Riva san vitale

Coraggio ragazzi, è il momento di reagire

Da una anno la comunità socio-terapeutica Arco si batte per far uscire dal loro isolamento sociale i giovani in autoreclusione – Attraverso un trattamento multidisciplinare a domicilio si cerca di farli uscire da quel disagio latente in cui si sono nascosti
Rintanati in casa o a letto: un segnale preoccupante.  ©cdt/archivio
Luca Bernasconi
08.03.2021 06:00

La parola giapponese Hikikomori deriva dai verbi hiku (tirare indietro) e komoru (isolarsi, chiudersi, nascondersi). A questo punto qualcuno di voi lettori si potrà chiedere: che cosa c’entra tutto questo con il Mendrisiotto? C’entra eccome perché da circa un anno alla comunità socio-terapeutica Arco a Riva San Vitale è attivo il Progetto Hikikomori (PH 2020) destinato a risolvere i problemi dei giovani in autoreclusione con prolungate assenze scolastiche (3 mesi e più), assenza dal lavoro, isolamento sociale, evitamento delle sfide evolutive. Sono giovani che trascorrono le loro giornate all’interno della loro camera in totale o parziale ritiro sociale.

Questo fenomeno nasce in Giappone negli anni 80, diffondendosi poi altrove. In Italia attualmente si stimano 100.000 casi.


Servizio poco conosciuto

Dal nostro osservatorio – spiega l’educatore Filippo Manganaro di Arco – siamo dell’idea che anche il Ticino sia toccato da questo disagio sotterraneo al quale difficilmente segue una domanda d’aiuto. Il progetto da noi è iniziato un anno fa ma non si è sviluppato come avrebbe dovuto. Forse perché il servizio, unico nel nostro cantone, non è molto conosciuto o forse perché tali forme di disagio di natura psichica non vengono ritenute sufficientemente allarmanti».

Si tratta insomma di un disturbo latente che sovente non preoccupa abbastanza. «Talvolta si tende a dire: quel ragazzo sta passando un momento di crisi, ma passerà; sicuramente si riprenderà; magari sarà colpa della pandemia. Il rischio di “confusione” è grande» aggiunge il nostro interlocutore.


Campanelli d’allarme

Ma quali sono i segnali che dovrebbero far scattare il campanello d’allarme? Oltre all’assenteismo scolastico e al ritiro sociale i giovani Hikikomori presentano trascuratezza nella cura personale, inversione del ritmo sonno-veglia, difficoltà nei rapporti familiari, frequente abuso di internet e videogiochi.

E in queste situazioni dovrebbero entrare in gioco i genitori e la scuola, ma non sempre è facile o automatico. «Abbiamo preparato una locandina e informato le istituzioni scolastiche dell’esistenza del nostro servizio» soggiunge Manganaro.


Interventi mirati

Una volta venuti a conoscenza del caso per i terapeuti inizia l’impegnativo lavoro che – specifichiamolo subito – si svolge a domicilio del giovane disagiato. «Cercare di tirarlo fuori dall’isolamento è un percorso lungo. In primis bisogna convincere i genitori e poi il ragazzo stesso, spesso operazioni non facili» afferma l’educatore.

Gli interventi dell’equipe multidisciplinare hanno come obiettivo finale fare uscire dall’isolamento i giovani Hikikomori, facendo leva sulla loro resilienza e sulle risorse della famiglia. Sono previsti: visite domiciliari dell’educatore, sostegno psicologico alla famiglia, attività laboratoriali, incontri di psicoterapia, consulenza pedopsichiatrica, collaborazione con la rete e coinvolgimento delle scuole.

Si parla di un intervento mirato e specifico per dare una possibilità al giovane in difficoltà, laddove magari le forme tradizionali di aiuto e sostegno sono state rifiutate o inefficaci.


Per adolescenti ma non solo

Per quanto riguarda l’età dei giovani che soffrono di questo particolare disagio, Manganaro spiega che i sintomi possono già emergere a 13-14 anni ma si conoscono anche casi di persone di 22-23 anni che restano coinvolti, magari dopo essere rimasti senza lavoro.