Da Dino, Massagno e Mesocco per difendere il Papa

Se ogni star ha la sue guardie del corpo, quando la stella è il Pontefice allora si chiamano Guardie svizzere. Domenica 4 ottobre, nella Città del Vaticano, si è svolta la cerimonia di giuramento di 38 nuove Guardie svizzere, tre delle quali provenienti dalla Svizzera italiana. Si tratta di Joshua Lunghi di Dino, Loris Rizzello di Massagno e Jonas Blumenthal di Mesocco che, con l’uniforme di «Gala», hanno giurato fedeltà al Corpo e al Santo Padre in un evento che conserva negli anni un forte impatto emozionale. Tramite il sergente Urs Breitenmoser, di stanza in Vaticano, siamo entrati in contatto con i due luganesi e neo alabardieri Lunghi e Rizzello per raccogliere le loro impressioni su questa esperienza professionale e di vita.
Le tappe di avvicinamento
Diventare una Guardia svizzera richiede un lungo percorso e condizioni ben precise cui sottostare: naturalmente la cittadinanza elvetica, quindi essere maschi e celibi, avere tra i 19 e i 30 anni, una stazza pari o superiore ai 174 cm e una reputazione più solida dell’armatura che gli alabardieri dovranno indossare. Non solo. Per assumere il ruolo di Guardia è fondamentale avere una grande motivazione. La scelta di Joshua Lunghi parte da lontano. «Avevo 4, 5 anni. Stavano trasmettendo in TV un’udienza in Piazza San Pietro e la mia attenzione è caduta su degli strani individui con i vestiti colorati. Quando i miei famigliari mi hanno spiegato chi fossero, ho deciso che sarei diventato uno di loro». Gli fa eco Loris Rizzello: «Sono un bambino e in uno degli ingressi del Vaticano vedo per la prima volta una Guardia svizzera, la sua divisa dai colori giallo, blu e rosso, il berretto nero inclinato a destra e la spada sulla sinistra. Quelle figure mi incuriosiscono... È stato però durante il reclutamento al Monte Ceneri che si è risvegliato in me il desiderio di diventare un alabardiere».
L’incontro con il Pontefice
Venerdì 2 ottobre un momento indimenticabile, quando militi e famigliari vengono ricevuti in udienza da Papa Francesco, che ha avuto parole di elogio per i 38 giovani da lui definiti «bravi ragazzi». «Un attimo speciale di contatto con il Santo Padre, commentano Lunghi e Rizzello. È stata anche l’occasione per capire a che cosa stessimo andando incontro. In caso di estrema necessità, il giuramento infatti prevede di sacrificare la nostra vita per il Santo Padre».
Il momento solenne
Domenica 4 ottobre, il giuramento. Uno squillo di tromba, il rullo dei tamburi, l’inno Pontificio seguito dal salmo svizzero e poi il passo solenne e cadenzato degli uomini della Guardia Svizzera Pontificia che entrano lentamente nel Cortile San Damaso del Palazzo Apostolico. Mano sinistra sulla bandiera, tre dita della mano destra levate al cielo: «Giuro di servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Pontefice regnante e i suoi legittimi successori...». Joshua Lunghi: «Eravamo pronti, sapevamo cosa fare e come farlo. Non ero invece preparato a gestire il flusso di emozioni che mi ha investito come un treno durante la Cerimonia: gioia, paura, nervosismo. Anche tristezza. Dopo aver giurato è però rimasta una sola emozione: la gioia». Per Loris Rizzello «è stato un momento di grande tensione, ma anche liberatorio. Rimanere focalizzati per così tanto tempo su una meta richiede una buona preparazione mentale, spirituale e fisica. Sono contento di essere riuscito in questa missione».
E adesso?
Cosa si attendono da questa esperienza i nuovi alabardieri? Per Lunghi ciò che conta è «la dedizione, l’impegno e anche i servizi che eseguiamo dando il meglio di noi stessi. È mia intenzione non fermarmi ai 26 mesi di servizio obbligatorio ma di proseguire. Forse 3- 4 anni, ma non voglio correre troppo, vedremo». «È una scuola di vita, prosegue Rizzello. Oltre che essere un servizio alla Chiesa, al Papa e a Dio, è anche un’opportunità per acculturarsi, conoscere nuove persone e imparare a convivere con gli altri; cosa che non è sempre facile, specialmente in una caserma dove ora bisogna vivere in spazi ancora più ristretti a causa della pandemia». È notizia di ieri, infatti, che all’interno della caserma della Guardia svizzera i casi di positività sono saliti a quattro. Immediata l’adozione di nuove e rigorose misure protettive, come l’obbligo di indossare la mascherina in tutta l’area e la sospensione di permessi e ferie, mentre è in corso il tracciamento dei contatti.