Rogo al White

Diede fuoco alla boutique, l’estradizione è vicina

Il 37.enne era scappato in Italia ed era stato arrestato lo scorso mese di maggio: ora ha esaurito ogni possibilità legale per sfuggire alla misura – Andrà a processo con altre 4 persone per tentata truffa assicurativa e incendio intenzionale – Intanto l’inchiesta si è allargata anche ai danneggiamenti in un altro negozio di via Nassa
La porta è stata frantumata dai pompieri: l’autore del rogo aveva le chiavi. © Rescue Media
Federico Storni
31.03.2022 06:00

A quasi un anno dall’arresto, avvenuto in Italia su mandato di cattura internazionale, è finalmente spianata la strada per portare di fronte alla giustizia ticinese il presunto esecutore materiale del rogo del negozio White di via Nassa, avvenuto una notte di metà febbraio 2021. L’uomo, un 37.enne campano residente in Italia, si è opposto in ogni modo alla richiesta di estradizione della procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, fino al limite delle proprie possibilità legali. Ma la Corte di Cassazione - ultima istanza giudiziaria italiana - ha dichiarato inammissibile il ricorso con una sentenza pubblicata negli scorsi giorni (l’udienza risaliva invece a metà gennaio).

Stando a nostre informazioni, l’uomo non è ancora stato consegnato alla Svizzera, ma ormai sembra solo questione di tempo.

Cosa si sa finora

L’estradizione del 37.enne campano sbloccherà in altre parole l’iter giudiziario relativo al rogo. L’inchiesta coinvolge infatti altre quattro persone: un 34.enne italiano residente nel Luganese, due suoi connazionali residenti in Italia (una 47.enne e un 43.enne), nonché un noto commerciante di Lugano, sulla sessantina, amministratore unico della società che gestiva il negozio. Quest’ultimo è ritenuto il mandante del rogo e ha già fatto alcune ammissioni durante l’inchiesta, cosa che gli ha permesso di evitare la carcerazione preventiva (a differenza degli altri tre, tutti nel frattempo tornati a piede libero).

Il rogo sarebbe stato conseguenza non voluta della decisione del 43.enne di sbarazzarsi - incendiandoli - di alcuni vestiti della boutique . Era stato lo stesso amministratore del negozio a chiedere (senza precisare le modalità) di distruggere gli abiti. Lo stesso aveva anche stipulato una polizza assicurativa milionaria sui capi di abbigliamento. Il 43.enne avrebbe poi chiesto al 37.enne in via d’estradizione di occuparsi materialmente della cosa. Quest’ultimo - per la cui identificazione sono state decisive le immagini della videosorveglianza - sarebbe poi stato aiutato dalla 47.enne, la quale sarebbe a sua volta stata sospinta ad agire da parte del commerciante. Le accuse ai cinque sono quelle, a vario titolo, di tentata truffa e di incendio intenzionale.

L’inchiesta della procuratrice Lanzillo è a buon punto: si attendeva in pratica soltanto l’estradizione del 37.enne campano per firmare il rinvio a giudizio. Salvo inghippi dell’ultima ora, il dibattimento non dovrebbe tardare più di una manciata di mesi.

L'altro filone

Gli inquirenti, in ogni caso, non sono rimasti con le mani in mano in attesa dell’estradizione dell’esecutore materiale. È infatti notizia di fine anno, come anticipato dalla Regione, che l’inchiesta penale si è allargata a danneggiamenti occorsi sempre in via Nassa nel negozio Cashmere Square nell’estate del 2020. Negozio pure riconducibile al commerciante luganese. In questo caso la proprietà dell’immobile avrebbe ottenuto lo sfratto del negozio per pigioni non pagate e per tutta risposta, l’ultimo giorno di permanenza, il 34.enne italiano residente nel Luganese (peraltro figlio del commerciante) avrebbe danneggiato gli spazi, forse con la complicità di un’altra persona. L’uomo sarebbe reo confesso. Per questo, ci conferma l’avvocato della proprietà dell’edificio Pascal Frischkopf, vi era già in corso un contenzioso civile che sfiorava i centomila franchi. Contenzioso però nel frattempo sospeso perché la Ancora SA - la società che gestiva sia Cashmere Square che White, con il commerciante come amministratore unico - è fallita qualche mese fa.