Commerci, radiografia di una crisi

C’è chi lo definisce «un inizio d’anno negativo» e chi invece parla di «una partenza rallentata». Addirittura, qualcuno si spinge oltre, bollando la situazione dei commerci in Ticino come «una vera e propria tragedia». Insomma, i negozi soffrono, specialmente quelli più piccoli. «Il momento è certamente negativo», commenta in proposito Rupen Nacaroglu, presidente della Società commercianti di Lugano. «Forse il più negativo degli ultimi anni». A pesare come un macigno, oltre a una situazione congiunturale già ben poco favorevole, è stata anche la Pasqua. Una Pasqua arrivata prematuramente e per di più accompagnata dal maltempo. «Le speranze di un arrivo in massa di turisti sono state purtroppo disattese». Ha pesato molto il meteo, dice Nacaroglu, ma anche le bordate della stampa confederata che invitava a non scendere in Ticino. «Oltretutto, dobbiamo fare i conti con le lungaggini per i lavori di riparazione al tunnel ferroviario di base del San Gottardo. Ritardi che stanno danneggiando molto il nostro cantone. Soprattutto Lugano, una delle stazioni principali e più semplici da raggiungere per romandi e svizzerotedeschi». Proprio a Lugano, dice Nacaroglu, il commercio non può prescindere dal turismo. «Siamo prima di tutto una meta turistica e il comparto funge da traino al piccolo commercio. Così, quando i visitatori mancano, le ripercussioni si fanno sentire anche sui negozi». Di qui, la proposta. «Per ripartire dovremmo puntare in maniera ancora più energica sul turismo, coinvolgendo tutti gli attori per il raggiungimento di questo obiettivo». Per ravvivare il centro cittadino, inoltre, bisognerebbe anche renderlo facilmente raggiungibile. «Ma qui ci scontriamo con i problemi di traffico della città, che scoraggia gli avventori». D’altra parte, a Lugano siamo molto contenti del circuito My Lugano che sta guadagnando popolarità sia tra i commercianti sia tra la popolazione».
Bellezza e qualità
Ma non è tutto, perché secondo il presidente della Società commercianti di Lugano bisognerebbe lavorare maggiormente sulla bellezza e sulla qualità del centro cittadino. «In questo momento, invece, il centro non è esattamente all’apice del suo splendore, e questo a causa dei molti cantieri. In altre città, ad esempio, i cantieri sono spesso recintati con pannelli informativi, così che la popolazione possa essere meglio informata sui progetti in corso. Non fraintendetemi: i cantieri sono necessari e ben accetti poiché rappresentano lo sviluppo e la trasformazione urbana. Tuttavia, è fondamentale ridurre il loro impatto, sia in termini di durata sia dal punto di vista estetico». I cantieri e gli spazi vuoti sono un problema evidenziato anche da Giovanni Caroni, presidente della Società dei commercianti, industriali e artigiani del Locarnese. «Dalla stazione di Muralto fino a Piazza Grande sembra una terra desolata. Un contesto davvero deprimente, oltre che un pessimo biglietto da visita per i turisti». Già, perché come per Lugano, anche a Locarno il commercio va a braccetto con il turismo. «Per questo è necessario ripristinare al più presto il decoro del centro», commenta Caroni. A Locarno, racconta, «ha già chiuso tutto quello che poteva chiudere e la Globus ha rappresentato la mazzata finale per la città». I commercianti, dice, fanno quello che possono: «Da quanto osservo, c’è l’impegno a rinnovarsi, a stare al passo con i tempi e a proporre merce di qualità. Ma non sempre questi sforzi vengono premiati dagli acquirenti». Anche perché, tanto i ticinesi quanto i turisti devono fare i conti con un potere d’acquisto minore. «L’obiettivo, quindi, dovrebbe essere quello di attirare una clientela di qualità, una clientela che magari possa approfittare del periodo di vacanza per fare compere». Per farlo, prosegue, occorre lavorare sull’offerta degli eventi, arricchendola ulteriormente.


Identità e prossimità
A resistere, dice Caroni, sono i negozietti che hanno prodotti tipici, che hanno un’identità. «Invece, sempre più spesso vediamo aprire solo marchi in franchising». Un elemento, questo, rilevato anche nel Sottoceneri, in particolare a Chiasso. «Spesso ci si lamenta di vedere corso San Gottardo deserto, ma ormai i commerci storici sono stati soppiantati da punti vendita in franchising. Negozi che, oltretutto, soffrono la forte concorrenza con l’Italia», conferma Davide Rampoldi, presidente della Società dei commercianti del Mendrisiotto. È proprio qui, del resto, che il turismo della spesa si fa più sentire. «Anche i nostri vicini di casa hanno dovuto fare i conti con un aumento dei prezzi, anzi, per loro l’inflazione è ben più alta. Ma è chiaro che partendo da un prezzo di base differente, i costi finali della merce rimangono comunque più convenienti in Italia». La strategia, dunque, dovrebbe essere quella di differenziarsi. «Assistiamo a un appiattimento dei punti vendita. Il commerciante storico sta scomparendo, mentre si stanno facendo largo le catene. A Mendrisio, invece, resistono alcuni negozi di paese, soprattutto di gastronomia, che possono contare su una clientela affezionata». E questo nonostante i prezzi siano più alti che oltreconfine. «A fare la differenza -sostiene - è il rapporto che si è creato negli anni con il commerciante». Proprio qui, secondo Rampoldi, sta il nocciolo della questione. «Lo Stato e le associazioni di categoria possono dare una mano, ma al fronte c’è il commerciante, che deve fare tutto il possibile per coccolare il cliente». E poi c’è l’esigenza di fare rete, di stare uniti, specialmente in un contesto complicato. «Per far sì che ci si possa aiutare a vicenda, sfruttando le eccellenze di tutti, stiamo mettendo a punto una serie di proposte». Una, ad esempio, verte sul personale: «L’idea sarebbe di riuscire a condividere il personale, in modo da scambiarsi gli addetti tra un commercio e l’altro, ottimizzando le risorse».
Chi chiude e chi apre
La necessità di fare rete è ribadita anche da Caroni per quanto riguarda Locarno. «Bisogna essere più coordinati, anche per le aperture domenicali». In questo senso, «spesso la grande distribuzione viene dipinta come il male estremo, ma non è vero. Anzi, se i grandi commerci aprono, i piccoli la seguono a ruota. Un negozietto, infatti, da solo non ha la forza necessaria per attirare molte persone. Per questo bisognerebbe sfruttare di più queste occasioni». Una tesi condivisa anche da Nacaroglu: «Aspettarsi che da un giorno all’altro vi siano aperture generalizzate dei piccoli commerci è irrealistico. Si tratta invece di un percorso lungo e graduale, però è chiaro che nelle domeniche in cui è aperta la grande distribuzione anche i piccoli si sentono più motivati a lavorare». Detto ciò, secondo Nacaroglu non ci sono solo notizie negative, almeno per Lugano. «Per tanti negozianti che chiudono, ce ne sono altrettanti che hanno deciso di avviare nuove attività». E questo, dice, testimonia un ricambio «sano», oltre che una speranza per tutto il ramo economico. «Ci sono nuove generazioni che si affacciano sulla piazza luganese e nuove tipologie di attività, e questo non può che essere positivo». Insomma, conclude Nacaroglu, «malgrado le difficoltà del momento, il settore rimane vivo».