Confine

Claudio Zali: «Accordo fiscale? Difficilmente sarà un deterrente»

Superato lo scoglio commissionale, l’intesa fra Italia e Svizzera attende il via libera di Senato e Camera – Il testo entrerà in vigore nel 2024 – Alessandro Alfieri: «Un grande risultato, a breve l’approvazione definitiva» – Claudio Zali: «Con l’Italia, lo sappiamo, è sempre meglio essere un pochino scaramantici»
© CdT/Gabriele Putzu
Martina Salvini
19.01.2023 18:00

Nuovo, atteso passo avanti per l’accordo fiscale sui frontalieri che ha superato l’ostacolo commissionale e si prepara ora ad affrontare il voto in Senato. «Finalmente, dopo due anni di lavoro – ha annunciato il senatore del Partito democratico Alessandro Alfieri – al Senato in Commissione congiunta Esteri e Finanze abbiamo dato via libera al testo di ratifica dell’accordo fiscale Italia-Svizzera. A breve l’approvazione in aula». Un’approvazione che, dopo il via libera commissionale, dovrebbe essere una formalità. «È un grande risultato – prosegue Alfieri – che ci rende estremamente soddisfatti. Il testo approvato è frutto di un lungo percorso di ascolto, confronto e concertazione con le forze sociali e le comunità dei comuni di confine per cui mi sono speso in prima persona». L’intesa, a questo punto, dovrebbe approdare nel giro di qualche settimana in Senato e successivamente, dopo ulteriori lavori commissionali, alla Camera, per poi entrare in vigore dal 1. gennaio del 2024.

«Speriamo in un punto fermo»

Lo scongelamento del dossier, intanto, è stato accolto con una certa soddisfazione anche al di qua del confine. «Con l’Italia, lo sappiamo, è sempre meglio essere un pochino scaramantici», premette il presidente del Governo ticinese Claudio Zali. «La partita non è finita finché non è finita, ma auspico che presto si possa mettere un punto fermo al lungo iter di approvazione del nuovo accordo fiscale». Un’intesa – dice Zali – «dai contenuti non particolarmente sconvolgenti e che, ricordiamo, interesserà solo i cosiddetti nuovi frontalieri, ed esplicherà i suoi effetti sono tra qualche anno. Quantomeno, però, siamo riusciti a sbloccare una situazione ferma da tempo immemorabile, aggiornando un accordo – datato 1974 – che non era più adeguato alle circostanze attuale».

Cosa prevede?

Il nuovo testo, tra le altre cose, prevede: la fine del versamento dei ristorni a partire dal 2033 e un aumento del carico fiscale per i nuovi lavoratori frontalieri; chi verrà assunto dopo l’entrata in vigore dell’accordo, quindi, si vedrà trattenere in Svizzera l’80% (mentre oggi è il 60%) dell’imposta ordinaria alla fonte e sarà tassato anche in Italia. Per i frontalieri assunti fra il 31 dicembre 2018 e l’entrata in vigore dell’accordo, invece, non cambierà nulla. L’accordo, che dovrebbe sostituire quello in vigore ormai da quasi 50 anni, era stato siglato a Roma il 23 dicembre del 2020 dal viceministro italiano Antonio Misiani e dalla segretaria di Stato svizzera per le questioni finanziarie Daniela Stoffel. Dopo la firma da parte dei negoziatori dei due Paesi, l’intesa è poi stata approvata sia dal Consiglio degli Stati (nel dicembre 2021) sia dal Consiglio nazionale (nel marzo 2022). All’appello, dunque, manca solo l’approvazione del Parlamento italiano. Un via libera che, teoricamente, sarebbe dovuto avvenire entro la fine del 2022, in modo da permettere l’entrata in vigore del testo dal gennaio di quest’anno. Invece, la caduta del Governo guidato da Mario Draghi, le successive elezioni e i tempi tecnici necessari per la formazione del nuovo Esecutivo hanno fatto sì che l’approvazione slittasse. Ora, l’iter è ripartito e, stando ai politici italiani, dovrebbe giungere a conclusione in tempi rapidi.

I possibili effetti

Tra le novità principali, come detto, il carico fiscale per i cosiddetti nuovi frontalieri. «Questo – osserva ancora il presidente del Consiglio di Stato Zali – potrebbe rendere meno attrattivo il viaggio in Svizzera, anche se il divario salariale, amplificato peraltro dalla parità franco-euro, tra Ticino e Lombardia è tale che fatico a pensare che la nuova intesa possa essere un deterrente». Per alcuni settori, ricorda inoltre Zali, «dipendiamo dall’afflusso di manodopera estera. Il problema è semmai evitare il dumping salariale, ma qui serve anche la responsabilità dei datori di lavoro ticinesi, che determinano i livelli salariali». Il testo approvato in Commissione, dice da parte sua il sindacalista dell’OCST Andrea Puglia, «contiene le rivendicazioni portate avanti dai sindacati: la franchigia fissata a 10 mila euro per i nuovi frontalieri, la deducibilità dei contributi pagati in Svizzera, compresi quelli per il prepensionamento, e la deducibilità degli assegni familiari svizzeri. Tre condizioni che vanno a mitigare l’impatto dell’intesa sui nuovi frontalieri». In questo modo, sostiene Puglia, «la Svizzera potrà comunque continuare a essere attrattiva, ma senza quei fenomeni di dumping a cui assistiamo oggi».

Correlati