Criptovalute e blockchain a Lugano parlano (inaspettatamente) anche russo

In Ticino la tecnologia blockchain e le criptovalute piacciono anche alla Russia che, a Paradiso, ha un’associazione che si pone l’obiettivo di essere un collegamento tra le aziende russe che operano nel settore (delle criptovalute e della blockchain, appunto) e il governo della Federazione Russa. Pur essendo iscritta nel registro di commercio dal 2019, non ci sono però molte informazioni su quanto abbia fatto in Ticino l’associazione, che abbreviata si chiama Racib Svizzera. Mentre per esteso il suo nome è «Associazione di sviluppatori e utilizzatori di tecnologie blockchain e dei prodotti creati sulla loro base nell’interesse dello sviluppo dell’economia digitale».
I vertici dell’associazione
Questo forse anche perché l’unico sito internet disponibile è quello della sede principale a Mosca, dove nel gennaio 2024 Racib Svizzera ha «dirottato» il suo domicilio legale. Dal registro di commercio ticinese si apprende inoltre che il vicepresidente e il vicedirettore dell’associazione si chiama Roman Kudinov, un nome sconosciuto in Ticino, ma non in Vallese, dove è impegnato in politica e si è anche candidato per il Consiglio nazionale con l’UDC. Direttore risulta invece essere Pavel Achalov, cittadino russo con domicilio a Campione d’Italia, che a Mosca ha un’azienda di consulenza per le imprese e in Svizzera è partner legale di uno studio con sedi a Ginevra, Zurigo, Sion e Anzère; frazione del Comune vallesano di Ayent, Comune in cui abita e fa politica anche Kudinov. Dalla pagina personale di Achalov, si apprende inoltre che Pavel è figlio di Vladislav Alexeevich Achalov, ex comandante dell’arma dei paracadutisti dell’URSS e viceministro della difesa sempre dell’ex Unione sovietica.
Il CdT ha provato a chiedere un’intervista a Roman Kudinov, ma dopo un iniziale interesse a rispondere, non ha più dato seguito all’intervista.
Succursali in Paesi amici
Ciò non di meno dal sito internet dell’associazione-madre si scopre inoltre che Racib non è presente con le sue «succursali estere» solo in Svizzera. Ma anche negli Emirati Arabi Uniti, in Lettonia, in Estonia e in moltissimi altri Paesi o entità nazionali collegati direttamente o indirettamente a Mosca, come la Serbia, la Bielorussia, la Repubblica Popolare di Donetsk e l’Azerbaigian.
Il forte e sempre più crescente interesse della Russia nei confronti della criptovalute, del resto, non è affatto un mistero. Lo scorso novembre nel territorio della Federazione Russa sono entrate in vigore alcune leggi che, fra le altre cose, legalizzano il cosiddetto mining e consentono, per i pagamenti internazionali, l’utilizzo delle criptovalute. La normativa prevede che i «minatori» di criptovalute - coloro cioè che ricevono criptovalute a mo’ di ricompensa per l’utilizzo del loro hardware a supporto delle reti blockchain - si registrino presso le autorità fiscali.
Tutto questo quando già nel 2023 Mosca era il secondo maggior minatore di criptovalute al mondo secondo Bitriver, il maggior fornitore di bitcoin del Paese. Il governo russo, dal canto suo, ha lanciato diverse iniziative legate alle criptovalute, coinvolgendo le principali imprese statali. Gazprom, solo per fare un esempio, ha annunciato l’intenzione di utilizzare il gas flaring, una pratica che consiste nel bruciare senza recupero energetico il gas naturale in eccesso estratto insieme al petrolio, per il citato crypto mining, seguendo l’esempio di Paesi come l’Oman.
Tra transazioni e Tether
La Russia starebbe insomma cercando di utilizzare le criptovalute per i pagamenti internazionali al di fuori della portata delle autorità di regolamentazione occidentali. Lo scorso marzo l’agenzia Reuters ha riportato che Mosca ha iniziato ad accettare criptovalute tramite intermediari per le vendite di petrolio a Cina e India. Le compagnie petrolifere russe starebbero inoltre usando bitcoin e la stablecoin Tether, ancorata al dollaro, per queste transazioni.
Caso vuole che Tether sia anche l’azienda con cui la città di Lugano ha avviato un’iniziativa congiunta, chiamata Plan B, per accelerare l’uso della tecnologia bitcoin e sfruttarla come base per trasformare l’infrastruttura finanziaria della città.