Politica

Decreto Morisoli (atto secondo), la fredda reazione dei partiti

Il sindacato VPOD ci riprova lanciando un’iniziativa popolare che mira a ribaltare la votazione del 2022 - PLR, Centro e Lega in coro: «Un atto simbolico, scadrebbe comunque a fine 2025» - Il PS invece «ha altre priorità»
©Gabriele Putzu
Paolo Gianinazzi
02.04.2024 20:15

Decreto Morisoli, atto secondo. Dopo la votazione popolare del maggio 2022, quanto i ticinesi approvarono il «Decreto legislativo concernente il pareggio del conto economico» con il 56,9% di sì, ora il sindacato VPOD ci riprova. E lo fa lanciando un’iniziativa popolare per abrogare, appunto, l’ormai celebre «decreto Morisoli» che mira al pareggio di bilancio entro la fine del 2025.

L’idea, lo ricordiamo, era stata ventilata dai sindacati VPOD, OCST e SIT a fine gennaio e la proposta di lanciare un’iniziativa in tal senso era stata messa sul tavolo del comitato «Stop ai tagli» nelle discussioni in vista dello sciopero poi tenutosi a fine febbraio. Alla fine, però, a passare dalle parole ai fatti è stata la VPOD. Questa mattina sul Foglio ufficiale è infatti apparsa una domanda di iniziativa popolare legislativa elaborata con il titolo che è già un programma: «Sì all’abolizione del decreto Morisoli alla base degli inaccettabili tagli cantonali 2024-2025». Già, perché come spiegava Raoul Ghisletta già a fine gennaio, «credo che oggi la coscienza di che cosa significa risanare le finanze agendo solo sulla spesa sia aumentata tantissimo» ed «è quindi il momento di rimettere in discussione quella decisione, sia per quanto sta accadendo con il Preventivo 2024, sia per quanto accadrà con il Preventivo 2025, destinato ad essere peggiore di quello attuale». Ora, per portare alle urne i ticinesi il sindacato avrà a disposizione 100 giorni (fino al 10 luglio) per raccogliere le 7 mila firme necessarie. Raccolta firme che, visto il periodo caldo sul fronte delle finanze cantonali, con buone probabilità andrà a buon fine. Tuttavia, perlomeno tra i partiti di Governo c’è un certo scetticismo sulle tempistiche e in parte anche sull’utilità dell’operazione. E questo perché il famoso decreto è destinato a «scomparire» in maniera naturale a fine 2025.

«Raccogliere le firme è certamente legittimo. Ma va detto che il decreto ha una scadenza fissata alla fine del 2025. Quindi rischia di essere un’iniziativa simbolica, con il rischio concreto di votare nel momento in cui il decreto decadrebbe da solo», spiega in questo senso la capogruppo del PLR Alessandra Gianella. Ma, aggiunge la liberale radicale, «al di là del decreto Morisoli e dell’iniziativa VPOD, in ogni caso lo sforzo per contenere la spesa va comunque fatto, non solo perché è scritto nella Costituzione con il meccanismo del freno ai disavanzi, ma anche perché abbiamo assolutamente bisogno di riformare quello che lo Stato fa, e come lo fa ». Anche perché, chiosa infine Gianella, «l’alternativa è quella di aumentare le imposte, che è il vero obiettivo della sinistra».

Sulla stessa linea anche il Centro, con il capogruppo Maurizio Agustoni. «Capisco l’intento politico di lanciare un messaggio, ma è anche vero che il decreto giungerà comunque a scadenza nel dicembre 2025. Quindi l’ultimo l’esercizio politico che farà parte del decreto è il Preventivo 2025, che sarà presentato tra 5 o 6 mesi. E se in quel preventivo ci dovessero essere misure non condivise, come d’altronde è stato dimostrato per il Preventivo 2024, il Gran Consiglio o il popolo avranno sempre la possibilità di contrastare quelle misure». Oltre a ciò, spiega anche Agustoni, «ora che andrà in votazione questa iniziativa il decreto potrebbe essere già scaduto, trasformando la votazione popolare in una specie di sondaggio». Insomma, chiosa il capogruppo del Centro, «è tutto legittimo e ognuno è libero di lanciare le iniziative sui temi che ritiene più opportuni, ma all’atto pratico, anche per chi firmerà questa iniziativa, essa rischia di promettere più cose di quelle che può realmente ottenere».

Critiche sulle tempistiche giungono anche dalla Lega. In questo senso, per il vice-coordinatore della Lega Alessandro Mazzoleni l’operazione, «che pare più che altro una mossa politica ed elettorale, lascia il tempo che trova perché rischiamo di andare a votare quando la questione del preventivo sarà già regolata e quindi, anche se dovesse passare alle urne, finirebbe nel nulla». Senza dimenticare che «con o senza decreto, la Costituzione cantonale prevede già il meccanismo del freno ai disavanzi». Ma, aggiunge Mazzoleni, «perlomeno il decreto ha l’aspetto positivo di escludere l’aumento delle imposte per riequilibrare i conti». In più, chiosa il leghista, «va pure detto che tornare al voto per abolire qualcosa che il popolo ha voluto fa sorgere qualche interrogativo».

Anche a sinistra, con il PS, l’iniziativa è accolta con una certa freddezza. «Premetto che si tratta di una decisione dei vertici della VPOD e non è stato richiesto il sostegno dei partiti, perché questa vuole essere una campagna di società», spiega il co-presidente Fabrizio Sirica. «Al netto di ciò – aggiunge il socialista – noi come PS in questa fase vogliamo concentrare tutti i nostri sforzi su altre battaglie», tre delle quali si terranno il 9 giugno: «La riforma fiscale, le misure di compensazione per gli affiliati della Cassa pensioni dello Stato e la nostra iniziativa per limitare il costo dei premi di cassa malati». Detto altrimenti: «Le priorità del PS sono altre in questo momento». Anche perché, aggiunge Sirica, «in particolar modo il voto sulla riforma fiscale è per noi la battaglia da vincere. Perché già a quel punto la popolazione darà un segnale politico molto chiaro: se vuole oppure no proseguire con le politiche fiscali portate avanti negli ultimi anni». Dopodiché, «se dovremo pronunciarci sul decreto Morisoli ovviamente saremo favorevoli alla sua abrogazione, ma con le responsabilità politiche che abbiamo come partito non possiamo ignorare che per noi le battaglie da fare sono altre».

Il «padre» del decreto, Sergio Morisoli, per descrivere l’iniziativa utilizza invece una metafora: «Mi sembra che per spegnere un incendio l’intenzione sia quella di proibire gli estintori». Come dire, aggiunge il capogruppo dell’UDC:«Non si scappa, che sia il decreto oppure la Costituzione, l’obbligo del pareggio di bilancio c’è». Ma, chiosa Morisoli, «almeno il decreto dava tre importanti garanzie: non aumentare le imposte, non riversare i costi sui Comuni e non tagliare sui bisognosi. Senza il decreto dunque si darebbe carta bianca al Governo. E bisogna essere coscienti che se si vuole trovare il pareggio agendo solo sulle imposte occorrerebbe aumentarle del 20% a tutti».

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