Delitto di Aurigeno, carcere a vita per il 44.enne: «Era lì per uccidere»

«È un lucido assassinio. Quel giorno era lì per uccidere. Ha sparato tre volte dal basso verso l'alto in direzione delle scapole con precisione chirurgica». Con queste parole il giudice Amos Pagnamenta, presidente, della Corte delle Assise criminali ha commentato pochi minuti fa la sentenza di condanna per il reato di assassinio pronunciata nei confronti del 44.enne del Locarnese, di origini siciliane, che l’11 maggio 2023 esplose tre colpi di pistola contro l’allora custode del Centro scolastico della Bassa Vallemaggia ai Ronchini di Aurigeno. Tre colpi che non lasciarono scampo all’uomo. Tre colpi per i quali al «killer» è stata inflitta la pena del carcere a vita, come chiesto dall’accusa.
Nei confronti del 33.enne kosovaro che gli vendette l’arma, ritenuto suo complice per quanto attiene all’accusa ma per il reato di messa in pericolo della sicurezza pubblica con armi e non di assassinio, la pena decisa dalla Corte è di sette anni. Questo in considerazione anche dagli altri reati dei quali è stato riconosciuto colpevole, su tutti quelli legati alla vicenda dei permessi di soggiorno fasulli che era riuscito a far rilasciare ad una decina di suoi connazionali. Tre anni, due dei quali sospesi, sono stati infine inflitti all’ex dipendente del «killer», che fece da intermediaria nella compravendita della pistola e che è stata ritenuta complice del principale imputato, ma per il reato di omicidio per dolo eventuale.
L’accusa, promossa dai procuratori pubblici Roberto Ruggeri e Pablo Fäh, aveva chiesto, come detto, la carcerazione perpetua per il 44.enne in quanto colpevole di assassinio. Per l’uomo che gli vendette l’arma, la richiesta di pena era stata di 10 anni di prigione, mentre per la donna che fece da intermediaria tra i due erano stati proposti sette anni, sempre da espiare. Le difese di quest’ultimi, sostenute dagli avvocati Gianluigi Della Santa e Matteo Poretti, si erano battute per una pena massima di 48 mesi da comminare al complice, rispettivamente per il proscioglimento dell’allora impiegata del «killer». L’avvocato Fabio Bacchetta Cattori, patrocinatore del 44.enne, ave va postulato la derubricazione da assassinio a omicidio per dolo eventuale a carico del suo assistito, esimendosi dal formulare una pena alternativa da quella richiesta dalla pubblica accusa per rispetto della vittima, dei suoi figli e di tutti i suoi familiari.