«Contro il disagio giovanile serve coraggio politico»

Per far fronte ai recenti episodi di violenza giovanile e, soprattutto, per arginare il fenomeno in futuro, perché non consentire a livello locale e regionale spazi fisici d’incontro in cui i ragazzi possano incontrarsi «in presenza» nel rispetto di determinate norme sanitarie? A proporre questo cambio di paradigma rispetto al problema del disagio giovanile è il PLR, secondo cui questa soluzione potrebbe rivelarsi vincente nel porre un freno al malessere e nell’aprire un dialogo costruttivo.
Riappropriarsi della normalità
Il confinamento e le misure restrittive, rimarca il PLR in una missiva al Consiglio di Stato, hanno duramente colpito anche il benessere psicofisico dei ragazzi tra i 15 e i 25 anni. «Il disagio giovanile è uno dei segni più evidenti di questa pandemia che ha infettato i percorsi scolastici e formativi, le opportunità di lavoro e d’apprendistato, le relazioni interpersonali e i ritmi di crescita di moltissime e moltissimi giovani». E come spesso accade, la situazione può sfuggire di mano e degenerare. «La cronaca degli ultimi giorni ci dimostra come il bisogno di riappropriarsi della normalità sia istintivo e trasversale. Il raduno alla foce di Lugano, per esempio, è un segno che non possiamo leggere come una semplice sfida all’autorità, ma come l’espressione di un malessere comune che trova sfogo e conforto nell’aggregazione sociale», rimarca il partito. «La presenza di pochi, pochissimi facinorosi non può consentire a nessuno di liquidare questi fenomeni collettivi d’incontro come illegali nel loro complesso, e quindi da reprimere».


Nuove soluzioni
«La strategia annunciata mercoledì dal Cantone prevede sì il dialogo, ma per poi disperdere i giovani», rimarca, da noi raggiunto, il presidente del PLR Alessandro Speziali. Si parlava di un cambio di paradigma, e per il nostro interlocutore è giunto il momento di pensare a nuove soluzioni. E, perché no, anche coraggiose sul piano politico: «La nostra proposta punta sul dialogo per dar fiducia ai giovani. Si riconosce il loro bisogno di stare in compagnia e di aggregarsi. Se li disperdiamo e basta, il problema si sposta altrove ma non scompare». Da qui, appunto, il suggerimento di creare spazi di incontro, rinunciando a un’applicazione rigida e ferrea delle disposizioni in materia di assembramenti, e con una minima presenza di figure come docenti, educatori sociali e agenti di polizia. «L’obiettivo – precisa subito Speziali – non è creare un “campo di sorveglianza“ bensì un luogo in cui i ragazzi possano convergere. E potrebbe anche essere uno spazio dove giovani e istituzioni arrivano a parlarsi e a comprendersi». Insomma, l’idea di base è far diventare lo Stato una figura di confronto e non di scontro. E saranno gli stessi giovani «che si vedono compresi» a fare «la loro parte». L’immagine simbolo evocata da Speziali è una foto di un gruppo di giovani che chiacchiera con un paio di agenti seduti a terra con loro.
Agire ora prima che sia tardi
Parallelamente a un allentamento delle disposizioni sugli assembramenti, in queste zone si dovranno rispettare l’obbligo della mascherina e la distanza sociale. «Ci vogliono tolleranza e ragionevolezza», spiega il presidente del PLR. «De facto si riprodurrebbe la presenza che c’è in qualsiasi piazza ticinese». Il momento di agire, però, è adesso: «Ogni tanto mi sembra che si abbia paura di soluzioni come quella che proponiamo ma non delle statistiche che indicano chiaramente un aumento delle situazioni di forte disagio psicofisico. Se cominciamo a pensare alle misure e a discutere quando la pandemia sarà alle spalle sarà troppo tardi. O agiamo adesso con coraggio politico oppure il male aumenterà». Per quanto riguarda il coprifuoco evocato da alcuni esponenti politici, Speziali rimarca che «restare in casa non è la soluzione» e che una misura così drastica «cancellerebbe le possibilità di dialogo con e tra i ragazzi, confinandoli – ancora una volta – nei loro problemi».