Christian Vitta: «È l'era dei rapidi cambiamenti, per evolvere dobbiamo osare»

Un anno vissuto velocemente, intensamente e, per certi versi, pure con eventi drammatici. La politica di oggi e quella domani. Ne abbiamo discusso a ruota libera con il presidente del Governo Christian Vitta.
Il suo anno presidenziale è iniziato in aprile, ma partiamo da quello di
direttore del DFE, con l’esame dei conti del 2024 rinviato dal Gran Consiglio e
entrati nel vivo solo a gennaio inoltrato. Forse sta tutto qui un anno
risultato poi in totale rincorsa con eventi prevedibili o meno succedutisi a grande
velocità?
«È stato certamente un anno intenso. L’alluvione in Vallemaggia ha
colpito il nostro territorio e la nostra popolazione con una violenza
inaspettata e ha richiesto un impegno straordinario alle istituzioni sia nella
prima fase dell’emergenza sia per la fase di ricostruzione in corso. Per quanto
riguarda il Governo, lo slittamento del preventivo a febbraio ha comportato
alcune difficoltà legate a una gestione in regime provvisorio. Nel 2024 sono
stati anche raggiunti degli importanti obiettivi, ad esempio l’approvazione
della riforma fiscale e delle misure di compensazione per gli affiliati
all’Istituto di previdenza del Ticino. Entrambe sostenute dalla popolazione».
Come si spiega gli umori che hanno spinto la politica a cancellare
diversi sacrifici contenuti nei conti 2024 e il sì agli sgravi fiscali
decretato in giugno dal popolo?
«Per quanto riguarda il preventivo, sappiamo che richiedere sacrifici,
anche se nell’interesse generale del Paese, è difficilmente vista come una
decisione che crea consenso nel corto termine. Per contro, l’approvazione della
riforma fiscale, ha testimoniato la necessità di un aggiornamento del quadro
fiscale del nostro Cantone in un’ottica anche di confronto intercantonale. Va
ricordato che gli interventi fiscali sono stati finanziati dal ritorno del
coefficiente d’imposta cantonale al 100%.
Possiamo dire che stiamo vivendo una stagione contraddistinta
dall’esasperata schizofrenia che non sa produrre soluzioni tangibili e utili
alla causa comune?
«L’accresciuta frammentazione politica contribuisce a rendere ancor più
difficile costruire delle maggioranze e, di riflesso, il consenso. Ad esempio,
con l’ultimo preventivo abbiamo visto la presentazione di oltre 70 emendamenti.
Questa situazione rende più complesso sviluppare soluzioni equilibrate che
riescano ad imporsi permettendo al nostro Cantone di avanzare».


Poco prima di Natale è poi giunta una decisione grave, la destituzione
di due giudici del tribunale penale cantonale. È sempre difficile esprimersi
senza conoscere tutti gli atti. Ma a livello politico qual è il suo auspicio?
«Le procedure sono ancora in corso ed è importante attendere che le
stesse si concludano. La situazione che si è creata ha generato un danno
d’immagine alla giustizia. In questa delicata fase è dunque importante che
anche la politica persegua l’obiettivo di far ritrovare alla magistratura la
necessaria serenità e tranquillità perché rappresenta un settore importante e
delicato della nostra società».
Veniamo alla tragedia di questa estate, in particolare quella notte
d’orrore in Vallemaggia. Ci vuole raccontare le prime ore dal nubifragio?
«Fui avvisato di quanto stava accadendo dal comandante della Polizia
cantonale Matteo Cocchi la domenica mattina verso le 5.15. Già dalle prime
informazioni era chiaro che la situazione era tragica e di portata
straordinaria, con la possibile presenza di vittime e di dispersi. Il
comandante mi comunicò che si stava procedendo con l’istituzione di uno Stato
maggiore regionale di condotta, ciò che ha permesso di agire tempestivamente
nelle prime fasi dell’emergenza, mettendo in sicurezza le persone. Durante la
giornata organizzammo un momento di informazione alla presenza delle autorità
comunali, cantonali e del Consigliere federale Ignazio Cassis. Tutto a distanza
di una settimana dai tragici eventi che toccarono anche la Mesolcina. Per la
Svizzera italiana fu un momento carico di tanta emozione e tristezza».
E quando è stato sul posto la prima volta, quali le sensazioni provate?
«Durante l’incontro di domenica 30 giugno con i media fu chiaro a tutti
la gravità della situazione. Le prime immagini di una regione devastata e
ferita dal terribile nubifragio sono ancora vivide nella mia memoria. Il 1.
luglio siamo stati nelle zone colpite dal maltempo in presenza anche della
presidente della Confederazione Viola Amherd. In agosto, la tradizionale
Giornata del presidente del Consiglio di Stato è stata organizzata in
Vallemaggia. Un’occasione per visitare le zone colpite ed esprimere la nostra
vicinanza alla popolazione e all’intera regione. I ricordi corrono anche al 1.
d’agosto, momento d’incontro con la popolazione carico di tanta emozione».
Morte, distruzione e, notizia delle ultime settimane, Berna non coprirà
i danni alle strutture secondo le attese. Il Cantone si è unito al pressing
della Vallemaggia. C’è speranza per un cambiamento bernese della rotta?
«È nei momenti difficili che la solidarietà federale e i valori elvetici
che festeggiamo ogni primo d’agosto devono funzionare. Ci attendiamo quindi da
Berna un sostegno maggiore rispetto a quanto prospettato. Sono in contatto con
il consigliere federale Albert Rösti e all’inizio del nuovo anno è previsto un
incontro con l’autorità federale. Chiediamo una soluzione nell’interesse della
Vallemaggia e quindi del Ticino. Fra i problemi da risolvere, oltre alla
ricostruzione, vi è anche il sostegno al settore primario, penso in particolare
alla garanzia del versamento dei pagamenti diretti. Anche su questo fronte ci
siamo attivati con l’autorità federale».


