Luci rosse

Chiasso: niente più lucciole negli appartamenti

Il Municipio consentirà la prostituzione unicamente in quello che già oggi è considerato il quartiere a luci rosse
John Robbiani
28.08.2019 09:25

CHIASSO - Veronica, Naomi, Sofia, Alessia, Aurora, Jana, Lexy, Adriana e Valeria. Sono i nomi di alcune delle escort attive a Chiasso il cui annuncio figura sul principale portale a luci rosse del Ticino. Vengono principalmente dall’Europa orientale, soprattutto dalla Romania e dall’Ungheria, ma c’è anche chi ha il passaporto italiano e spagnolo o - come Carla e Chantal - arriva da Cuba e dal Venezuela. Alcune sono attive nei sex club costruiti (volutamente) a ridosso del confine, mentre altre lavorano in appartamenti - spesso in palazzi un po’ lugubri - sparsi in giro per la cittadina. Il Municipio di Chiasso - anche per rispondere all’entrata in vigore (dal primo luglio) della nuova Legge sulla prostituzione - ha deciso di regolare il fenomeno e di confinare l’esercizio della prostituzione in un settore ben preciso del territorio comunale: l’area che, a piano regolatore, è chiamata «zona amministrativa commerciale intensiva a 7 piani (AC7)». Sette in tutta Chiasso i terreni in cui, tecnicamente, si potrà esercitare il mestiere più vecchio del mondo. Le nuove norme regoleranno da un lato l’esistenza di un «red light district» (di un quartiere a luci rosse, che già esiste visto che su questi terreni sorgono due postriboli, un locale massaggi e in cui è stata rilasciata una licenza per un terzo postribolo) ma, dall’altro, proibiranno in modo chiaro e inequivocabile l’esercizio della prostituzione in tutto il resto del territorio. Gli appartamenti del sesso di cui dicevamo prima dunque, almeno teoricamente, scompariranno. E se non scompariranno le autorità avranno almeno modo di intervenire in modo rapido ed efficace. Non è infatti affatto scontato che, con una semplice modifica di piano regolatore, si riesca ad eliminare il fenomeno della prostituzione negli appartamenti. A Lugano per esempio - ne abbiamo parlato nell’edizione di ieri riferendo di un intervento di polizia che ha portato alla messa dei sigilli a un appartamento in via Massagno - da anni esiste l’obbligo di inoltrare una domanda di costruzione - tecnicamente un «cambio di destinazione d’uso» - in cui si indica che un determinato locale verrà utilizzato per l’esercizio della prostituzione. In pochi hanno tentato di mettersi in regola, e il Municipio ha negato tutte le richieste riguardanti appartamenti situati in zone con una percentuale residenziale pari o superiore al 50% (o vicini a luoghi sensibili).

Le zone moleste
Chiasso su questo fronte ha optato per una soluzione diversa, introducendo il concetto pianificatorio di «molestia di natura materiale e immateriale». E l’area in cui la prostituzione sarà ammessa è stata scelta in quanto «non è confinante con la zona residenziale, sorge in zona amministrativo-commerciale ed è separata da strade di grande traffico».

È anche una questione di sicurezza
Ma perché concentrare la prostituzione in un’unica area cittadina? E perché rendere così complicata la possibilità di esercitare la prostituzione negli appartamenti? La nuova Legge in realtà non lo vieta. Nell’articolo 14 si legge infatti che negli appartamenti, purché non vi sia condivisione degli spazi con altre persone che esercitano la stessa attività «non è necessaria l’autorizzazione se chi esercita la prostituzione lo fa a titolo individuale, in locali di sua proprietà o per i quali vanta dei diritti d’uso».

Stesso discorso se «una persona non mette a disposizione più di un appartamento destinato all’esercizio della prostituzione e questa attività è esercitata unicamente dalla persona alla quale il locale è messo a disposizione, se i locali rimangono soggetti ai controlli (l’articolo 20 indica infatti che polizia e autorità cantonale possono in ogni momento eseguire controlli nei locali in cui si esercita o si ritiene sia esercitata la prostituzione, ndr) e se l’accesso agli enti della rete d’aiuto designati dal Consiglio di Stato è garantito». La Legge punta moltissimo sui controlli. Vuole tutelare gli abitanti di un palazzo o di un quartiere dai disturbi (per esempio dal viavai di clienti a tarda notte) e anche dai rischi che un universo piuttosto criminogeno come la prostituzione potrebbe comportare. Ma vuole anche garantire la sicurezza delle operatrici del sesso.

Per questo è importante per l’autorità sapere chi esercita la prostituzione e, soprattutto, dove. Le premesse della Legge sono infatti chiare e, nell’articolo 1, si legge che le nuove norme intendono «arginare il fenomeno della prostituzione illecita, proteggere dallo sfruttamento e dalla violenza le persone che esercitano la prostituzione (tutelandone la libertà di azione e di decisione), disciplinare l’esercizio della stessa allo scopo di salvaguardare la popolazione dalle ripercussioni negative che ne derivano e favorire l’adozione di misure preventive, sociosanitarie e di promozione della salute, nonché d’informazione del pubblico e di chi esercita la prostituzione».