Condannati ed espulsi per la truffa degli orologi

Una banda criminale composta da membri con ruoli diversi e ben definiti, un metodo truffaldino rodato e un unico obiettivo: sottrarre orologi di lusso scambiandone le scatole (o buste) senza dare nell’occhio, poi fingere di recarsi in banca per effettuare il bonifico di pagamento e infine darsi alla macchia. Non è una scena di un film, ma quello che è successo a Zurigo, a Neuchâtel e in una camera di un hotel di lusso di Lugano tra l’ottobre del 2023 e il gennaio dell’anno scorso. Sommando il valore dei vari Patek Philippe, Rolex e Audemars Piguet rubati, il maltolto ammonta a quasi 800.000 franchi. Due membri dell’organizzazione criminale (dedita a questo genere di truffa denominata rip deal) sono stati condannati questa mattina alle Criminali e alle Correzionali (entrambe le Corti presiedute dal giudice Paolo Bordoli): lui, un 23.enne cittadino francese e sedicente esperto di orologi, per truffa aggravata, siccome commessa per mestiere, a 36 mesi, di cui 11 da espiare, e all’espulsione dalla Svizzera per 7 anni; lei, una 53.enne cittadina serba che nel colpo di Lugano aveva indossato i panni della moglie, per truffa a 12 mesi sospesi e all’espulsione dal territorio elvetico per 5 anni. Tutti e due sono stati arrestati l’estate scorsa su mandato di cattura internazionale.
Il modus operandi
Le modalità di azione del 23.enne sono sempre state le medesime per tutti e tre i colpi, così come c’è sempre stato il coinvolgimento di una presunta moglie o amante, come nel caso della truffa avvenuta nell’hotel di lusso in città. In quel caso i due imputati (lui patrocinato dall’avvocato Pascal Delprete, lei dall’avvocato Sandra Xavier), in correità con altre persone, sono partiti dalla Francia a bordo di un auto dopo che un altro membro della banda aveva precedentemente preso i contatti tramite social network con una persona intenzionata a vendere un Rolex Daytona Orange Sapphire dal valore (denunciato) di 232.000 franchi. Si danno appuntamento, il 18 gennaio dell’anno scorso, in un albergo di lusso di Lugano. Lì, entrano in gioco i due imputati: lui spacciandosi per un esperto di orologi, lei per sua moglie. Dopo aver preso visione dell’orologio e averne accertato l’autenticità, si recano in una camera dell’albergo. Lui entra, lei rimane fuori. Come da accordi presi tra venditore e presunto acquirente, il Rolex Daytona viene riposto in una scatola nera, la stessa viene poi inserita in una busta sigillata con del nastro adesivo e successivamente firmata. Ma, approfittando di un momento di distrazione del venditore, il 23.enne scambia la busta contenente l’orologio con una busta identica ma contenente zucchero. Colpo messo a segno e ritorno in Francia.
Risposte più o meno articolate
Come accennato in precedenza, il duo è stato processato separatamente ma per la stessa fattispecie (lui ha partecipato a tutti e tre i colpi, lei solo a quello di Lugano). Rei confessi, le richieste di pena sono state pattuite in precedenza tra i loro legali e la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis. Incalzato dal giudice sui motivi che l’hanno spinto a delinquere, il 23.enne si è limitato a dire «non lo so, è una cosa che volevo fare». Più articolata, invece, la risposta della 53.enne, che ha riconosciuto le sue responsabilità solo in un secondo momento anche se la Corte, come sottolineato dal giudice, «non ha avuto dubbi sulla sua partecipazione ai colpi, e anche qualcosa di più». «Ho partecipato al colpo perché ho grosse difficoltà economiche – ha detto la donna – e con la sola attività di aiuto alle persone anziane, faccio fatica a vivere».