Uguali&Diversi

Chiesa-Farinelli, la sfida su energia e migrazione, ma anche piccole intese

L’UDC cerca la riconferma agli Stati, il politico del PLR punta al sorpasso dato che al primo turno si è piazzato solo al terzo posto - Tra i due non c’è astio, ma fermezza e sincerità: «Marco, voi tendete sempre ad esagerare» - «Alex, al tuo partito mancano chiarezza e compattezza»
Una chiacchierata sul divano per Alex Farinelli e Marco Chiesa in vista del ballottaggio del 19 novembre. ©CDT/Gabriele Putzu

Un incontro senza troppe formalità, una chiacchierata affrontando emozioni e sensazioni personali, per prendere poi in mano qualche dossier della politica federale. In vista del ballottaggio per le due poltrone ticinesi al Consiglio degli Stati, abbiamo incontrato Marco Chiesa (UDC) ed Alex Farinelli (PLR).

L’appuntamento nella redazione del Corriere del Ticino a Muzzano è di buon mattino, all’UDC (e presidente nazionale di partito) Marco Chiesa l’agenda non dà tregua e il contendente di giornata per l’incontro «Uguali&Diversi» Alex Farinelli (PLR) mostra dal primo contatto grande fair-play: «Lasciamo a Marco definire l’orario, dato che avrà sicuramente più impegni di me. Anche se in questa fase si corre un po’ tutti». Dietro l’angolo c’è «la finalissima» per il Consiglio degli Stati del 19 novembre, con Chiesa che punta alla riconferma e Farinelli alla prima elezione alla Camera dei Cantoni. «Ci vediamo alle 8?». Detto, fatto. Chiesa arriva con la figlia «perché è un giorno particolare, poi andiamo a prendere i fiori per la mamma che oggi compie gli anni. Ci prenderemo un poco di tempo in famiglia». Un caffè per entrambi, senza latte né zucchero, e Chiesa inizia a rispondere alle sollecitazioni, mentre Farinelli azzanna un gipfel. «In realtà questo non è un orario terribile, a Berna talvolta sono già in pista a Palazzo federale prima delle 7 per colazioni di lavoro, incontri con i nostri consiglieri federali o faccia a faccia con altri presidenti. Sì, si dorme poco. Ma in compenso la sera raramente si fa tardi». Per Farinelli la diana non è spesso così pressante, «ma dire che si dorme molto mi pare un azzardo». La grande differenza tra i due la esprime Chiesa: «Alex magari qualche incontro lo può scegliere, io difficilmente posso sfuggire» e ci mostra l’agenda già fitta di appuntamenti per le prossime settimane.

L’entrata in materia

E se in questo locale non ci fossero altri che voi due, di cosa parlereste? Si osservano fin divertiti dall’ipotesi. «Beh, forse della roboante vittoria del Lugano ieri sera in Coppa svizzera a Losanna» azzarda Chiesa. Farinelli annuisce. Ma come, osserviamo, si interessa anche di calcio? «E perché mai non dovrei interessarmi, certo che lo seguo. Poi non sarò sempre allo stadio, ma questa è un’altra storia. Direi che non parleremmo di politica, semmai delle pene che ci accomunano tra viaggi (ndr. oggi più lunghi per il disastro del deragliamento nel tunnel del San Gottardo che frenerà i collegamenti da e per il Ticino fino a settembre 2024) e albergo. Insomma, le tante giornate e notti lontano da casa». È il destino che accomuna, indipendentemente dal credo politico, i deputati ticinesi a Berna. Problemi un po’ per tutti simili di questa politica di milizia che «ci obbliga a un semiprofessionismo» affermano all’unisono.

Gli interessi di chi?

Parliamo del Consiglio degli Stati, quella Camera dei Cantoni nella quale dovrebbero prevalere gli interessi cantonali (e federali) rispetto a quelli partitici. Ma oggi questo sembra essere un principio sfumato. Cosa ne dite? «Io la vedo da dentro – afferma Chiesa – e posso dire che il più delle volte contribuisce ad equilibrare, a modificare delle decisioni. Ha certamente una visione diversa, è una chambre de reflexion nella quale oggi ci sono due presidenti di partito». Significa che l’UDC i piatti li rompe al Nazionale e si guarda bene dal fare “caos” agli Stati? Chiesa ride di gusto: «L’UDC al Nazionale ha una linea chiarissima». Interviene Farinelli: «Solitamente chi va agli Stati assume una verve più moderata». Allora sta dando del «moderato» a Chiesa? «Diciamo che normalmente è così, poi ci sono le eccezioni. E ora arriverà anche Maillard, vedremo cosa accadrà».

