Svizzera

Dick Marty: «La guerra in Ucraina la stanno vincendo i mercanti d'armi»

L'ex procuratore pubblico si racconta in un evento dell'Associazione PCDH19Suisse: «La vita sotto protezione? A pagare il prezzo più alto è stata mia nipote»
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Mattia Sacchi
04.05.2023 06:00

«Grazie a mia moglie abbiamo affrontato abbastanza bene i 16 mesi chiusi in casa, assieme a militi e agenti di polizia, che peraltro sono stati squisiti con noi. Ma c’è sempre chi in queste situazioni paga un prezzo troppo alto. E non posso non pensare alla mia nipotina, che subito dopo le restrizioni della pandemia ha cominciato a sentire per quasi un anno e mezzo che i nonni erano minacciati di morte». È visibilmente commosso Dick Marty, mentre parla dei mesi passati sotto protezione speciale da parte della Polizia Federale per il concreto rischio di essere stato il bersaglio di un piano per assassinarlo, i cui mandanti potrebbero essere persone vicine al governo serbo, a causa del suo rapporto del 2010 sui crimini dell’Esercito di liberazione del Kosovo, il quale ha originato un procedimento internazionale che ha portato all’arresto dell’ex presidente kosovaro Hashim Thaci. «È vero, posso dire che in fondo me la sono cercata, come successo ad altri colleghi – racconta l’ex procuratore pubblico -. La differenza è che perlomeno loro erano il dominus dell’inchiesta, della quale conoscevano tutti i dettagli. Nel mio caso non è stato affatto così: sono stato solo un bersaglio da proteggere. Peraltro con un grado di protezione «da record»: il precedente era di soli 6 giorni, quando John Kerry partecipò a una conferenza a Montreux…».

Aneddoti e momenti di profonda riflessione di 16 mesi, «comunque straordinariamente arricchenti», che Marty ha raccontato ieri sera all’Aula Magna del Campus Est USI – SUPSI, in un incontro organizzato dall’Associazione PCDH19Suisse, che sostiene la ricerca sulla malattia genetica rara PCDH19, che colpisce in prevalenza le bambine nel primo anno di vita, causando crisi epilettiche e altri problemi come autismo e disordini ossessivo-compulsivi. “Siamo fieri che una persona di tale caratura abbia mostrato tutta questa sincera sensibilità verso la nostra associazione”, commenta la presidente Sandrine Guinet Dubied.

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Durante la conversazione con Venanzio Meneghetti, l’ex Consigliere di Stato ha ripercorso le tappe più significative della sua carriera, le quali alle volte hanno coinciso con momenti spartiacque per la storia svizzera, come nel caso della lotta al segreto bancario: «C’erano giovani magistrati come me e Paolo Bernasconi che facevamo notare come continuavano ad arrivare in Svizzera miliardi di franchi, nascosti nei modi più ingegnosi, dall’Italia e da paesi dell’Est. Non importavamo solo soldi, ma anche una cultura di frode, evasione e criminalità. Quando abbiamo lanciato l’allarme venivamo visti come nemici della piazza finanziaria, ma le ripercussioni di questa cultura del segreto, dove paga più chi denuncia che non gli autori delle malefatte, sono state pesantissime per la Svizzera».

Il perseguimento della sua idea di giustizia è tuttavia ancora attivo in Dick Marty, che proprio recentemente è stato tra i protagonisti della petizione per le multinazionali responsabili, respinta dai cantoni ma approvata dalla popolazione: «Troppi paesi sono succubi di scelte di chi è più potente di loro. Basti pensare alla guerra in Ucraina, dove i grandi vincitori sono i mercanti d’armi, che addirittura possono sperimentare nuovi tipi di tecnologie che non sarebbe possibile testare altrove. Ed è sconfortante vedere che si stanno facendo gli interessi di tutti tranne che degli unici i quali ne avrebbero diritto: quelle persone a cui non importa se il Donbass sia russo o ucraino, ma vogliono semplicemente vivere la loro vita senza la costante paura di morire».

Al termine dell'evento, il Corriere del Ticino ha avuto la possibilità di realizzare una videointervista con Marty.