«Come ambasciatore non posso sbilanciarmi, ma amo il Ticino»

Un’Ambasciata pop-up. Ovvero, temporanea. Per offrire i propri servizi ai connazionali e, allo stesso tempo, presentarsi a un determinato angolo del Paese ospitante. Eccolo, il concetto dietro all’iniziativa dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Berna, che da martedì a giovedì prossimi si trasferirà parzialmente in Ticino. «Io e il mio team – spiega al Corriere del Ticino l’ambasciatore Scott C. Miller – non vediamo l’ora di fare visita al vostro cantone». È l’inizio di una bella chiacchierata.
Signor ambasciatore, eravamo abituati ai cosiddetti negozi pop-up dei marchi di moda ma mai avevamo visto un’Ambasciata temporanea lontano dalla sua sede abituale. Quali sono gli obiettivi e quali servizi offrirete ai cittadini americani in Ticino?
«È una domanda interessante. L’idea venne a un mio collega. Il quale sosteneva come l’Ambasciata non solo dovesse connettersi con i cittadini americani ma anche con i cittadini del Paese ospitante. Il tutto senza che queste persone dovessero venire a Berna. Se pensiamo al concetto di un negozio pop-up, destinato a un mercato fino a quel momento non servito, l’idea è più o meno la stessa. Offrire i nostri servizi in un posto differente. E poi, beh, siccome il Ticino dista quattro ore di treno da Berna non abbiamo modo di vedere così spesso i nostri amici a sud delle Alpi. Non quanto vorremmo».
Sappiamo che questa modalità è stata apprezzata in Liechtenstein.
«Sì, l’altro Paese di mia responsabilità come ambasciatore. Ma abbiamo organizzato un evento simile pure a Basilea. E direi che è arrivato il momento di venire in Ticino. Sono contento di portare con me 26 membri dell’Ambasciata. L’obiettivo è far sì che si creino e rafforzino i legami diplomatici e culturali fra gli Stati Uniti e il cantone. Nonché fra gli Stati Uniti e chi vive in Ticino. Vogliamo portare i nostri servizi più vicino alla comunità».
Concretamente, che servizi offrirete?
«Ai cittadini americani offriremo i classici servizi consolari, come il rinnovo del passaporto, ma anche informazioni su come registrarsi per votare alle presidenziali 2024. Non solo, incontreremo i rappresentanti di varie istituzioni, fra cui la Franklin University e Virginia Tech, che vanta una presenza in Ticino. Incontreremo altresì gli imprenditori. Sia i rappresentanti di aziende americane in Ticino sia, viceversa, i rappresentanti di aziende ticinesi che vendono i loro prodotti negli Stati Uniti. Avremo un programma davvero intenso».


A livello personale, invece, che cosa si aspetta?
«Per me e per il mio team si tratterà di un’opportunità. Non capita tutti i giorni, come sede diplomatica, di poter vedere un Paese nella sua interezza. E diciamocelo: se non sei mai stato in Ticino, non puoi dire di essere stato in Svizzera».
Per un ticinese, in effetti, non c’è niente di meglio del Ticino…
«Come diplomatico non posso dirlo, ma posso dire di essere stato in Ticino già diverse volte. Uno dei miei ristoranti preferiti si trova proprio nel vostro cantone».
Prima accennava alle informazioni che darete ai vostri concittadini su come registrarsi per votare alle presidenziali. Un aspetto, questo, che sorprende e non poco noi europei.
«Gli Stati Uniti sono simili alla Svizzera: abbiamo leggi diverse a seconda dello Stato. Proprio come voi avete leggi differenti per ogni cantone. La cosiddetta voter registration negli Stati Uniti cambia da Stato a Stato. Di conseguenza, il nostro obiettivo in quanto Ambasciata è offrire ai nostri concittadini un’informazione corretta in merito. Ho la fortuna di avere un team consolare davvero brillante, in grado di aiutare gli americani in Svizzera a orientarsi in vista delle presidenziali. Ovviamente, non facciamo il tifo per un candidato specifico. Il nostro lavoro è facilitare il processo democratico, un valore che condividiamo con la Svizzera. Fare in modo, cioè, che le persone possano esprimersi attraverso il voto».


Il Liechtenstein, Basilea, ora il Ticino. La vostra sembra una strategia ad ampio respiro. È così?
«Sì. Come dicevo, l’obiettivo è far sì che le nostre iniziative pop-up impegnino la comunità americana in Svizzera ma, allo stesso tempo, consentano a me e al mio team di raggiungere i cittadini elvetici che vivono in questo Paese magnifico. E sì, sono eccitato all’idea di tornare in Ticino. Ho visto e visitato tutti e 26 i cantoni che formano la Confederazione. Credo che il vostro sia uno dei cantoni più difficili da raggiungere da Berna. Mi riferisco al tempo che serve dedicare alla regione affinché quest’ultima avverta, finalmente, il nostro impegno. In termini generali, il concetto di Ambasciata pop-up è un modo per far uscire me e i miei collaboratori da Berna. È un modo per portare i nostri servizi alla popolazione americana nei vari angoli del Paese e, appunto, per far conoscere gli Stati Uniti ai cittadini svizzeri».
Crede che questo modello sia replicabile, per gli Stati Uniti, in altri Paesi?
«Fra gli aspetti più belli del mio lavoro c’è proprio la possibilità di definire la mia ambassadorship. Cioè, definire come vuoi essere visto e percepito all’esterno. Nel mio caso, ho deciso di puntare sul far vedere il Paese al mio team. Detto ciò, ogni nazione in cui abbiamo una rappresentanza ha sfumature diverse in termini di sicurezza e facilità di movimento. Mi auguro che il mio approccio possa essere un modello altrove. Anche perché credo che tutti siano d’accordo nell’affermare che i benefici sono maggiori se le persone possono incontrarsi e parlare».
Se la sente, in conclusione, di dire ai nostri lettori qual è il ristorante ticinese cui è particolarmente legato?
«Il Tabla, a Montagnola. Scoprii questo posto durante, credo, la mia seconda visita in Ticino. Ed ebbi la possibilità di conoscere i proprietari, con cui nel frattempo siamo diventati amici. Entrambi, in passato, avevano lavorato negli Stati Uniti. Direi che, insomma, oltre al mio amore per la cucina indiana e asiatica in generale c’è di più. E poi hanno un bellissimo pastore bernese, Jackson. Ne avevo anche io due, ma purtroppo sono deceduti. Mi consolo accarezzando e coccolando lui, quando sono in Ticino».
Detto del cibo, che cosa non vede l’ora di fare in Ticino?
«Io e tutto il team dell’Ambasciata non vediamo l’ora di essere da voi, settimana prossima, e confidiamo di poter incontrare un sacco di persone. Sarà bello, per me, ritornare in un museo cui sono molto legato, il MASI, per vedere l’incredibile mostra dedicata ad Alexander Calder».
