Processo

Con 15 chili di coca nascosti nel paraurti

Condannato a 9 anni un giovane ucraino che ha fatto la spola dall'Italia al nord Europa trasportando la sostanza al soldo di una organizzazione criminale – Per la Corte "aveva un lavoro, una famiglia, un tetto sulla testa, e si riduce così?"
© CdT/Chiara Zocchetti
Valentina Coda
30.10.2024 19:30

È partito da Rimini alla volta del Lussemburgo. Lì, ha preso in consegna della droga per poi fare ritorno in Italia, per la precisione a Bologna, dove avrebbe dovuto ricevere da ignoti un compenso economico. Il suo viaggio è stato interrotto lo scorso 27 gennaio dalle guardie di confine, che durante un normale controllo al valico di Gaggiolo hanno rinvenuto oltre 15 chili di cocaina celati nel paraurti posteriore della sua auto. Da quel momento, si sono aperte le porte del carcere per un 25.enne cittadino ucraino residente in Italia. E anche le porte dell’aula di tribunale, dove è stato condannato dalla Corte delle assise criminali – che ha sposato in toto la richiesta di pena proposta dalla pubblica accusa – a 9 anni di detenzione per infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti. In aggiunta, non potrà mettere piede in Svizzera per 15 anni.

«Non è un novellino»

Il dibattimento si è concentrato principalmente sul numero di viaggi che l’imputato (reo confesso per un solo trasporto) ha fatto tra l’Italia e il nord Europa (Belgio, Francia e Lussemburgo), quindi attraverso la Svizzera, per trasportare cocaina al soldo di un gruppo criminale vezzo al traffico internazionale di stupefacenti. Sull’atto d’accusa ne figurano infatti «almeno 7». Un dato, a mente della procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, supportato da diversi elementi: dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza, che l’hanno immortalato varcare i confini elvetici in più occasioni e dalle viti del paraurti posteriore «gravemente usurate», che testimonierebbero il frequente smontare e rimontare il componente dell’auto. Elementi, questi, a cui si aggiunge che «nessun criminale affiderebbe a un 'novellino', come si dipinge l’imputato, oltre 15 chili di cocaina da trasportare in solitaria attraverso diverse nazioni», ha osservato la pp. E ancora: «Perché mai dei perfetti sconosciuti avrebbero dovuto prestargli una simile cifra?». Il riferimento della pubblica accusa è al debito di 30 mila euro che l’imputato aveva con alcuni membri di questa organizzazione. Denaro che gli serviva per «non chiudere l’attività che stavo avviando» e che avrebbe dovuto restituire nel giro di un anno. Per il difensore del giovane, l’avvocato Samuel Maffi (che aveva chiesto una pena non superiore ai 6 anni e 10 mesi), gli altri viaggi «non erano legati alla cocaina, ma destinati a trasportare il contante derivante dal prestito con l’obiettivo di vederlo azzerato. Ha agito come un mero corriere; gli è stata fatta un’offerta e la sua colpa è stata quella di averla accettata, ma ha fatto un solo viaggio ai fini del trasporto di cocaina, non sette». Nel motivare la sentenza, il presidente della Corte, il giudice Siro Quadri, ha precisato che sugli altri trasporti «non c'è traccia di eventuali quantitativi, quindi non si può pronunciare una condanna sui viaggi indefiniti. Ma questo aspetto è utile per dimostrare i contatti che l’imputato aveva con queste persone: non danno a chiunque 15 chili di droga, quindi lui aveva la loro fiducia». L'imputato, a mente della Corte, «non si è reso conto del danno che avrebbe potuto causare con questo quantitativo. Aveva un lavoro, una famiglia, un tetto sulla testa, e si riduce così?».

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