«Consentite a Zelal e Yekta di terminare la loro formazione»

«Se hai vent’anni non puoi passare le tue giornate a casa. Soprattutto se lì, a due passi da casa tua, c’è una scuola dove stavi andando e che ti interessa. Eppure è quello che potrebbe succedere a Zelal e a suo fratello Yekta». Inizia così la petizione online lanciata dai compagni di classe e dagli amici dei due ragazzi turchi di etnia curda che, insieme ai loro genitori ed al fratellino minore, si sono visti respingere la richiesta d’asilo nel nostro Paese sia dalla Segreteria di Stato per la migrazione (Sem), sia dal Tribunale amministrativo federale. E questo malgrado si siano ben integrati nella comunità di Riazzino che li ha accolti dopo un peregrinare iniziato nel 2021, anno dell’arrivo in Svizzera, a Zurigo e poi proseguito a Chiasso, Balerna e Cadro. Perseguitato in patria perché attivista per i diritti del popolo curdo, il padre aveva deciso di fuggire per assicurare alla moglie ed ai figli un futuro migliore di quello che avrebbero avuto in Turchia. Ma le autorità elvetiche hanno stabilito che la famiglia deve andarsene.
Termine di rimpatrio scaduto
Il termine di rimpatrio è scaduto, per ora infruttuosamente, il 12 dicembre scorso. Contro la decisione di espulsione dalla Svizzera, l’avvocata Immacolata Iglio Rezzonico - che si è presa a cuore le sorti della famiglia di origini curde, come del resto quelle di tante altre che, in Ticino, si trovano nella medesima situazione - sta allestendo un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Nel frattempo, avendo esaurito tutte le possibilità di appellarsi alle istanze giudiziarie elvetiche e non avendo più alcun permesso per risiedere nel nostro Paese, la famiglia risulta illegale sul territorio svizzero. Per Zelal, 20 anni, e per Yekta, 19.enne, ciò comporta l’impossibilità di continuare gli studi che hanno intrapreso. La ragazza frequenta il corso di Design visivo alla Scuola specializzata superiore d’arte applicata dello CSIA, mentre suo fratello sta seguendo un apprendistato di elettricista a Lamone e al Centro professionale tecnico di Mendrisio. Due formazioni che, come detto, devono interrompere visto che non fanno parte di quelle di base, ovvero della scuola obbligatoria.
«Vorrei poter restare qui»
«Mi piacerebbe tanto poter restare e finire la formazione che ho iniziato allo CSIA», racconta Zelal nella conversazione telefonica che abbiamo avuto con lei questa mattina. «Il mio sogno, una volta conclusa la scuola fra due anni, è di poter lavorare nel campo dei videogiochi, dell’animazione 3D e nel design per i siti web», continua Zelal con la speranza che quanto messo in campo dall’avvocata Iglio Rezzonico, nonché dai suoi amici e compagni di scuola possa permettere a lei e a suo fratello Yekta di poter continuare la formazione in Ticino.
Bocciata la richiesta di proroga
La richiesta di una proroga che consenta ai due ragazzi di terminare il loro percorso formativo è stata respinta dalla Sem. Proroga che sarebbe servita anche ad organizzare in Turchia una presa a carico del fratellino minore, che ha 11 anni e che attualmente frequenta la scuola speciale a Riazzino. Tutto finito? Niente affatto. L’avvocata Iglio Rezzonico ha scritto alla direttrice del Dipartimento educazione, cultura e sport Marina Carobbio Guscetti chiedendole di intercedere a favore dei due giovani affinché possano continuare a seguire le lezioni e l’apprendistato fintanto che sarà giunta una decisione da parte della Corte europea dei diritti umani. Della lettera è stato edotto il Consiglio di Stato ed attualmente la direttrice del DECS sta approfondendo la questione.
L’appello alle istituzioni
A sostegno di Zelal e Yekta si sono schierati amici e compagni di scuola promotori di una petizione online: la si può sottoscrivere da domani, mercoledì, al link https://www.change.org/LasciamofinirelaformazioneaZelaleYekta. «Che fastidio potranno mai dare due giovani con buona voglia di fare, con sete di vita e ottimi voti, se vanno a scuola invece di stare a casa?», recita il testo della petizione con la quale si chiede alle autorità cantonali ticinesi di dare la possibilità a Zelal e Yekta di terminare i loro studi e alle autorità federali di dar loro un permesso di soggiorno affinché possano continuare ad avere un futuro in Svizzera.