Chi dà e chi riceve

Entrambi sono passati dal Gran Consiglio ticinese, dove ora arriva la manovra da 134 milioni. Ebbene, come la osservate, anche perché il Consiglio di Stato si è lamentato per la pioggia di costi che giunge da Berna. Lamento reale oppure no? «Qui si tocca il sistema perequativo e il confronto non è con Berna ma con gli altri Cantoni e ognuno tenta di tirare a sé la coperta – attacca Farinelli – e sui compiti si tende a dire che “ci deve pensare Berna”. Ma se Berna decide, Berna indica. Io sono per mantenere il principio del federalismo». «Concordo con Alex – afferma Chiesa – che la perequazione andrebbe rivista poiché il Ticino soffre di peculiarità cantonali non sufficientemente riconosciute».

Capisco l’avere un profilo partitico, ma nel nostro sistema basato sulla ricerca del compromesso, alla luce delle grandi differenze che già abbiamo (come città e campagna), se tutti i partiti iniziano a profilarsi, abbiamo un problema
Alex Farinelli

La critica incrociata

Ma in fin dei conti cosa si rinfaccia al partito dell’altro? Farinelli si impossessa della palla per dire che «capisco l’avere un profilo partitico, ma nel nostro sistema basato sulla ricerca del compromesso, alla luce delle grandi differenze che già abbiamo (come città e campagna), se tutti i partiti iniziano a profilarsi, abbiamo un problema. Ecco la critica che faccio all’UDC e non si deve esagerare». E che dire del PLR? «Beh, devo essere schietto – sostiene Chiesa – il problema che talvolta sorge con il PLR è proprio il fatto che hanno perso profilo liberale. Sui temi per i quali dovremmo trovare una maggioranza, facciamo fatica a costruirla. Noi mettiamo sul tavolo delle soluzioni e spesso rimaniamo soli. E tutto resta invariato. Il PLR manca talvolta di coraggio e di compattezza». «Caro Marco, non è assolutamente vero che non portiamo soluzioni», replica Farinelli.

Il tema che dà la scossa

Apriamo il dossier energia con Chiesa. Perché siete contro le rinnovabili? «Al contrario, sosteniamo le rinnovabili. Tuttavia, si fissano obiettivi senza sapere come raggiungerli. Abbandoneremo il 30% della nostra produzione elettrica generata dal nucleare e nessuno sa come sostituirla. Si agisce ideologicamente col rischio di rimanere al buio. Dov’è finito il pragmatismo? Constato che con il passaggio da Gössi a Burkhart nel PLR qualcosa è già cambiato. Sono fiducioso». E Farinelli che dice? «Restiamo ai fatti. I prezzi che abbiamo non sono frutto della strategia energetica, ma della nostra dipendenza dal nucleare francese e dal gas russo. Il senso di cambiare significa anche emancipazione. Dal 2004 a oggi abbiamo il 20-25% di persone in più, abbiamo 170.000 veicoli elettrici o ibridi e pompe di calore. E il consumo non è aumentato. Ecco, questa è la strada giusta, perché essere dipendenti significa essere ricattabili». Riaprire il nucleare? «Non mi oppongo, ma la popolazione ha votato e semmai si potrà fare più avanti, ma non sarà semplice. Il rischio è di vendere illusioni». «Il problema irrisolto resta – rincara Chiesa – abbiamo rischiato un black-out e l’approvvigionamento non è garantito, specie in inverno. Affidarsi alle sole energie rinnovabili, come dice il PLR, non è sostenibile». «Quanto accaduto in questi anni dimostra che le cose si possono cambiare. C’è da lavorare, ma è possibile», dice Farinelli. «La politica energetica promossa dal PLR non è pragmatica. È proprio così che si illudono i cittadini e il conto sarà salatissimo».