Ma crede a questo approccio «asfissiante» a suon di lettere ed e-mail?
«Le notizie arrivate da Berna hanno creato comprensibile sconforto nella
popolazione della valle. Questa delusione si è manifestata anche attraverso
scritti che rappresentano un chiaro segnale che quanto prospettato non
soddisfa. Occorre però tenere aperta la porta del dialogo e del confronto
costruttivo. Solo così rimane una possibilità di trovare delle soluzioni che
rispondano alle nostre aspettative».
Poco prima di Natale, dopo tre giorni debordanti di dibattito, il
Parlamento ha detto sì al Preventivo 2025. È soddisfatto del risultato
ottenuto?
«È positivo che il Parlamento abbia approvato il preventivo prima della
fine dell’anno. Questo permette allo Stato di dare continuità alla sua azione
in un periodo complesso e impegnativo per la popolazione. Limitare l’azione
dello Stato, con una gestione provvisoria, avrebbe comportato disagi con
ripercussioni negative anche sulla popolazione e la società».
Solo qualche settimana fa, descrivendo la situazione politica cantonale
ha parlato «dell’illusione della risposta statale a ogni necessità della
società». Come si fa ad invertire questa rotta?
«Rafforzando la consapevolezza che le risorse pubbliche sono limitate e
che la politica ha il compito di identificare delle priorità ed effettuare
delle scelte, nel solco del principio di sussidiarietà e di una gestione
responsabile delle risorse finanziarie che da sempre rappresentano un valore e
una forza del nostro sistema svizzero».
Siamo a pochi metri dal 2025. Quello che ci attende sarà davvero l’anno
«del fare» per la politica?
«Per la politica, in particolare per le istituzioni, “fare” e “agire” è
fondamentale in un periodo storico in cui la democrazia è messa sotto forte
pressione da forme crescenti di autoritarismo. Un Paese per progredire deve
prendere delle decisioni. Dare concretezza all’azione politica, seppur in un
contesto politico frammentato come quello attuale, deve essere un obiettivo
comune per le forze politiche del nostro Cantone, in particolare per quelle che
portano delle responsabilità di governo».


Su quali dossier si concentrerà l’azione politica del Governo?
«Il tema delle finanze cantonali ci accompagnerà ancora nei prossimi
anni e rimarrà al centro del dibattito politico. Accanto al riequilibrio dei
conti, porteremo avanti gli obiettivi contenuti nel piano di legislatura. Si
tratta di rispondere ai rapidi cambiamenti della nostra società che toccano
vari ambiti dell’azione dello Stato. Cambiamenti che interessano ad esempio il
mondo del lavoro, la formazione e il nostro vivere quotidiano. I grandi e
rapidi cambiamenti indotti dalla digitalizzazione della nostra società ci
pongono di fronte a sfide epocali».
Vi si rimprovera di essere eccessivamente amministrativi e poco
innovativi. È una critica che ci sta o la ritiene poco pertinente?
«Si tratta di due dimensioni complementari. Alcuni ambiti richiedono
risposte più tecniche, mentre altri richiedono un approccio più aperto e
innovativo. Il Governo ha finora ricercato un equilibrio nella sua azione.
Alcune decisioni e progetti lanciati in questi anni, ad esempio il Parco
dell’innovazione, l’investimento nelle nuove officine ferroviarie o la politica
delle riversioni delle nostre acque in ambito energetico, marcheranno in
maniera importante il futuro del Ticino».
Nel Governo vede ancora la volontà dei cinque di mettersi in gioco e di
dare vita a un confronto politico per dare vitalità al Ticino e trovare
soluzioni alle quali fino ad oggi nessuno ha magari mai pensato?
«Sì, per il Consiglio di Stato lo sguardo verso il futuro è un elemento
essenziale. A inizio quadriennio ci siamo dotati di due documenti importanti:
il “Programma di legislatura”, che contiene gli obiettivi per il presente
quadriennio, e la “Prospettiva 2040”, che fornisce una visione di medio-lungo
termine. Si tratta di documenti strategici, pensati anche per creare dibattito
e confronto politico e contribuire alla ricerca delle migliori soluzioni per il
nostro Cantone. Una politica lungimirante deve guardare al presente, ma pensare
anche al futuro e saper attuare con determinazione riforme e cambiamenti nelle
politiche pubbliche. Se vogliamo evolvere dobbiamo osare».
Cosa augura al nostro Cantone e alla popolazione ticinese per il 2025?
«Auguro a tutti di vivere intensamente il nuovo anno, in serenità e in
salute, che è uno dei beni più preziosi che abbiamo».