Determinata, con tante passioni declinate al senso della giustizia

Con Greta Gysin l’appuntamento è nel corso della sessione autunnale alle Camere federali, l’ultima della legislatura. I concomitanti impegni non ci hanno permesso di trovare uno spazio nel suo Ticino «ed è stato un peccato, perché amo la natura, il paesaggio e da giovane facevo pure arrampicata». Ecco il primo aspetto curioso di Gysin, che in politica è arrivata giovanissima e ora, 40 anni compiuti oggi, ha già alle spalle una carriera importante. Ci troviamo al terzo piano di Palazzo federale, nell’ufficio del gruppo parlamentare dei Verdi, la sessione è in corso e i temi sono tanti. Ma chi è Greta Gysin? «Sono una persona impegnata su tanti fronti. In primo luogo come mamma e consigliera nazionale». Il tono della voce si fa meno tonico, più istituzionale e rispettoso dell’essere rappresentante dei cittadini nel luogo in cui ci troviamo. «Sulla scena politica sono presente da 20 anni. Quando ci penso mi fa un po’ effetto». E che tipo di personaggio pubblico si ritiene? «Sono determinata, e sui valori non transigo, ma porto sempre rispetto per chi non la pensa come me. Di me in ogni caso nessuno potrà mai dire che non ho il coraggio delle mie opinioni». E dal profilo privato? «Sono soprattutto mamma di tre bambini, che trascorre più tempo possibile al loro fianco. Sono la mia gioia e il mio orgoglio: Enea 9 anni, Lelia e Ada, gemelle di 6 anni. E, tra una cosa e l’altra, cerco di ritagliare del tempo per le mie passioni».
Tra Rovio e le Centovalli
Ma partiamo dall’infanzia: nata a Locarno, ha poi trascorso gli anni successivi a Rovio «che è il centro della mia vita. La mia infanzia è stata molto felice, vissuta in gran parte all’aria aperta, vivendo appieno il paese al confine col bosco e il Monte Generoso. Del nucleo di Rovio conosco ogni angolo: quanti pomeriggi a giocare a nascondino». E caratterialmente come si descrive? «Ero già tosta da piccola. Una delle mie figlie è un po’ l’esatta copia mia, al punto che mia madre una volta mi ha detto ridendo “ora puoi capire cosa ho passato io”. Però sono anche sempre stata una persona molto attenta, empatica e sensibile. Ho un forte senso della giustizia, questo è il mio motore». Ma Greta non è figlia unica, ha una sorella maggiore, Nuria, e un fratello gemello, Sebastiano.
La passione per la natura è arrivata dai genitori tra Rovio e le Centovalli «dove la mia famiglia ha un rustico acquistato negli anni Settanta, prima che esplodesse la febbre dei rustici in Ticino. L’anno scorso abbiamo rischiato di perderlo in un incendio boschivo, è stato terribile. Ci vado spesso: lassù stacco davvero da tutto e tutti. Là, la dimensione delle cose è autentica».
Il Cantone d’origine del papà di Greta è Basilea Campagna dove «andavamo in vacanza, soprattutto nella stagione delle ciliegie, che là crescono belle e ottime. Era una bella tradizione recarvisi per il raccolto. Con le ciliegie brutte si faceva il Kirsch, mentre quelle più belle andavano per la vendita».
Gli anni delle grandi amicizie
L’infanzia è stata contraddistinta anche dai viaggi in famiglia: «Ricordo Parigi e Londra, dove ancora vive mio zio. A Londra mi aveva impressionato la dimensione dell’albergo: aveva 1.000 posti letto, il doppio degli abitanti di Rovio di allora! Per andare a Parigi abbiamo attraversato la manica in battello, e poi continuato in treno. Nella capitale francese l’albergo era invece piccolo, tipicamente parigino. Ricordo le baguette, buonissime. Costavano 4 franchi francesi». All’epoca Greta aveva 8 anni, eppure si ricorda ancora molti dettagli: «Ho buona memoria ed è quindi una fortuna avere tanti momenti belli da ricordare». Mamma Ruth non lavorava, si occupava della famiglia, «poi, una volta cresciuti noi, si è riattivata professionalmente, come autista prima, e più tardi lavorando in Provvida Madre». Papà Fritz, ingegnere civile, «aveva lo studio a casa, e ciò gli ha permesso di essere un padre davvero molto presente».
Greta era una secchiona? «Ero brava a scuola, ho sempre avuto facilità nell’apprendimento. Secchiona però non direi proprio: studiavo poco. Sono stata un’allieva che non dava problemi, però le cose non le ho mai mandate a dire». Cosa intende? «Se vedevo delle ingiustizie, non riuscivo a stare zitta. Anche a costo di scontrarmi con i docenti». Poi ha fatto il Liceo scientifico a Mendrisio, «mantenendo il latino fino a quando è stato possibile. Sono stati gli anni più belli, vissuti con grande passione e in cui sono nate le più grandi amicizie, quelle che perdurano ancora oggi».
