Indagine

Contrabbandiere di sigarette con la casa nel Malcantone

In Italia, dove sono state sequestrate 18 tonnellate di tabacco, è sospettato di essere tra i fondatori di un sodalizio criminale responsabile di un gigantesco traffico tra Dubai e Napoli
Il tabacco veniva trasportato via nave dagli Emirati Arabi Uniti all’Italia. © cdt/archivio
Federico Storni
29.09.2020 06:00

Un gigantesco traffico illegale di sigarette che, via nave e a tonnellate, partono da Dubai per arrivare a Napoli. L’ombra della camorra, i sequestri e gli arresti. Una storia interessante e che porta anche in Ticino. Più precisamente ad Alto Malcantone.

Lo scorso 14 febbraio, la Guardia di finanza di Napoli scriveva in un comunicato stampa di aver sgominato un’associazione a delinquere che si occupava di contrabbando internazionale di sigarette sull’asse Dubai-Napoli, con intermediari in Spagna e negli Emirati Arabi Uniti. In manette erano finite sette persone. Perché ne parliamo ora, a mesi di distanza, nelle pagine del Luganese? Perché abbiamo appreso - da documenti processuali - che il sospetto capo del sodalizio criminale, un sessantenne napoletano, al momento dell’arresto risiedeva ad Alto Malcantone.

Il lavoro dell’antimafia

L’inchiesta napoletana nasce da articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di soggetti indiziati come detto della partecipazione a un’associazione per delinquere dedita al contrabbando internazionale di tabacchi lavorati esteri provenienti dagli Emirati Arabi Uniti. Indagini che sono durate diversi mesi e che hanno permesso di identificare i componenti dell’organizzazione, delle società utilizzate per l’importazione, del meccanismo di dissimulazione dei carichi mediante documentazione commerciale fittizia e merce di copertura, nonché dei metodi di pagamento della merce.

I container al porto

I carichi di sigarette di contrabbando, provenienti da Dubai, sono giunti nel porto di Napoli tramite navi porta container. Tra l’ottobre del 2016 e il dicembre del 2017 gli inquirenti della vicina Penisola sono riusciti a sequestrare, dopo accurate indagini, due di essi al porto di Napoli, contenenti nientemeno che diciotto tonnellate di tabacco di contrabbando (che sarebbe altrimenti stato immesso sul mercato), ricostruendo un’altra spedizione, stavolta andata a buon fine.

Secondigliano e il clan Di Lauro

Dietro al sodalizio, scrive la Guardia di finanza, c’è l’ombra della camorra: «La cabina di regia dell’associazione era a Napoli, nel quartiere Secondigliano, da sempre roccaforte del clan Di Lauro. Per una delle persone arrestate è stata riconosciuta la speciale aggravante dell’aver favorito il predetto clan».

Aveva lasciato il gruppo?

Quanto al ruolo del «nostro» sessantenne napoletano, arrestato nel dicembre 2019, è una recente sentenza della Corte di cassazione italiana (grossomodo l’equivalente del nostro Tribunale Federale) a svelare qualche dettaglio, respingendo una sua richiesta di poter attendere il processo fuori dal carcere. Da essa si apprendono due cose: che per gli inquirenti egli è stato il promotore e costitutore del sodalizio criminoso e che «fino a un periodo molto recente» ha mantenuto questo ruolo. E che - forse – era riparato in Svizzera perché si era staccato dal sodalizio. Il sessantenne infatti, producendo un certificato di dimora nel comune di Alto Malcantone e schede telefoniche svizzere, avrebbe dimostrato di «trovarsi stabilmente» in Ticino almeno da aprile 2019 (ma in realtà «da almeno un anno prima del suo arresto»). Altra documentazione da lui prodotta, proverebbe inoltre «la recisione del suo legame con l’organizzazione criminale». In altre parole, leggendo nemmeno troppo fra le righe, la sua tesi è quella di aver lasciato il sodalizio, come dimostrato dal suo trasferimento alle nostre latitudini. Niente al momento è dato sapere sul perché di questa presunta interruzione dei rapporti.

Svizzera per ora non coinvolta

L’arresto del sessantenne è con tutta probabilità avvenuto in Italia e al momento le indagini non riguardano la Svizzera. Da noi contattato, il Ministero pubblico della confederazione ha affermato di non essere per ora coinvolto nella vicenda. E l’Ufficio federale di giustizia afferma di non aver ricevuto richieste rogatoriali o di assistenza giudiziaria dall’Italia in merito a questo caso. Stando a nostre informazioni nemmeno il Ministero pubblico ticinese è stato finora coinvolto.