Crac finanziario

Caso Adria, quindici milioni dalle sei aste pubbliche

Dal terreno di Cadro alla casa di Pura, passando per il pregiato appezzamento situato in centro a Paradiso – Battute all’asta alcune proprietà legate a padre e figlio Cambria, titolari della ditta di costruzioni fallita
Sono serviti 2,5 milioni di franchi per il terreno di Cadro © CdT/ Chiara Zocchetti
Stefano Lippmann
29.04.2022 06:00

Calcolatrice alla mano, alla fine, si è raggiunta la cifra di 14.811.000 franchi. Il frutto, cioè, delle sei aste – a cura degli uffici di esecuzione – andate in scena ieri nella sala del Consiglio comunale di Mendrisio. Quasi 15 milioni di franchi, dunque, che rientrano nella corposa inchiesta penale che ha portato al rinvio a giudizio, tra gli altri, di Adriano e Filippo Cambria. Padre e figlio, titolari della ditta di costruzioni Adria, al centro di un crac finanziario che secondo gli inquirenti sarebbe di alcune decine di milioni di franchi.

Ieri, come detto, sei proprietà degli inquisiti sono andate all’asta. E gli interessati non sono mancati (erano almeno una trentina i presenti), soprattutto per le prime due procedure: quelle inerenti un terreno a Cadro e uno a Paradiso. Il primo terreno, situato nella parte alta del paese in zona pregiata – la cui stima peritale attribuiva un valore di poco oltre il milione e mezzo di franchi – è stato venduto per 2,5 milioni. Ad aggiudicarselo, dopo una «lotta a tre», è stato un noto imprenditore, titolare di una ditta specializzata in pavimentazioni. Mezz’ora più tardi è toccato al terreno di maggior valore, quello in centro a Paradiso.

Seicentocinquantotto metri quadrati di superficie per un valore stimato in 7,3 milioni di franchi. Una proprietà che ha innescato una battaglia a suon di rilanci tra due società anonime – una del Locarnese e l’altra proveniente dalla Svizzera tedesca – attive in campo immobiliare. Durante i due turni d’asta la cifra, una volta raggiunti i 5 milioni di franchi, ha innescato una serie di chiamate tra i due fino agli 8 milioni. Asta conclusasi con un lapidario e stizzito commento da parte di chi non si è aggiudicato il terreno: «Che se lo tenga». Una proprietà, evidentemente, che aveva attirato l’interesse di più persone.

In sala anche la Banca Wir

La terza proprietà andata all’asta era un appartamento a Canobbio, dove tuttora risiede il figlio (che ieri era presente agli incanti). E se l’è aggiudicato, per un milione e mezzo di franchi la Banca Wir. Un nome che compare anche nell’inchiesta penale. Tra i rinviati a giudizio, infatti, figura anche l’ex direttore Yves Wellauer. Istituto bancario che si è aggiudicato, per 880.000 franchi, anche 4 terreni ubicati a Besazio. All’asta, infine, sono andate anche due immobili: una casa unifamiliare a Sonvico e l’abitazione dove risiedeva Adriano Cambria a Pura. Nel primo caso l’immobile, valore stimato in 790.000 franchi, è stato venduto a 954.00 franchi.

Il secondo – dopo un primo turno d’asta senza offerenti – è stato battuto all’asta per 977.000 franchi (il valore di stima peritale è di 1.040.000 franchi). In entrambi i casi, anche l’istituto bancario appena citato ha provato a fare un’offerta, poi superata.

Truffa per mestiere

Come anticipato, le aste andate in scena ieri rientrano nella vicenda del crac milionario dell’impresa di costruzioni Adria. I tre principali imputati – padre e figlio titolari dell’azienda nonché l’ex direttore dell’istituto bancario – vennero arrestati nel 2015. Soltanto un anno più tardi l’allora procuratore generale John Noseda, primo titolare dell’inchiesta, li aveva rinviati a giudizio ma il Tribunale penale cantonale aveva rimandato gli atti al Ministero pubblico. Nel frattempo il dossier è passato nelle mani prima del procuratore pubblico Andrea Minesso e, ora, in quelle di Chiara Borelli. Procuratrice che, nel luglio dello scorso anno, ha emanato un nuovo atto d’accusa rinviando a giudizio sette persone. I tre principali imputati dovranno rispondere delle accuse più gravi. Lungo l’elenco di reati che coinvolgono, a vario titolo e secondo le proprie responsabilità gli imputati: truffa per mestiere, ripetuta falsità in documenti, appropriazione indebita, cattiva gestione, frode fiscale, concorrenza sleale e ripetuta amministrazione infedele aggravata. Quest’ultimo capo d’accusa riguarderebbe soprattutto i Cambria i quali, con la collaborazione dell’ex direttore di Banca Wir, avrebbero ottenuto indebiti profitti danneggiando il patrimonio delle loro società arrivando così a provocarne il fallimento.