Pianoforte: la passione spenta
Da bambina ha suonato il pianoforte, «ma purtroppo la maestra era troppo severa al punto che mi ha fatto passare la passione. Peccato, perché oggi mi spiace non suonare uno strumento. Chi insegna dovrebbe accendere, non spegnere, la sete di conoscenza ed apprendimento. È un aspetto essenziale e sono molto attenta con le mie figlie e mio figlio». Una riflessione che in effetti non sempre siamo portati a fare: «Oggi in quello che dico c’è soprattutto una mamma che vuole il meglio per i propri figli. Conosco le loro passioni, le forze e le debolezze. Bisogna incoraggiarli secondo le loro peculiarità». La scuola e la vita è anche questo: «Eppure il nostro sistema pretende che chiunque si sviluppi alla stessa maniera e velocità. Così in realtà però non è. Ci vorrebbe più attenzione e rispetto verso l’unicità di ogni persona». Entra una collega e c’è uno scambio in stretto Schwyzerdütsch: «Sono cresciuta bilingue e questo mi è stato di notevole vantaggio, anche qua a Palazzo». Siamo agli anni dell’Università a Zurigo con studi in scienze politiche e storia: «È andata bene, ma se devo fare un’autocritica, per me sarebbe stato meglio un indirizzo meno teorico. Ormai però è tardi per i rimpianti». Finita l’Università è tornata in Ticino lavorando per l’allora Reninvest. È in concomitanza con gli studi che si è sviluppata la passione per la politica istituzionale. È stata granconsigliera dal 2007 al 2015, anno nel quale si è trasferita a Zurigo dove è iniziato l’impegno sindacale presso Transfair, che oggi presiede: «È stato un grande arricchimento. Ho appreso l’arte della negoziazione, della ricerca di soluzioni condivise. E ho seguito e aiutato tante persone che vivevano momenti di grandi difficoltà. Ti apre gli occhi, ti fa riflettere sul senso della solidarietà». Ma l’impiego pubblico non è tranquillo, sicuro e privilegiato? «Era così nel passato, oggi non più. Non c’è né la garanzia del lavoro né scatti salariali garantiti. E le violazioni del diritto del lavoro o i problemi interpersonali ci sono in ogni settore». Oggi Greta è tornata nella sua Rovio, dove ci sono i suoi affetti: «Era sempre stato chiaro sarei tornata in Ticino, a casa, solo non sapevo quando».
Una carriera politica folgorante
Voltiamo pagina ed eccoci al capitolo della politica: «Mi sembra ieri che ho cominciato, e oggi mi trovo con 20 anni di attività alle spalle. Nel 2004 sono stata eletta in Consiglio comunale a Rovio, poi nel 2007 è arrivato il Gran Consiglio». Veniamo ad un aneddoto, anno 2006, campagna elettorale e il sottoscritto muoveva i primi passi a Teleticino nella conduzione de «La piazza del Corriere». E Gysin ha tenuto lì il suo battesimo in TV: «Ricordo tutto molto bene, si parlava di donne e politica. Io ero tesissima, ma anche tu Gianni non scherzavi. Alla fine in ogni caso ero distrutta, credevo di aver detto solo banalità. Rientrando a casa, in lacrime, mi sono ripromessa che sarebbe stato il primo ed ultimo dibattito…». Durante la campagna elettorale «un collega di partito piuttosto in vista mi disse “tu non sarai mai eletta, farò il doppio dei tuoi voti”, ma poi andò diversamente». La carriera politica è stata un crescendo: «Sono stata anche favorita dal mio partito in forte crescita. In politica ci puoi mettere tutto l’impegno e la competenza che vuoi, ma devi anche avere la fortuna di essere al posto giusto nel momento giusto. Poi il mio partito ha preso una piega che non sentivo più mia e nel 2015 mi sono presa una pausa: dopo un quadriennio di lotte intestine non ne potevo davvero più. Stavamo perdendo i nostri valori per essere un po’ di tutto purché portasse voti. Ma lasciamo perdere, ciò che è stato è stato e non si può più cambiare. Oggi siamo tornati autentici, attivi su quelli che sono i nostri valori». Degli anni di Gran Consiglio cita «quella che è una gran brava persona e un amico, Francesco Maggi, capogruppo competente, attento. Ha quel suo modo un po’ burbero, ma non parla mai a vanvera. E poi c’è stata Michela Delcò Petralli, stoica nel condurre con me la battaglia per il salario minimo».
Nel 2019 il grande rientro con l’elezione storica al Consiglio nazionale: «Sono tornata con l’intento di dare una mano a chi aveva rimesso insieme i cocci del partito. L’elezione è stata inaspettata e fantastica, quante emozioni! Il Ticino ecologista a Palazzo federale, qualcosa di fino a poco prima inimmaginabile. Oggi ci siamo e vogliamo rimanere: credo nella corsa che sto facendo per trovare la conferma al Nazionale e nel tentativo di confermare il seggio d’area Consiglio degli Stati. Ciò che è stato possibile nel 2019, possiamo ripeterlo nel 2023».
A caccia con Regazzi? Sì, ma...
È quasi tempo di chiudere e di tornare ognuno alla sua attività. Ma non si può dimenticare il tempo libero e l’aria aperta: «Da giovane ho fatto alpinismo e arrampicata sportiva, sono stata addirittura campionessa ticinese juniores. Stare in parete, col vuoto tutto attorno, mi ha sempre dato un senso di libertà. Oggi mi limito alle vie ferrate, ma meglio che niente!». E c’è un parallelismo con la vita politica? «Occorre determinazione, e allo stesso tempo prudenza. E all’evenienza di una caduta devi prepararti, per evitare di farti male sul serio. Sì, ci sono tanti parallelismi. Quando mi rimane del tempo inforco la bici da corsa, oppure mi occupo del giardino o di fare la legna». Ma come? Con motosega e accetta in pugno? «Certo, sono una donna del fare, piena di energia e dedita anche all’artigianato, come posare piastrelle o restaurare vecchi armadi. Il lavoro fisico compensa quello politico, che è molto di testa. Sono fatta così, questa è l’autentica Greta». Concludiamo con un’amicizia sincera in politica, quella con Fabio Regazzi: «È un avversario politico, direi il mio più acerrimo, ma ci si può apprezzare lo stesso come persona. A caccia? Sì, prima o poi lo accompagnerò. Perché mi incuriosisce, e per far scappare la selvaggina al momento giusto”, dice ridendo.