Delitto di Aurigeno: «Non lo volevo uccidere, solo fargli del male»

«Ero convinto di andare lì per fargli del male, non per ucciderlo. Volevo farlo smettere di vessarmi con insulti e minacce. Non ce la facevo. Ero andato totalmente in tilt». Incalzato dalle domande del giudice Amos Pagnamenta, presidente della Corte delle Assise criminali, il 44.enne alla sbarra per rispondere del reato di assassinio, non nega di aver ammazzato con tre colpi di pistola l'allora custode del Centro scolastico della Bassa Vallemaggia ai Ronchini di Aurigeno, suo rivale in amore. Ma il delitto commesso l'11 maggio di due anni fa, questa la sua linea difensiva, non era premeditato. Voleva solo dare una lezione all'uomo che si era legato sentimentalmente a sua moglie e che non la smetteva di rendergli la vita impossibile. «Non ce la facevo più», ha ribadito più volte il 44.enne difeso dall'avvocato Fabio Bacchetta Cattori.
Quanto accaduto poco dopo le 13 di quel funesto giovedì è stato il tragico epilogo di 11 mesi cariche di tensione tra l'imputato (sul banco insieme a lui anche il 33.enne che gli vendette l'arma e la donna che face da tramite tra i due), sua moglie (con la quale era in corso una causa di separazione) ed il custode del Centro scolastico. Un periodo contraddistinto da insulti e minacce reciproche, che aveva anche indotto il 44.enne a fabbricare delle bottiglie molotov che aveva lasciato vicino all'abitazione della moglie. «Volevo usarle per immolarmi davanti lei», ha tentato di giustificarsi l'uomo per l'atto che secondo il procuratore pubblico Roberto Ruggeri altro non era che un tentativo di intimidire intimidatorio la donna ed il suo nuovo compagno. Nel pomeriggio il dibattimento si concentrerà sulla sparatoria costata la vita all'allora custode del centro scolastico dei Ronchini di Aurigeno.