Luganese

Comuni della collina uniti per non rimanere senz'acqua

Sul tavolo di nove enti locali il progetto cantonale che mira a mettere in rete gli acquedotti per garantire l’approvvigionamento idrico in caso di problemi – Permetterà di scambiare l’acqua da Lugano fino alla Val Colla
Collegare le infrastrutture comunali a livello regionale. © CdT/Chiara Zocchetti
Valentina Coda
14.09.2024 06:00

È un progetto che parte da lontano e che andrà a fronteggiare alcune problematiche che in altre regioni, come ad esempio il Mendrisiotto, hanno causato non pochi disagi e grattacapi. Stiamo parlando di mettere in rete gli acquedotti della Collina Nord per distribuire meglio l’acqua potabile oppure per evitare, in futuro, di trovarsi senza per le cause più disparate, che vanno dalla siccità agli inquinamenti oppure, banalmente, a lavori di manutenzione e rotture improvvise di qualche tubazione.

Chi è coinvolto

Lo studio – o meglio, la visione a lungo termine – che i Comuni di Porza, Comano, Canobbio, Savosa, Cureglia, Origlio, Capriasca, Ponte Capriasca, nonché Lugano per quanto riguarda la Val Colla, stanno valutando è il concetto di integrazione delle reti idriche con orizzonte 2050. Tradotto terre-à-terre: collegare le infrastrutture comunali a livello regionale e individuare delle fonti di alimentazione alternative o complementari a quelle attuali, in modo tale che se una di queste fonti dovesse avere dei problemi, entrerebbe in gioco l’altra per garantire l’approvvigionamento idrico. L’iniziativa è stata voluta dal Cantone, che ne gestirà anche il coordinamento, nell’ottica di aggiornare i vari Piani cantonali di approvvigionamento idrico (PCAI). In questo disegno sono coinvolte anche le Aziende industriali di Lugano (AIL) in qualità di fornitori all’ingrosso della maggior parte dei Comuni toccati dallo studio. Abbiamo fatto una chiacchierata con il capo dell’Area Gestione Reti, nonché vicedirettore delle AIL, Michele Broggini, e con il gestore della rete idrica, sempre delle AIL, Andrea Canali.

Sinergia idrica

Breve inciso, forse tecnico, ma necessario. Lo studio, che è attualmente in consultazione sul tavolo dei Comuni, si compone di tante opere che andranno a confluire nei PCAI del Luganese, della Capriasca, del Basso Vedeggio e della Val Colla: godranno di un sussidio cantonale e verranno man mano sviluppate negli anni. Il Governo avrà sì il compito di pianificare e coordinare, ma tante opere verranno realizzate a livello locale. Tasto dolente sarà la ripartizione dei costi tra i vari Comuni (ci torneremo più avanti). Fine dell’inciso. Dicevamo, le Aziende industriali di Lugano non sono di certo sprovviste di esperienza per quanto concerne la messa in rete delle infrastrutture. D’altronde, eseguono questa operazione dal 2004, ovvero da quando sono iniziate le aggregazioni che hanno poi portato alla nuova Lugano. E anche in questo caso, il ragionamento alla base non è più circoscritto a livello comunale, bensì regionale. Esempio pratico: perché ogni singolo Comune dovrebbe costruirsi il proprio serbatoio quando se ne potrebbe ideare uno collettivo? Risultato (sperato): un’aggregazione idrica con investimenti mirati al fine di garantire nel lungo termine la sicurezza nell’approvvigionamento. Partendo dal presupposto che buona parte dei comuni della Collina Nord vengono già riforniti di acqua potabile da Lugano, lo studio in questione «analizza la situazione a livello locale allo scopo di mettere a norma, o allo stato dell’arte, tutto il sistema di approvvigionamento idrico a livello regionale. In buona sostanza prevede di mettere in rete gli acquedotti di questi Comuni, quindi di costruire delle tubazioni oppure delle stazioni di pompaggio, per collegare queste infrastrutture a livello regionale. Creando dei collegamenti, l’acqua potrà essere distribuita meglio tra i vari territori», ci spiegano Broggini e Canali.

Chi paga cosa?

Lo studio, anche se appare superfluo rimarcarlo, è lungimirante e le opere che verranno eseguite sono calibrate fino a circa il 2050. L’arco di realizzazione pianificato si aggira sul ventennio per le prime due tappe, ovvero quelle necessarie al funzionamento di tutto il sistema. «Questo studio – proseguono i nostri interlocutori – identifica le opere da eseguire, quelle a valore regionale e quantifica l’ordine di grandezza degli investimenti». I costi, appunto. Sui contenuti dello studio sono tutti d’accordo, piuttosto è la chiave di riparto ad essere un punto di discussione. Chi paga cosa, per quale beneficio e per quale fetta di investimenti. Ma in questo caso, come si bilancia la chiave di riparto? «Il promotore dello studio formula delle proposte che, di regola, si basano sul numero di abitanti, sul loro fabbisogno, ma anche sulle infrastrutture di valenza regionale che vengono messe a disposizione dei Comuni e, dunque, sul beneficio netto che ne traggono. Ad esempio, Capriasca ha delle fonti proprie, un pozzo e delle sorgenti, mentre altri Comuni non hanno delle fonti di produzione proprie». I Comuni, quindi, sono chiamati a portare le loro osservazioni sullo studio, poi il Cantone proporrà loro come organizzarsi sulla base di diversi scenari, come ad esempio creare un consorzio o un ente oppure assegnare a terzi la realizzazione delle opere. «La forma del consorzio potrebbe essere una delle diverse forme percorribili – chiosano Broggini e Canali –. È vero che se ci si mette d’accordo prima, una volta che si è istituito un consorzio si procede più velocemente nella realizzazione e la gestione potrebbe essere più semplice, ma bisogna comunque prima mettersi d’accordo sulle quote con cui ogni Comune partecipa in questo ipotetico consorzio».

«Abbracciare il Luganese»

In definitiva, come vede il Cantone questo progetto? «È un approccio che presenta grandi vantaggi per tutti i Comuni, tra cui l’ottimizzazione energetica per gli interscambi idrici e una migliore resilienza grazie alla ridondanza delle fonti di approvvigionamento e dei punti di interscambio – ci fa sapere Mauro Veronesi, capo dell’Ufficio della protezione delle acque e dell’approvvigionamento idrico del DT –. Questo processo è perseguito anche su una scala più ampia con la creazione di un grande anello idraulico che avvolge tutto il Luganese e che permetterà di scambiare l’acqua da Lugano alla piana del Vedeggio, fino alla Valcolla, a seconda delle necessità. Il progetto Collina Nord è stato finanziato dai 9 Comuni coinvolti per la parte riguardante il rilevamento dello stato attuale, e dal Cantone per la parte di pianificazione delle misure di sviluppo, che sono state modellate idraulicamente e verificate in diversi scenari: funzionamento normale, situazioni di stress come picchi di consumo o incendi e guasti a impianti principali».

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