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Chiasso e la crisi di Corso San Gottardo: «Noi resistiamo, ma per quanto?»

Il destino della via vista dagli occhi dei commercianti - Il declino continua, ma c’è chi prova a reinventarsi - Una via di contraddizioni, che deve la sua fortuna alla vicinanza con la dogana ma in cui oggi si maledice la frontiera
(foto Zocchetti)
John Robbiani
12.07.2019 06:00

CHIASSO - Corso San Gottardo è un luogo più unico che raro in Ticino. Ed è soprattutto un luogo di contraddizioni, anche se a volte solo apparenti. È un luogo in cui ancora si respira la grandeur della Chiasso che fu (o che tentò di essere) ma in cui se ne percepisce pure - e abbastanza chiaramente - il suo declino. La città mancata. Una via del commercio e dello shopping assolutamente fuori scala se si pensa che tutt’attorno il borgo ha solo 8.000 abitanti. Una corso che ha costruito la sua fortuna attorno alla presenza della dogana e della frontiera ma in cui spesso poi quella stessa frontiera viene maledetta. «Tutti vanno in Italia a fare la spesa. Noi commercianti dunque che ci restiamo a fare?». Una via in cui – anche sorprendentemente per chi viene da fuori – in realtà c’è molta gente durante il giorno, ma che si trasforma in un deserto in un batter d’occhio quando chiudono gli uffici. Tanta gente in strada, ma negozi quasi vuoti. E tanti commercianti, mentre si lamentano di non avere clienti, chiudono il negozio a mezzogiorno. Corso San Gottardo è uno dei pochi luoghi in Ticino in cui l’orario continuato più che la regola sembra essere un’eccezione.

Della crisi del Corso si parla da anni, e non è che non si siano cercati rimedi. Il Municipio per esempio ha varato il progetto «Frequenze», che vuole prendere due piccioni con una fava. Il team ritira i negozi sfitti, li riatta e li riapre al pubblico. Così si offre un posto di lavoro a persone in attesa di un nuovo impiego e si tenta di dar luce a nuove attività economiche in grado di rilanciare la via. Ma è un cerotto, e la crisi è profonda. Abbiamo fatto un giro nel Corso e abbiamo parlato per alcune ore con i suoi commercianti. Ognuno aveva qualcosa da dire. Tutti gentili, tutti amichevoli. Chiasso è così.

Giocando a solitario
Entriamo in un negozio della parte bassa del Corso, quella più vicino alla dogana. Bussiamo, ci presentiamo e chiediamo se possiamo disturbare per qualche minuto visto che vogliamo capire come se la passano i commercianti. «Ma quale disturbo! Non ci sono clienti e dunque ne ho approfittato per iniziare una partita a solitario». E questo basta a rispondere alla nostra prima domanda. Ma quali sono i problemi di Corso San Gottardo? Cosa si può fare per migliorare la situazione? Il commerciante ci spiega di essere arrivato in Ticino da 4 anni e dunque di non aver conosciuto gli anni del «boom» di Chiasso. Ma un’idea se l’è fatta. «Facciamo tutti un po’ fatica anche perché i ticinesi vanno a fare spesa dall’altra parte. A volte mi chiedo tra l’altro se convenga davvero. Di certo però, se si vuole che i commerci continuino ad esistere, occorre che chi lavora o vive in Svizzera spenda un po’ di soldi anche in Svizzera». Ma non è l’unico aspetto. «C’è poi la questione dell’E-commerce. Le persone, soprattutto i giovani, sembrano aver perso il vero gusto dello shopping, che non è tanto il gesto dell’acquisto in sé ma quello di prendersi qualche ora e girare le vetrine di una città alla ricerca di qualcosa di bello da comprare». Per farlo però occorre che i negozi presenti in una via offrano ai visistatori qualcosa di interessante. Di unico. E a Chiasso non sempre è così. È comunque interessante constatare come due dei negozi di maggior successo siano il Monn (sempre molto apprezzato anche dagli italiani) e lo shop di Caritas.

Unghie ovunque
Per rivalorizzare Corso San Gottardo e far sì che più persone siano spinte a visitarlo occorre come detto incentivare l’apertura di negozi con una loro unicità e specificità. A Chiasso questo manca. Su Corso San Gottardo le attività commerciali sono tutte concentrate più o meno sulle stesse cose: tabacchi, caffè, uffici cambio, cioccolata, orologi. Perfino i dadi della Knorr. Commerci legati probabilmente a una Chiasso che non c’è più. Ma, ed è abbastanza sorprendente, la proprietaria di uno di questi negozi ci spiega che sono prodotti che vanno ancora. «I dadi sono sempre un successo e la cioccolata svizzera è sempre richiesta». Discorso diverso per le sigarette, che ormai costano molto meno in Italia. «Ma da oltreconfine - ci viene spiegato - sono ancora molti gli italiani che vengono a comprare il tabacco, perché è di un’altra qualità. Ci sono sigari per esempio che in Italia non si trovano. E questo vale anche per alcune marche di sigarette». In ogni caso su Corso San Gottardo è incredibile la concentrazione di saloni per il trattamento delle unghie. Ce ne saranno almeno 10 in poche centinaia di metri. E le farmacie? Ovunque. Gli italiani continuano ad andarci.

