Processo

Da Piacenza al Mendrisiotto per rapinare distributori

Alla sbarra quattro persone accusate, a vario titolo di rapina aggravata: due imputati, in particolare, avrebbero preso parte a più colpi (alcuni tentati), avvenuti tra la fine di ottobre e il 19 dicembre, quando sono stati fermati a Novazzano
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Stefano Lippmann
17.07.2025 19:30

Il ritrovo? Una bar di Piacenza dove «trovi di tutto». Lì, la proposta di «fare qualcosa in Svizzera», di guadagnare qualche soldo, a loro dire, facilmente. Come? Rapinando distributori di benzina. Sarebbe questa la genesi delle rapine (compresi alcuni tentativi) andate in scena nel Mendrisiotto nella seconda metà dell’anno passato. Uno, in particolare, il distributore preso di mira più volte: la stazione di servizio di via Casate a Novazzano. Quest'oggi, davanti alla Corte delle assise criminali – presieduta dal giudice Amos Pagnamenta – sono comparsi 3 imputati (una quarta era assente per motivi medici): tutti cittadini ecuadoriani, residenti in Italia, tra i 31 e i 60 anni. Il numero di persone che hanno partecipato alle scorribande criminali è sicuramente superiore, come attestato dai nomi ricorrenti che si possono leggere nell’atto d’accusa firmato dalla procuratrice pubblica Veronica Lipari. A vario titolo gli imputati sono chiamati a rispondere dei reati di ripetuta rapina aggravata in parte tentata, atti preparatori di rapina, abuso della licenza e delle targhe ed entrata illegale. Sei, in totale, le rapine – o i tentativi – ricostruiti durante l’inchiesta avvenuti in un breve lasso di tempo: dal 26 ottobre al 19 dicembre del 2024.

Il doppio colpo

Il distributore di Novazzano è stato preso di mira più di una volta. In un caso i rapinatori l’hanno trovato chiuso, in un altro hanno invece desistito perché, durante i concitati attimi, hanno temuto che la dipendente avesse azionato l’allarme. Il primo novembre, invece, il colpo è andato – vista con gli occhi dei criminali – a buon fine: con in pugno una pistola (forse giocattolo) due dei 4 imputati in aula oggi (gli altri due non sono ancora stati consegnati alle autorità) hanno immobilizzato con la forza la dipendente della stazione prima di arraffare il bottino: meno di 9.000, tra euro e franchi, in contati, nonché stecche e ricariche di sigarette elettroniche.

In aula, si è ripercorso anche quanto avvenuto il 7 dicembre in via San Gottardo a Balerna quando due gruppi di rapinatori (secondo l’accusa l’azione è stata debitamente concertata) hanno rapinato contemporaneamente i due distributori Piccadilly, posti l’uno fronte all’altro. In un caso il colpo è andato a segno (850 franchi e poco più di 500 euro). Nell’altro, invece, i rapinatori hanno desistito perché, una volta estratta l’arma giocattolo, la cassiera li ha ammoniti dicendo loro che non era opportuno fare questo tipo di scherzi. Una particolare reazione che li ha, evidentemente, spiazzati.

Le targhe contraffatte

Il quartetto alla sbarra è stato infine fermato il 19 dicembre al valico di Marcetto di Novazzano: secondo la procuratrice era pronta ad essere perpetrata l’ennesima rapina. Senza fare i conti, però, con le autorità che erano sulle tracce dei ladri da diverso tempo le quali, oltretutto, avevano accertato che più entrate in Svizzera degli stessi veicoli ma con targhe contraffatte (si scoprirà, con del nastro adesivo per cambiare numeri e lettere). Ad incastrarli anche i telefoni cellulari che, risultanze alla mano, si sono agganciati più volte alle antenne svizzere.

Quante volte ancora?

Per l’accusa – al netto anche di alcune ammissioni in corso d’inchiesta – i quattro (ma l’elenco dei nominativi è più lungo) partivano da Piacenza con l’unico scopo di rapinare le aree di servizio (o effettuare sopralluoghi). «Non hanno agito da soli nemmeno una volta» ha fatto presente la procuratrice pubblica durante la requisitoria. Da qui, l’aggravante della banda nei confronti di persone che hanno agito «per il solo scopo di lucro. E se non fossero stati fermati, il 19 dicembre non sarebbe stata l’ultima volta». Per questi motivi l’accusa ha chiesto pene comprese tra i 12 mesi sospesi (nel caso del 31.enne che ha partecipato una sola volta) ai 4 anni da espiare (nei confronti del 34.enne presente in sei occasioni). Per tutti, l’espulsione dalla Svizzera dai 5 agli 8 anni.

Le difese – rappresentate dagli avvocati Riccardo Maiolo, Stefano Stillitano, Caludia Solcà e Sebastiano Paù-Lessi – si sono invece battute per delle riduzioni di pena. Dal proscioglimento – come nel caso della 60.enne malferma e con problemi di salute a detta della difesa ignara del perché si stesse recando in Svizzera –, alla pena contenuta in un massimo di tre anni. In particolare, i legali hanno contestato la tesi accusatoria delle rapine aggravate siccome commesse in banda. Avvocati che, durante le arringhe, hanno parlato di persone «disorganizzate al massimo», oppure di «completa improvvisazione». E ancora: si è trattato di «scorribande da armata Brancaleone». La sentenza, per contro, sarà pronunciata dalla Corte domani pomeriggio.