L'intervista

Christian Vitta: «È l'era dei rapidi cambiamenti, per evolvere dobbiamo osare»

La politica di oggi e quella di domani: ne abbiamo discusso a ruota libera con il presidente del Governo
©Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
30.12.2024 06:00

Un anno vissuto velocemente, intensamente e, per certi versi, pure con eventi drammatici. La politica di oggi e quella domani. Ne abbiamo discusso a ruota libera con il presidente del Governo Christian Vitta.

Il suo anno presidenziale è iniziato in aprile, ma partiamo da quello di direttore del DFE, con l’esame dei conti del 2024 rinviato dal Gran Consiglio e entrati nel vivo solo a gennaio inoltrato. Forse sta tutto qui un anno risultato poi in totale rincorsa con eventi prevedibili o meno succedutisi a grande velocità?
«È stato certamente un anno intenso. L’alluvione in Vallemaggia ha colpito il nostro territorio e la nostra popolazione con una violenza inaspettata e ha richiesto un impegno straordinario alle istituzioni sia nella prima fase dell’emergenza sia per la fase di ricostruzione in corso. Per quanto riguarda il Governo, lo slittamento del preventivo a febbraio ha comportato alcune difficoltà legate a una gestione in regime provvisorio. Nel 2024 sono stati anche raggiunti degli importanti obiettivi, ad esempio l’approvazione della riforma fiscale e delle misure di compensazione per gli affiliati all’Istituto di previdenza del Ticino. Entrambe sostenute dalla popolazione».

Come si spiega gli umori che hanno spinto la politica a cancellare diversi sacrifici contenuti nei conti 2024 e il sì agli sgravi fiscali decretato in giugno dal popolo?
«Per quanto riguarda il preventivo, sappiamo che richiedere sacrifici, anche se nell’interesse generale del Paese, è difficilmente vista come una decisione che crea consenso nel corto termine. Per contro, l’approvazione della riforma fiscale, ha testimoniato la necessità di un aggiornamento del quadro fiscale del nostro Cantone in un’ottica anche di confronto intercantonale. Va ricordato che gli interventi fiscali sono stati finanziati dal ritorno del coefficiente d’imposta cantonale al 100%.

Possiamo dire che stiamo vivendo una stagione contraddistinta dall’esasperata schizofrenia che non sa produrre soluzioni tangibili e utili alla causa comune?
«L’accresciuta frammentazione politica contribuisce a rendere ancor più difficile costruire delle maggioranze e, di riflesso, il consenso. Ad esempio, con l’ultimo preventivo abbiamo visto la presentazione di oltre 70 emendamenti. Questa situazione rende più complesso sviluppare soluzioni equilibrate che riescano ad imporsi permettendo al nostro Cantone di avanzare».

È importante che anche la politica persegua l’obiettivo di far ritrovare alla magistratura la necessaria serenità e tranquillità

Poco prima di Natale è poi giunta una decisione grave, la destituzione di due giudici del tribunale penale cantonale. È sempre difficile esprimersi senza conoscere tutti gli atti. Ma a livello politico qual è il suo auspicio?
«Le procedure sono ancora in corso ed è importante attendere che le stesse si concludano. La situazione che si è creata ha generato un danno d’immagine alla giustizia. In questa delicata fase è dunque importante che anche la politica persegua l’obiettivo di far ritrovare alla magistratura la necessaria serenità e tranquillità perché rappresenta un settore importante e delicato della nostra società».

Veniamo alla tragedia di questa estate, in particolare quella notte d’orrore in Vallemaggia. Ci vuole raccontare le prime ore dal nubifragio?
«Fui avvisato di quanto stava accadendo dal comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi la domenica mattina verso le 5.15. Già dalle prime informazioni era chiaro che la situazione era tragica e di portata straordinaria, con la possibile presenza di vittime e di dispersi. Il comandante mi comunicò che si stava procedendo con l’istituzione di uno Stato maggiore regionale di condotta, ciò che ha permesso di agire tempestivamente nelle prime fasi dell’emergenza, mettendo in sicurezza le persone. Durante la giornata organizzammo un momento di informazione alla presenza delle autorità comunali, cantonali e del Consigliere federale Ignazio Cassis. Tutto a distanza di una settimana dai tragici eventi che toccarono anche la Mesolcina. Per la Svizzera italiana fu un momento carico di tanta emozione e tristezza».

E quando è stato sul posto la prima volta, quali le sensazioni provate?
«Durante l’incontro di domenica 30 giugno con i media fu chiaro a tutti la gravità della situazione. Le prime immagini di una regione devastata e ferita dal terribile nubifragio sono ancora vivide nella mia memoria. Il 1. luglio siamo stati nelle zone colpite dal maltempo in presenza anche della presidente della Confederazione Viola Amherd. In agosto, la tradizionale Giornata del presidente del Consiglio di Stato è stata organizzata in Vallemaggia. Un’occasione per visitare le zone colpite ed esprimere la nostra vicinanza alla popolazione e all’intera regione. I ricordi corrono anche al 1. d’agosto, momento d’incontro con la popolazione carico di tanta emozione».