La Svizzera e la rotta migratoria

«Siamo tutti d’accordo, il Sistema di Dublino così com’è non va più bene. Ma starne fuori non ha per noi alcun vantaggio». Con questa frase Farinelli apre un capitolo tanto caro a Chiesa e che ha contraddistinto la cavalcata dell’UDC alle elezioni federali: «Se dire di uscire è una provocazione lo capisco, ma dire sì seriamente sarebbe deleterio a livello pratico». Dal canto suo Chiesa sostiene che «Dublino è sospeso quando fa comodo. Grazie a Dublino dovremmo poter respingere tutti i falsi richiedenti l’asilo. Così non è in quanto, anche se queste persone sono già transitate da almeno un Paese sicuro, chiedono protezione alla Svizzera senza essere registrati in altri Stati. La migrazione oggi è sostanzialmente economica e illegale». Veniamo alla polemica su Chiasso e alla visita della consigliera federale Elisabeth Baume Schneider giunta ieri in Ticino. Va bene così? «Doveva venire prima in Ticino», osserva senza esitare Farinelli: «È una visita organizzata dopo che come Deputazione alle Camere, in settembre, l’abbiamo incontrata facendo presente la nostra realtà». Incontri ricorrenti, ma stupisce che prima di questa azione non ci fosse l’esatta percezione. Anche per Chiesa «è tutto tardivo e noi stiamo subendo la pressione. Chiasso è la porta d’accesso al nostro Paese». Chiasso, dove nessun presidente nazionale andrebbe a vivere, giusto? «È una polemica sterile, fa male che dall’inizio dell’anno l’asilo abbia generato più 500 interventi di polizia. E da Chiasso entrano anche criminali. Vogliamo finalmente agire?». E i chiassesi hanno fatto quadrato: «Capisco cosa ha detto Marco, ma lo ha detto nella maniera sbagliata. Lo dovrebbe ammettere e chiudere la questione. Anche un consigliere federale (ndr. Ignazio Cassis) ha fatto una battuta per dire che non si fermava di fronte alle critiche dei giornali. Ma ha detto che non li leggeva più». «Il mio è un richiamo alla responsabilità che rifarei – replica Chiesa – i presidenti plasmano le politiche d’asilo ma le conseguenze non le vivono nei loro cantoni ovattati lontani dalla frontiera. Condivido le legittime preoccupazioni dei cittadini e dei commercianti chiassesi che hanno espresso sulla stampa d’oltralpe e che ho incontrato». L’UDC ha poi criticato aspramente il Consiglio federale per aver prolungato la durata dello Statuto S a favore degli ucraini: «La solita reazione scandalizzata dell’UDC. Diciamo che per 2/3 si tratta di donne e il resto degli uomini, la metà ha meno di 19 anni. Ma allora cosa vogliamo fare? Secondo me non li possiamo rimandare al buio. Devono impegnarsi di più nella nostra società? La risposta è sì, oggi avviene nella misura del 20%, occorre arrivare al 40%» afferma Farinelli. La replica di Chiesa: «Dopo 5 anni in Svizzera riceveranno il permesso di soggiorno in barba a quanto promesso. Lo statuto S dovrebbe essere gradualmente revocato, in caso contrario assisteremo un’immigrazione ancora più massiccia verso il nostro sistema sociale».

Ogni anno arrivano 80.000 persone nel nostro Paese e hanno bisogno della sanità. Tutto questo costa. Con Berset i costi sono cresciuti di 25 miliardi di franchi, ci attendiamo da chi verrà che prenda in mano la situazione
Marco Chiesa

Il dossier «Casse malati»

Nei prossimi mesi a proposito di costi della salute e Casse malati voteremo su due proposte: una del Centro che interviene suoi costi e una del PS che punta agli aiuti. Ad entrambe è posto un controprogetto. Ma qual è la vostra ricetta? «Il controprogetto del 10% dell’iniziativa PS non l’ho votato perché per il Ticino non cambierebbe nulla» attacca Farinelli. «Esatto, sarebbe un mutamento totale di paradigma, ma senza effetti pratici» rincara Chiesa. «Il grosso tema sono i costi e il Centro lo tematizza, ma il problema è l’intervento. Allora può anche essere interessante l’iniziativa centrista, ma la sua messa in pratica non lo è» aggiunge Farinelli. «Il rischio è di dare vita a un meccanismo perverso, con la congiuntura che scende e i prezzi che salgono. Io – dice Chiesa – faccio notare un altro problema: ogni anno arrivano 80.000 persone nel nostro Paese e hanno bisogno della sanità. Tutto questo costa. Con Berset i costi sono cresciuti di 25 miliardi di franchi, ci attendiamo da chi verrà che prenda in mano la situazione». Tutta colpa di Berset pertanto? «Hanno fallito un po’ tutti, ma al centro c’è di certo Berset. Non c’è mai stato coraggio di cambiare paradigma», parola di Farinelli. «Tutti devono fare un passo indietro se si vogliono fare dei passi avanti» aggiunge il democentrista «il sistema sta implodendo e le riforme non sono mai arrivate, un cambiamento (ndr. alla testa del Dipartimento) non potrà che fare bene», sostengono l’UDC e il PLR all’unisono.

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