Campo marzio

Centro congressuale: Lugano col fiato sospeso

Niente più proroghe: per il 15 ottobre il Municipio vuole le offerte dei due gruppi rimasti - La decisione sul progetto vincitore del concorso internazionale dovrebbe cadere entro fine anno - Ma il virus fa riflettere sul futuro del settore: la partecipazione online mette a rischio l’indotto sul territorio
© CdT/Gabriele Putzu
Giuliano Gasperi
07.09.2020 06:00

Ultimamente il polo sportivo gli ha rubato un po’ la scena, ma anche il progetto del polo congressuale al Campo Marzio è sul rettilineo finale e se non fosse stato per la pandemia avremmo già il vincitore del concorso per la sua realizzazione. Come per lo stadio, l’ente pubblico dovrà scegliere tra due gruppi. Entrambi sono svizzeri: uno, guidato da Implenia, è balzato agli onori delle cronache per aver ingaggiato il noto architetto francese Jean Nouvel, mentre il secondo ha partner austriaci.

L’ora delle scelte

Gli altri cinque gruppi che si erano iscritti, fra i quali spiccano quello di Silvio Tarchini e quello di Geo Mantegazza, Maria Luisa Garzoni e Mario Albek, oltre alla Comsa, l’impresa che ha realizzato il LAC, si sono ritirati lungo il percorso, già prima del coronavirus. Ora la Città spera che l’emergenza sanitaria non intacchi le intenzioni di chi è rimasto in corsa. Non ci sono segnali concreti in tal senso. Le due cordate hanno solo chiesto e ottenuto alcune proroghe del termine per consegnare le loro offerte definitive. Un ritardo dovuto all’incertezza generale? Probabile. In ogni caso il Municipio non concederà altro tempo: entro il 15 ottobre vuole le proposte, così da poter prendere una decisione entro la fine dell’anno. Di sicuro la pandemia ha creato problemi alla giuria del concorso: le restrizioni sugli spostamenti, infatti, hanno messo in difficoltà alcuni membri provenienti dall’estero. E certe planimetrie non si possono srotolare sullo schermo di un computer.

Qualche nuvola

Aspetti pratici a parte, c’è una questione di fondo che emerge in modo sempre più marcato: il turismo congressuale, in futuro, sarà ancora quel «cavallo vincente» su cui Lugano ha puntato pianificando il polo al Campo Marzio? Potrebbe sembrare una «gufata», come si usa dire, ma non si può negare che la pandemia stia avendo un impatto anche su questo settore. Pensiamo alla diffusione delle conferenze, dei seminari e in generale della comunicazione a distanza. Non che prima non esistessero, ma con la pandemia in tanti si sono «accorti» che spesso non è necessario spostarsi fisicamente. E quello che prima, con la quarantena, era un obbligo, ora è un’opportunità.

Un’atmosfera che manca

Come tutto ciò potrebbe influire sul settore dei congressi (ma anche delle esposizioni: il cosiddetto MICE) lo abbiamo domandato al responsabile dell’Osservatorio del turismo dell’USI Stefano Scagnolari. «Oggi da un lato alcuni eventi importanti sono stati posticipati; dall’altro molti incontri, appuntamenti, conferenze e mostre sono stati riorganizzati come eventi virtuali spostandosi nella sfera digitale, come avvenuto per diverse attività lavorative tradizionali». Poi spuntano le soluzioni ibride. «In Ticino, come altrove, ci sono esempi di eventi ripensati come una miscela di esperienze online e offline per ridurre al minimo il contatto fisico».

Resta da capire se queste formule rimarranno in auge una volta sparita la minaccia sanitaria. «Nel breve periodo potremmo assistere a un 2021 intenso per quanto riguarda gli eventi, visto che alla programmazione originale si andranno ad aggiungere tutti gli appuntamenti che erano stati pianificati per quest’anno», poi annullati. «Inoltre, la voglia di tornare agli eventi in presenza, con un’atmosfera difficile da replicare online, dovrebbe rassicurare gli operatori sul fatto che il settore possa riprendersi».

Le carte sono cambiate

Sul medio e lungo termine, tuttavia, le cose potrebbero mutare e non in meglio per le città che puntano sui congressi. «Indipendentemente da quanto sono attrattivi gli eventi tradizionali - spiega sempre Scagnolari - una strategia virtuale consente ai promotori e ai relatori di usare mezzi economici per raggiungere un pubblico più ampio, senza la necessità che i partecipanti viaggino».

La tendenza è in atto da tempo: non è tutta colpa del virus. «Le prime avvisaglie erano visibili osservando le dinamiche di eventi come il Baselworld o le settimane della moda parigine e milanesi, dove la componente online era già vista come la potenziale risposta alla perdita di introiti. Potremmo quindi avere sempre più manifestazioni che offrono un’opzione di partecipazione remota, la quale offre un’ulteriore possibilità di entrate per gli attori del settore».

In parole povere, si pagherà sempre per partecipare. Chi non lo farà fisicamente, tuttavia, non pagherà più per una camera d’albergo, un taxi, un ristorante o per un po’ di shopping tra una sessione e l’altra. Lugano ci crede ancora, ma le carte in tavola sono cambiate.