Gorduno

Dal buio alla rinascita: «Qui abbiamo le nostre radici»

Inaugurato il recupero dell’Alpe Arami a quota 1.400 metri dopo un lavoro durato dieci anni e partito quando ci si rese conto che quei luoghi non potevano essere abbandonati – Giorgio Battaglioni alla testa di questo progetto: «È stata un’avventura un po’ fuori dalla normalità, ora bisogna garantire la cura»
Giorgio Battaglioni. © Ti-Press/Samuele Filippi
Red. Bellinzona
07.08.2022 15:37

Grande festa ieri, sabato 6 agosto, sui monti di Gorduno a compimento di un’ardua impresa. Per celebrare la rinascita dell’Alpe Arami dopo un lavoro durato dieci anni e costato 1,6 milioni di franchi c’erano anche il vescovo di Lugano Valerio Lazzeri e i consiglieri di Stato, Raffaele De Rosa e Norman Gobbi, oltre a numerose altre autorità locali, cantonali e federali. «Offrire questa oasi al territorioera uno dei motivi del progetto - ha affermato il presidente della Fondazione Alpe Arami Giorgio Battaglioni durante il suo intervento - È il territorio della memoria che crea una continuità con la storia». Qui, ha aggiunto, «si ritrovano le radici, motivo per cui questo territorio va conservato e non sciupato». Giorgio Battaglioni, oltre a ringraziare i colleghi della Fondazione per il lavoro svolto in questi anni, ha inoltre invitato i presenti ed in particolare i giovani a non dimenticarsi che «la ricostruzione fisica del luoghi e delle strutture». Un’avventura del genere, ha concluso, «è un po’ fuori dalla normalità, me ne rendo conto. Ma poi ci si attiva a concretizzare per il bene comune della regione».

Un lungo percorso

La rinascita suggellata ieri parte da lontano, dagli anni Sessanta del secolo scorso. Due i momenti fondamentali: l’abbandono dell’alpeggio e la determinazione dei proprietari di fondi e rustici a realizzare la strada forestale. Lunga 11 chilometri, fu la prima di questo genere nel Bellinzonese, dopo la quale seguirono quelle di Gnosca, Arbedo e Carasso. Un’altra importante attività fu il recupero dei rustici alla funzione di residenza estiva: ora sono infatti più di 150 gli edifici riattati e questo contribuisce al mantenimento sia delle strutture stesse che del bosco. La conservazione dell’alpeggio è sempre stata al centro dell’attenzione sia del Patriziato di Gorduno che dei gordunesi. Purtroppo il deperimento delle due vecchie costruzioni dell’alpe a fine anni Ottanta diventò sempre più grave al punto da imporre decisioni importanti. Pertanto l’allora Comune di Gorduno definì il recupero d’intesa con il Dipartimento del territorio: ora in particolare la vecchia stalla è attrezzata e dotata di 12 posti letto, e i pascoli sono gestiti.

Il modello-Curzùtt

Il Patriziato di Gorduno dapprima si impegnò nel mantenere le mura della costruzione principale, cioè della stalla, e successivamente assegnò alla costituenda Fondazione Alpe Arami il mandato di recuperare i due edifici ed il territorio circostante. L’intervento, riuscito, non si è limitato al solo recupero dei due edifici, cioè della cascina e della stalla, ma riguarda tutto il bacino dei pascoli. «Si tratta di una moderna interpretazione dell’alpeggio che riprende in parte il concetto di Curzùtt a Monte Carasso», ha sottolineato il municipale Fabio Käppeli.

Molti i ringraziamenti rivolti dal Municipio di Bellinzona: a chi realizzò la strada forestale, al Patriziato che l’ha gestita, al Comune di Gorduno e all’Ente Carasc che hanno contribuito a portare a termine il progetto. Fondamentale il sostegno di varie associazioni, del Cantone, del Patriziato e del Comune di Gorduno e dei cittadini. Tra le persone: Giorgio Battaglioni presidente della Fondazione e trascinatore del progetto; il vice Marco Turchetti; Davide Pedrioli ex municipale di Gorduno; Gabriele Del Don attuale presidente del Patriziato; e Mascia Gregori presidente dell’Associazione degli Amici di Arami.
© Ti-Press/Samuele Filippi
© Ti-Press/Samuele Filippi
In questo articolo: