L'intervista

«Di fronte a situazioni complesse non si deve perdere la bussola»

Il cosiddetto «caso Hospita-Lega», ma anche i conti in rosso del Cantone e il piano del Governo sulle due iniziative di cassa malati: ospite de «La domenica del Corriere», il direttore del DFE Christian Vitta ha fatto il punto sui dossier più spinosi di questo finale di legislatura
©Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
23.11.2025 22:45

Il cosiddetto «caso Hospita-Lega», ma anche i conti in rosso del Cantone e il piano del Governo sulle due iniziative di cassa malati. Ospite de «La domenica del Corriere», il direttore del DFE Christian Vitta ha fatto il punto sui dossier più spinosi di questo finale di legislatura.

Da settimane si parla del «caso Hospita-Lega» e la Gestione ha deciso di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta. Un organismo politico: il fatto che un gruppo di politici indaghi su altri politici non può far dubitare?
«Bisogna aver riguardo affinché lo strumento della CPI non venga politicizzato nell’ambito dei lavori. Qualora il Parlamento deciderà di istituire la Commissione, sarà importante definirne bene il mandato e assicurarsi poi che i lavori siano portati avanti in maniera rigorosa».

A «Detto tra noi» il presidente del Governo, Norman Gobbi, è stato protagonista di un’intervista sul tema. Non le chiedo un giudizio sul collega, ma cosa le è rimasto?
«Il Governo, nel momento in cui sarà interpellato sulla costituzione della Commissione, potrà esprimersi nel merito. Come ho detto, sarà importante avere ben chiaro qual è l’obiettivo e qual è il mandato che si vuole attribuire alla CPI».

Passando ai conti del 2026, il deficit sfiora i 100 milioni. Ci si può permettere che il disavanzo sprofondi ulteriormente nel corso dei dibattiti parlamentari?
«Nell’ambito della trattazione di un preventivo, il Parlamento ha spesso fatto alcuni interventi, apportando modifiche o complementi. È importante, però, che tutto avvenga nel rispetto delle regole finanziarie che abbiamo nelle leggi e nella Costituzione. Se ci sono importanti interventi di modifica finanziaria, questi devono trovare una giusta e reale compensazione».

In coda a ogni comunicazione del Governo sui conti spesso c’è un richiamo alla responsabilità politica. Ha l’impressione che l’appello venga recepito dai partiti?
«Da un lato, vi è sicuramente la presa di coscienza della situazione finanziaria, tutti ne sono consapevoli. Poi, però, si sovrappone una forte polarizzazione, una campagna elettorale permanente. E l’avvicinarci alla prossima scadenza elettorale rende il tutto ancora più complesso, perché ciascuno vuole profilarsi ed emergere. Però il rispetto per le istituzioni significa anche non perdere la bussola di fronte a situazioni complesse».

Questa campagna permanente è una specificità ticinese?
«La tendenza generale della politica, oggi, è di essere sempre più mediatizzata, e quindi più orientata alle scadenze elettorali. In Ticino, questa situazione è portata un po’ all’esasperazione, perché siamo un piccolo cantone con un’importante presenza mediatica, e questo rende la dinamica ancora più acuta».

Torniamo al preventivo, che contiene una manovra da 120 milioni di franchi ma sbilanciata: 80 milioni alla voce entrate e solo la metà, 40 milioni, per le uscite. Come si giustifica l’asimmetria?
«In realtà, nel determinare questa proporzione incidono le misure legate ai Comuni, che determinano sì maggiori entrate per il Cantone, ma che sono state complessivamente compensate per i Comuni con l’adeguamento delle stime immobiliari. Mettendo insieme questi elementi emergono i dati che lei ha citato».

Se guardiamo i preventivi degli ultimi 25 anni, si constata una storia tinta di rosso. Come lo spiega?
«Le spiegazioni possono essere molteplici. Da un lato, siamo un cantone latino e, così come altri cantoni romandi, abbiamo un approccio al tema finanziario differente rispetto ai cantoni svizzero-tedeschi. È una differenza anche di natura culturale, i cantoni svizzero-tedeschi tendono ad essere più attenti e rigorosi verso i temi finanziari. D’altro canto, abbiamo un elemento che non aiuta nella coesione nazionale: la solidarietà intercantonale, che si traduce nella perequazione. Ci sono differenze forti, che non ci aiutano a dare un po’ di ossigeno strutturale alle finanze cantonali. Infine, nel nostro cantone il ruolo dello Stato è centrale in molte attività della società. Questo costa anche finanziariamente».