Morte, distruzione e, notizia delle ultime settimane, Berna non coprirà i danni alle strutture secondo le attese. Il Cantone si è unito al pressing della Vallemaggia. C’è speranza per un cambiamento bernese della rotta?
«È nei momenti difficili che la solidarietà federale e i valori elvetici che festeggiamo ogni primo d’agosto devono funzionare. Ci attendiamo quindi da Berna un sostegno maggiore rispetto a quanto prospettato. Sono in contatto con il consigliere federale Albert Rösti e all’inizio del nuovo anno è previsto un incontro con l’autorità federale. Chiediamo una soluzione nell’interesse della Vallemaggia e quindi del Ticino. Fra i problemi da risolvere, oltre alla ricostruzione, vi è anche il sostegno al settore primario, penso in particolare alla garanzia del versamento dei pagamenti diretti. Anche su questo fronte ci siamo attivati con l’autorità federale».

Vallemaggia? È nei momenti difficili che la solidarietà federale e i valori elvetici che festeggiamo ogni primo d’agosto devono funzionare. Ci attendiamo quindi da Berna un sostegno maggiore rispetto a quanto prospettato

Ma crede a questo approccio «asfissiante» a suon di lettere ed e-mail?
«Le notizie arrivate da Berna hanno creato comprensibile sconforto nella popolazione della valle. Questa delusione si è manifestata anche attraverso scritti che rappresentano un chiaro segnale che quanto prospettato non soddisfa. Occorre però tenere aperta la porta del dialogo e del confronto costruttivo. Solo così rimane una possibilità di trovare delle soluzioni che rispondano alle nostre aspettative».

Poco prima di Natale, dopo tre giorni debordanti di dibattito, il Parlamento ha detto sì al Preventivo 2025. È soddisfatto del risultato ottenuto?
«È positivo che il Parlamento abbia approvato il preventivo prima della fine dell’anno. Questo permette allo Stato di dare continuità alla sua azione in un periodo complesso e impegnativo per la popolazione. Limitare l’azione dello Stato, con una gestione provvisoria, avrebbe comportato disagi con ripercussioni negative anche sulla popolazione e la società».

Solo qualche settimana fa, descrivendo la situazione politica cantonale ha parlato «dell’illusione della risposta statale a ogni necessità della società». Come si fa ad invertire questa rotta?
«Rafforzando la consapevolezza che le risorse pubbliche sono limitate e che la politica ha il compito di identificare delle priorità ed effettuare delle scelte, nel solco del principio di sussidiarietà e di una gestione responsabile delle risorse finanziarie che da sempre rappresentano un valore e una forza del nostro sistema svizzero».

Siamo a pochi metri dal 2025. Quello che ci attende sarà davvero l’anno «del fare» per la politica?
«Per la politica, in particolare per le istituzioni, “fare” e “agire” è fondamentale in un periodo storico in cui la democrazia è messa sotto forte pressione da forme crescenti di autoritarismo. Un Paese per progredire deve prendere delle decisioni. Dare concretezza all’azione politica, seppur in un contesto politico frammentato come quello attuale, deve essere un obiettivo comune per le forze politiche del nostro Cantone, in particolare per quelle che portano delle responsabilità di governo».

"Programma di legislatura" e "Prospettiva 2040": documenti strategici, pensati anche per creare dibattito e confronto politico e contribuire alla ricerca delle migliori soluzioni per il nostro Cantone

Su quali dossier si concentrerà l’azione politica del Governo?
«Il tema delle finanze cantonali ci accompagnerà ancora nei prossimi anni e rimarrà al centro del dibattito politico. Accanto al riequilibrio dei conti, porteremo avanti gli obiettivi contenuti nel piano di legislatura. Si tratta di rispondere ai rapidi cambiamenti della nostra società che toccano vari ambiti dell’azione dello Stato. Cambiamenti che interessano ad esempio il mondo del lavoro, la formazione e il nostro vivere quotidiano. I grandi e rapidi cambiamenti indotti dalla digitalizzazione della nostra società ci pongono di fronte a sfide epocali».

Vi si rimprovera di essere eccessivamente amministrativi e poco innovativi. È una critica che ci sta o la ritiene poco pertinente?
«Si tratta di due dimensioni complementari. Alcuni ambiti richiedono risposte più tecniche, mentre altri richiedono un approccio più aperto e innovativo. Il Governo ha finora ricercato un equilibrio nella sua azione. Alcune decisioni e progetti lanciati in questi anni, ad esempio il Parco dell’innovazione, l’investimento nelle nuove officine ferroviarie o la politica delle riversioni delle nostre acque in ambito energetico, marcheranno in maniera importante il futuro del Ticino».

Nel Governo vede ancora la volontà dei cinque di mettersi in gioco e di dare vita a un confronto politico per dare vitalità al Ticino e trovare soluzioni alle quali fino ad oggi nessuno ha magari mai pensato?
«Sì, per il Consiglio di Stato lo sguardo verso il futuro è un elemento essenziale. A inizio quadriennio ci siamo dotati di due documenti importanti: il “Programma di legislatura”, che contiene gli obiettivi per il presente quadriennio, e la “Prospettiva 2040”, che fornisce una visione di medio-lungo termine. Si tratta di documenti strategici, pensati anche per creare dibattito e confronto politico e contribuire alla ricerca delle migliori soluzioni per il nostro Cantone. Una politica lungimirante deve guardare al presente, ma pensare anche al futuro e saper attuare con determinazione riforme e cambiamenti nelle politiche pubbliche. Se vogliamo evolvere dobbiamo osare».

Cosa augura al nostro Cantone e alla popolazione ticinese per il 2025?
«Auguro a tutti di vivere intensamente il nuovo anno, in serenità e in salute, che è uno dei beni più preziosi che abbiamo».