Guardate la fila di gente ogni giorno al tax free e capirete perché i negozi a Chiasso, o in Ticino in generale, falliscono
Io tra alti e bassi me la cavo, ma anche noi commercianti dobbiam fare autocritica. Offriamo quel che cerca il cliente?
Chiasso è stata trasformata in una città-ufficio. Trovatemi un altro posto in Svizzera dove, in centro, un ristorante sceglie di tener chiuso il sabato
Gli affitti sono troppo cari e i proprietari immobiliari non solo non ci vengono incontro, ma non investono neppure un granché negli stabili
Sì, è vero, durante il giorno in Corso San Gottardo la gente non manca. Ma tanti di loro sono frontalieri con la schiscetta
Mancano i posteggi, soprattutto nella parte bassa del Corso. Non si potrebbe far sì che la prima mezz’ora negli autosili sia gratis?
I ticinesi vanno a fare la spesa quasi sempre in Italia. Non possono poi lamentarsi se i negozi chiudono e non assumono i loro figli

Provare qualcosa di nuovo
«Certo che chi vende ancora dadi e sigarette non può lamentarsi se gli affari vanno male», ci confida il proprietario di un negozio di vestiti. E in effetti anche su Corso San Gottardo c’è chi prova a reinventarsi. I proprietari di uno storico negozio con annesso ufficio cambi apriranno nelle prossime settimane un nuovo spazio, tra l’altro il primo entrando a Chiasso dalla dogana. «Venderemo birre dal resto del mondo. Speriamo di avere successo». Ma, ci viene confidato, non è l’unico motivo per cui il negozio è stato aperto. È un modo anche per «proteggere» l’ufficio cambi già di loro proprietà, che si trova poche vetrine più avanti. «Perché se non affittavamo noi questi spazi - ci è stato detto - ci avrebbero messo l’ennesimo ufficio cambi a farci concorrenza». In quella zona del Corso - dove c’è la stele in onore del colonnello Martinoni - i problemi sono però anche altri. «Il transito dei veicoli è proibito e noi abbiamo grossi problemi con il carico e scarico. E non ci sono posteggi. Il Municipio potrebbe creare un paio di stalli a disposizione degli utenti di questa piazzetta. E in più, come in altre città, potrebbero rendere la prima mezz’ora gratuita negli autosili. Questa sì che è una cosa che ci aiuterebbe». Poi c’è il problema degli affitti. «I prezzi - ci spiega un altro commerciante - sono troppo alti e i proprietari degli immobili non ci vengono incontro. E a dire il vero anche lo stato degli stabili non è un granché». E il prezzo elevato degli affitti, in un periodo di globale crisi dei commerci al dettaglio, ha fatto sì che negli anni Corso San Gottardo si svuotasse di negozi e si riempisse di uffici. «Questo - ci conferma Carlo Coen, vicepresidente della Società commercianti del Mendrisiotto (e a sua volta proprietario di uno storico marchio del Corso) - è un problema che denunciamo da anni. Fino a un decennio fa c’erano 100 negozi, ora ne sono rimasti una decina. Chiasso è diventata una città-ufficio e vive dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17. Dopo questo orario, e nei weekend, non c’è più in giro nessuno». E questo spiega perché molti negozi decidono di non aprire il sabato. O di farlo solo fino a mezzogiorno. «Per i negozi di abbigliamento - spiega Coen - il giorno di riposo è il lunedì di solito. Ma in una città come Chiasso non conviene di certo chiudere il lunedì, con gli uffici aperti. E allora c’è chi chiude il sabato. È vero, sarebbe bello se tutti fossero aperti quel giorno perché poi è normale che con i negozi chiusi la gente non viene sul Corso. Però capisco anche che alcuni commerci, a gestione familiare, non ce la facciano». Aprire un giorno in più significa assumere più personale e per molte realtà - che rischiano di scomparire anche così - oggi come oggi questa opzione è impossibile. Questo spiega anche perché diversi negozi chiudono durante il mezzogiorno. «Noi per esempio alcune volte ci abbiamo provato - ci spiega Coen - ma poi solo una volta su 5 entrava un cliente». Anche per Coen comunque il problema è da cercare nel fatto che i ticinesi vanno a fare la spesa a Ponte Chiasso o a Como. «Io guardo tutti i giorni la fila che si forma al tax free. Sono ticinesi che sono andati a comprare le cose in Italia e si fanno rimborsare l’IVA. E non parlo di alimentari. Cose che magari in Svizzera costano pure di meno. Chi non spende più a Chiasso non può poi lamentarsi se i negozi, chiudendo, non assumono i loro figli».

L’anomalia del sabato

Più di un commerciante - ne parlavamo prima - ci ha fatto notare di non apprezzare molto i colleghi che non aprono il sabato. «Io - ci spiega la titolare di un negozio di moda - mi impegno per farlo. Ma se tutti gli altri chiudono poi è normale che a Chiasso non ci viene nessuno. Come mi trovo in Corso San Gottardo?_Me la cavo, tra alti e bassi. Di certo mi spacco la schiena tutti i giorni, dalle otto alle sei e mezzo, per offrire il servizio migliore».