A proposito della perequazione: da Berna potrebbe arrivare una sorpresa gradita al Ticino che riceverebbe qualche franco in più. Una scelta politica o un contentino in vista del pacchetto di risparmio della Confederazione?
«In realtà, questo è il risultato di un’intensa attività del Governo. Negli ultimi mesi, ci siamo recati più volte a Berna per segnalare lo scontento di fronte alla situazione della perequazione intercantonale. Il Ticino, lo ricordo, riceve attorno ai 100 milioni, mentre i Grigioni più di 200 e il Vallese oltre 800, per citare due cantoni a noi vicini. Abbiamo tematizzato questa insoddisfazione, in particolare per quanto riguarda il meccanismo di calcolo dei frontalieri, e ora il Consiglio federale ha deciso di mettere in consultazione una modifica dell’ordinanza. Per la verità, ci saremmo attesi di più, ma è un primo passo che va nella direzione di smuovere le acque permettendoci di avere una qualche risorsa in più».

Nel Preventivo 2026 un altro indicatore è quello del debito pubblico, vicino alla soglia di 2,9 miliardi. È preoccupato?
«Il debito pubblico ci deve preoccupare se cresce troppo rapidamente e se non è utilizzato per effettuare investimenti che fanno crescere e progredire il Paese, perché poi va ripagato e onorato. In questo senso, il nostro debito pubblico deve essere attentamente monitorato e tenuto sotto controllo. Se sfuggisse di mano, l’onere sulle finanze pubbliche e quindi, di riflesso, il peso sui cittadini potrebbe diventare un fardello pesante».

C’è chi ritiene che il Governo sia troppo pessimista, visto che i dati a preventivo spesso vengono rivisti al rialzo nel consultivo. Ora a preoccupare è la soglia dei 700 milioni nel 2028. Un importo realistico o che sarà ridimensionato?
«Bisogna premettere che la situazione finanziaria del Ticino è fragile e lo è strutturalmente come ci indicano i dati storici. Per quanto riguarda l’orizzonte del 2028, c’è un insieme di fattori che portano a questi 700 milioni: le iniziative sulle casse malati, EFAS, l’abolizione del valore locativo e le misure di risparmio della Confederazione. Una cifra che deve spaventare perché è insostenibile. Settecento milioni sono all’incirca 15% del budget dello Stato. Nella storia recente della Svizzera, non c’è mai stato alcun cantone che ha raggiunto una simile percentuale. Occorre quindi assolutamente evitare che questo scenario si realizzi».

Il disavanzo importante è anche determinato dalle due iniziative sulle casse malati. Il direttore dell’IDHEAP Nils Soguel ha fatto presente che sarà impossibile applicarle entrambe. È opportuno che un consulente del Governo si pronunci in questi termini?
«L’essenza del messaggio del professore è che la cifra di 700 milioni è insostenibile per il nostro Cantone. Il richiamo è quindi legato alla sopportabilità finanziaria. La road-map del Governo, che prevede una messa in funzione a tappe e parallela delle due iniziative, risponde proprio alla necessità di trovare le necessarie risorse finanziarie. Caso contrario, si corre il rischio di avere delle soluzioni che non sono durature nel tempo e questo non è nell’interesse dei cittadini».

Eppure, il «populismo» di questi tempi sta trascinando anche la politica in questa direzione. I partiti, compresi quelli di Governo, sostengono infatti che le iniziative devono essere implementate, senza attendere oltre. Come risponde?
«Come detto, l’obiettivo del Governo è trovare soluzione finanziariamente sostenibili e duratura nel tempo. Vogliamo una soluzione che sia ben strutturata, equilibrata e finanziata».

Gli iniziativisti, sia Lega che PS, hanno però detto di essere delusi dal Governo, trovando un’alleanza insolita fondata proprio sull’indignazione. Che ne pensa?
«È una reazione legata alla tempistica. È però compito del Governo considerare il contesto complessivo all’interno del quale ci muoviamo anche se questo non sempre permette di raccogliere applausi».

Voi avete incontrato gli iniziativisti, i Comuni e i partner sociali, ma non gli altri partiti. È stata una dimenticanza o una scelta?
«Il giro delle consultazioni non è ancora terminato. Abbiamo iniziato a raccogliere le sensibilità di alcuni attori, ma sarà molto importante sentiremo anche le forze politiche, sono partner importanti soprattutto in vista dell’iter legislativo». Corriere del Ticino