tempo che impiegheranno i giudici a sciogliere un paio di riserve. Ma all’udienza di ieri, che si è svolta davanti al Tribunale Fallimentare di Como, sono emerse alcune novità.

Gli avvocati che rappresentano la società di gestione si sono presentati con una richiesta di concordato in bianco, e quindi di un rinvio per sfruttare la possibilità di mettere a punto un piano di salvataggio della casa da gioco. Tornati in possesso dei loro ruoli, dopo l’annullamento della sentenza di fallimento, nei giorni scorsi avevano depositato la richiesta di ottenere le chiavi e l’accesso ai conti della casa da gioco, così come stabilito dalla Corte di Cassazione il 3 dicembre. Per contro, la Procura di Como, nelle persone del procuratore Nicola Piacente e del sostituto Pasquale Addesso, ha ribadito la richiesta di congelamento preventivo dei beni a disposizione della casa da gioco.

La Corte del Tribunale fallimentare di Como si esprimerà nei prossimi giorni

Già ad aprile 2019, prima del ricorso della Popolare di Sondrio, in Cassazione era stato ritoccato al rialzo il totale del passivo, portandolo a quasi 176 milioni di euro: 82 milioni dei creditori insinuati il 28 gennaio 2019 e 94 delle insinuazioni passive giunte fino a marzo. Cifra che potrebbe essere nuovamente ritoccata al rialzo, se nell’ultimo anno dovessero essere pervenute ulteriori insinuazioni passive, di cui hanno tenuto conto gli ex curatori fallimentari.

I giudici – Ambrogio Ceron, Marco Mancini e Annamaria Gigli – si sono riservati tempo per poter esaminare con attenzione le questioni, anche se è difficile pensare che negheranno la concessione dei termini, che nel primo caso era diventata motivo di annullamento. La Corte di Cassazione aveva infatti impiegato un anno e mezzo per esaminare e respingere il ricorso presentato a inizio aprile 2019 dalla Banca Popolare di Sondrio, creditore della casa da gioco, contro la decisione della Corte d’Appello di Milano che aveva annullato la sentenza di fallimento emessa lo a luglio 2018 dal Tribunale di Como.

Vicenda intricatissima

La richiesta di «cassare la sentenza impugnata nella sola parte in cui ha dichiarato l’assoggettabilità a fallimento del Casinò di Campione» era stata rigettata dalla Suprema Corte, che aveva tuttavia confermato la decisione della Corte d’Appello, nel momento in cui aveva sostenuto che il Tribunale di Como avesse violato il principio di contraddittorio nella procedura, e negato la richiesta di proroga dichiarando inammissibile la richiesta di Concordato presentata dal Casinò di Campione a luglio 2018. Oggi, in questa vicenda che non smette di essere intricatissima, c’è inoltre un ulteriore aspetto da valutare, che costituisce una questione giuridica non semplice. Da un lato infatti, l’ammissione al concordato preventivo determina la nomina di un commissario, che dovrebbe essere di per sé garanzia di tutela dei beni. Ma la Procura ritiene che non sia sufficiente a mettere al sicuro quel che rimane del patrimonio della casa da gioco, e ha quindi insistito per l’adozione di una misura conservativa.

Già all’inizio della prossima settimana dovrebbero essere depositate le decisioni dei giudici, che potrebbero spalancare le porte alla possibilità di tentate quel salvataggio della casa da gioco di cui a Campione d’Italia si parla da giorni. Ma sullo sfondo si intravedono già altre questioni, che riguardano l’impossibile ricapitalizzazione della società da parte del socio unico, vale a dire il Comune di Campione, che è in dissesto finanziario, e l’eventuale modalità di partecipazione di soci privati. Già dopo l’uscita di amministrazioni provinciali e camere di commercio, nel 2012, era stata necessaria un’apposita legge per ripartire con la società di gestione.

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