Dal Ticino a quella casa di Lavena Ponte Tresa per comprare la droga

Il classico viavai di clienti, anche con in tasca franchi svizzeri, che ad ogni ora andavano e venivano da quella casa di Lavena Ponte Tresa abitata da un altrettanto anonimo residente, cittadino italiano, 45 anni. Un traffico insolito di persone notato, e poi osservato e studiato, dai carabinieri e dalla polizia locale che hanno voluto vederci chiaro facendo così scattare il controllo domiciliare.
Una volta aperta la porta gli agenti si sono trovati di fronte ad un uomo nervosissimo, troppo agitato per un banale «controllo anagrafico e catastale» da parte della polizia locale, sfociato poi in un tentativo di disfarsi di quanto il padrone di casa deteneva, uomo che addirittura ha cercato di fuggire scappando dalla finestra.
Il quarantacinquenne è così stato fermato. E in diversi luoghi dell’abitazione sono stati trovati ben 185 grammi di cocaina, dei quali una buona parte già pronti e suddivisi in 110 dosi, un panetto di hashish del peso di 43 grammi, diversi contenitori e involucri con all’interno 571 grammi di marijuana, 4 telefoni cellulari, un bilancino di precisione; ancora: diversi coltelli e materiale per il confezionamento della sostanza stupefacente, 290 euro e 70 franchi svizzeri, ritenuti presunto provento dell’attività di spaccio, un fornelletto a gas e una pistola scacciacani marca Bruni modello 92, con caricatore e 158 cartucce.
Per il 45 enne è scattato subito l’arresto per detenzione illecita di sostanze stupefacenti: l’uomo è stato portato in caserma dai carabinieri a Luino e foto segnalato per comparire sabato scorso di fronte al giudice di Varese per la convalida dell’arresto puntualmente avvenuta con l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. Secondo gli investigatori esistono precise evidenze legate alla presenza fra i clienti dell’arrestato di cittadini ticinesi che magari con l’escamotage dell’ingresso in Italia dal passaggio pedonale per non dare nell’occhio si rifornivano di coca oltreconfine.
Evidenze che potrebbero dare specifici riscontri dalle copie forensi dei telefoni cellulari sequestrati, strumenti che rappresentano un ferro del mestiere per chi smercia al dettaglio, non solo in strada ma, come nel caso contestato all’arrestato, anche fra le mura domestiche.