Delitto di Monte Carasso, la presunta mente alla sbarra

Stavolta in aula ci sarà solo lei. Lei che dovrà rispondere alle domande della presidente della Corte di appello e di revisione penale di Locarno Giovanna Roggero-Will, affiancata dalle colleghe giudici Rosa Item e Chiarella Rei-Ferrari. Lei che sarà chiamata a ribattere la tesi dell’accusa, che la ritiene la mente del delitto di Monte Carasso commesso il 19 luglio 2016. Sono passati quattro anni, e i prossimi 8 e 9 settembre – eccezionalmente nella sala B del Palazzo dei congressi a Lugano, per rispettare il distanziamento sociale e le norme igieniche imposte dall’emergenza sanitaria, come era avvenuto ad inizio luglio per il dibattimento per la strage sventata alla Scuola cantonale di Commercio a Bellinzona – verrà celebrato il processo bis a carico della 40.enne di nazionalità russa che il 15 aprile 2019 fu condannata al carcere a vita per aver preso parte all’assassinio dell’ex moglie del suo attuale marito, un 49.enne ticinese.
Quest’ultimo, come anticipato dal Corriere del Ticino in dicembre, ha accettato la pena di 16 anni di detenzione che gli è stata inflitta alle Assise criminali. In un primo momento aveva inoltrato ricorso contro la sentenza, ma poi l’ha ritirato dopo una profonda riflessione interiore sfociata nella decisione di scrivere la parola fine su una dolorosissima vicenda.
«Movente economico»
Alla sbarra, dunque, fra meno di un mese, comparirà solo la cittadina dell’Est, patrocinata dall’avvocato Yasar Ravi. Aveva conosciuto quello che poi sarebbe diventato l’amore della sua vita su un sito per cuori solitari. Nel febbraio 2016 si sposano. Fra il 49.enne e la sua ex moglie i rapporti non sono dei migliori, per via degli alimenti che l’uomo le doveva. Eccolo, il movente: economico. Il ticinese e la 40.enne russa pianificano quindi l’uccisione della donna. Ad istigarlo, stando alla ricostruzione dell’accusa, è proprio stata l’imputata che verrà processata ad inizio settembre. Aveva minacciato il compagno che, se non avesse esaudito la sua richiesta, sarebbe tornata nel suo Paese d’origine. Addio per sempre. Addio ad una vita insieme.
La confessione due anni dopo
Il 19 luglio 2016 passano quindi all’azione. L’uomo si reca a casa della madre dei suoi figli, la fa ubriacare, e in seguito la aggredisce premendole il collo con le dita e facendole perdere i sensi. Non pago, la trascina nella camera da letto e le taglia i polsi per inscenare il suicidio. Un delitto premeditato, come ha osservato il presidente della Corte delle Assise criminali Amos Pagnamenta. Che avrebbe potuto essere anche un delitto perfetto, se il 49.enne – due anni dopo i fatti – non avesse avuto dei rimorsi di coscienza, andando quindi a confessarsi da un sacerdote. Gli inquirenti, infatti, avevano archiviato il caso, appunto, come un gesto estremo. Ma tutto è cambiato quando il 49.enne si è tolto quell’insopportabile macigno che aveva sullo stomaco.
L’arresto e l’inchiesta
Nel maggio 2018 scattano le manette. Sia per l’uomo sia per la 40.enne russa. La quale, tuttavia, ha sempre ribadito di non c’entrare nulla con l’assassinio dell’ex moglie di suo marito. La procuratrice pubblica Chiara Borelli non le crede. Anche la Corte di primo grado, come visto, ha ritenuto non vera la sua versione. Condannandola al carcere a vita, come chiesto proprio dall’accusa. La difesa si era invece battuta per il proscioglimento. Il dibattimento durerà due giorni. La sentenza verrà in seguito comunicata alle parti entro un mese. È molto verosimile che quello che verrà scritto in settembre possa non essere l’ultimo capitolo di questa triste vicenda: vi è sempre la possibilità di ricorrere al Tribunale federale, ipotesi tutt’altro che remota considerando le distanze abissali che separano le parti. Alla Corte di appello il compito di giudicare chi ha ragione.
L’omicidio di Gordola
Comparirà alla sbarra in novembre, invece, il 24.enne condannato oltre dodici mesi fa a 5 anni di prigione per omicidio colposo per aver ucciso un 44.enne del Mendrisiotto il 22 aprile 2017 all’esterno della discoteca La Rotonda di Gordola. Il processo verrà celebrato di fronte alla Corte di appello e di revisione penale di Locarno. Il procuratore pubblico Arturo Garzoni aveva chiesto una pena detentiva di 10 anni per omicidio intenzionale, in quanto a suo dire nel gesto del giovane c’era proprio la volontà di uccidere. Di tutt’altro parere la difesa, rappresentata dall’avvocato Yasar Ravi, che si era battuta per il proscioglimento.
