Processo

Dalla bottiglia di amaro all'attacco col taglierino

Condannato per tentato omicidio un 64.enne che ferì al collo un conoscente reo di non avergli comprato l’alcol che gli aveva commissionato – Tutto è iniziato in piazza Indipendenza a Chiasso, «dove si incontrano tutti gli sfigati» – La pena è di 4 anni e 6 mesi
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Lidia Travaini
30.10.2024 18:45

È iniziato tutto in piazza Indipendenza, «dove si incontrano tutti gli sfigati di Chiasso» – come ha ammesso la vittima stessa durante l’inchiesta –, «e io sono uno di loro», queste invece sono parole di chi quel giorno impugnava il taglierino e oggi è stato ritenuto colpevole di tentato omicidio intenzionale per dolo eventuale e condannato a una pena di 4 anni e mezzo di carcere.

A trasformare un giorno come tanti (il 13 febbraio 2023) in un giorno che ti porta in prigione, almeno per l’imputato – un italiano di 64 anni residente a Chiasso –, è stata una bottiglia di amaro. Per la precisione di Jägermeister. Una bottiglia di cui aveva commissionato l’acquisto a un conoscente, uno degli «sfigati» di piazza Indipendenza dandogli 35 franchi, «perché io ero stanco visto che avevo già portato 9 birre nello zaino, allora ho chiesto a lui», ha spiegato durante l’interrogatorio tenuto dal giudice Mauro Ermani, presidente della Corte delle Assise criminali riunitasi a Mendrisio. Le accuse nei confronti dell’uomo erano di tentato omicidio intenzionale, subordinatamente di lesioni gravi, tentate, esposizione a pericolo della vita altrui, e lesioni semplici qualificate siccome commesse con oggetto pericoloso.

Lo stalker immaginario

Sullo sfondo della vicenda alcol e disagio sociale, ma anche solitudine e una turba psichica: una sindrome delirante ravvisata anche da una perizia psichiatrica che conduce il 64.enne a sentirsi minacciato da una sorta di stalker, un malvivente della regione che gli avrebbe giurato vendetta. Criminale la cui esistenza non è mai stata accertata e che lo porta a girare sempre con un taglierino in tasca: «Per difendermi, fisicamente io non riesco a farlo», ha sottolineato l’imputato, che è di taglia minuta.

Ma torniamo in piazza Indipendenza e al 13 febbraio dello scorso anno. L’uomo a cui è stata commissionata la bottiglia di amaro in piazza con lo Jägermeister non è mai tornato. L’imputato, scoperto il suo indirizzo, si è quindi recato a casa sua. «Con il taglierino già in mano», gli ha ricordato Ermani. Poi ha sfondato la porta dell’abitazione e, dopo aver constatato l’assenza dell’uomo, lo ha aspettato sotto casa. Al suo arrivo le cose sono rapidamente degenerate: l’atto d’accusa stilato dalla procuratrice pubblica Anna Fumagalli parla di una colluttazione con la lama in pugno prolungatasi per una decina di minuti (e anche in parte filmata dalla videosorveglianza e da un testimone), un’aggressione durante la quale la vittima ha subito oltre una decina di ferite da taglio al collo e alla nuca (due hanno avuto bisogno di punti di sutura).

A fermare l’imputato è stata la polizia pistola alla mano, allarmata da un testimone. I precedenti tentativi di un altro testimone (l’autore del video), non sono infatti stati ascoltati, malgrado abbia tentato di far capire al 64.enne che la vittima stava sanguinando e che così agendo, rischiava di ucciderla. «Ero bevuto e arrabbiato, volevo indietro i soldi oppure la bottiglia», ha cercato di giustificare l’imputato.

«Pericolo concreto»

Per Fumagalli non c’è dubbio, «ci sono anche immagini a sorreggere le accuse», si è trattato di tentato omicidio intenzionale. «È stato un attacco reiterato che ha provocato più di 12 ferite e che l’imputato non ha mai dimostrato in nessun momento di voler interrompere. Non ha desistito fino all’arrivo della polizia. È un puro caso se non si è arrivati al decesso», ha detto durante la requisitoria prima di chiedere una condanna di 5 anni e 6 mesi, da espiare e l’espulsione dalla Svizzera per 5 anni (in via subordinata, se non fosse stata accolta l’accusa di tentato omicidio intenzionale, Fumagalli ha proposto pene proporzionalmente inferiori, fino ai 2 anni più espulsione per 5).

La difesa, impersonata dall’avvocato Roberto Rulli, si è invece battuta per il reato di lesioni semplici qualificate. «L’unica vera ferita, quella sulla nuca, è stata inflitta accidentalmente cadendo da un muretto, gli altri sono graffi. Il mio assistito non ha deliberatamente affondato il taglierino ma lo ha solo appoggiato sulla pelle della vittima per una decina di minuti». La pena proposta dalla difesa è di 2 anni di detenzione, sospesi, e in aggiunta una misura terapeutica per curare l’alcolismo. E niente espulsione.

La Corte ha però sposato la tesi del tentato omicidio: «Pur non desiderandolo, ha accettato la possibile realizzazione dell’evento morte per 35 franchi», ha sentenziato Ermani aggiungendo che il taglierino alla gola ha «creato un pericolo concreto e imminente di decesso». La Corte ha tenuto conto di una scemata imputabilità per le condizioni psicologiche e sociali dell’uomo e reputato il caso «di rigore», quindi niente espulsione: «In Italia rischierebbe di diventare un malvivente». In carcere sarà sottoposto a un trattamento terapeutico.

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