Energia

Disaccordo fra Ticino e Uri sulla centrale del Lucendro

I due Cantoni non sono riusciti a trovare un'intesa sulla comproprietà degli impianti a partire dal 2025 – Sia Bellinzona sia Altdorf rivendicano la quota di maggioranza – Deciderà il dipartimento diretto da Albert Rösti
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Giovanni Galli
24.02.2023 06:00

C’è discordia tra Bellinzona e Altdorf a causa del Lucendro. Alla fine dell’anno prossimo scadrà la concessione per lo sfruttamento delle acque del bacino idroelettrico situato sul massiccio del San Gottardo. Attuale titolare della concessione è la Lucendro SA, società detenuta al 100% dall’Azienda elettrica ticinese, che nel 2015 aveva rilevato gli impianti da Alpiq. Dal 2025 lo sfruttamento delle forze idriche passerà nelle mani di Ticino e Uri. In che forma, però, ancora non si sa, perché i due Cantoni non sono riusciti a mettersi d’accordo su chi deterrà la quota di maggioranza e potrà beneficiare dell’energia prodotta. Il lago artificiale e gli impianti, compresa la centrale a valle, sono interamente in territorio ticinese, ma il 55% delle acque che lo alimentano proviene dal bacino idrografico della Reuss. «Deviandone il corso verso sud, il canton Uri perde acqua che potrebbe sfruttare dal confine cantonale (sul San Gottardo, ndr) al Lago dei Quattro Cantoni», ha dichiarato alla «NZZ» il consigliere di Stato Urban Camenzind, responsabile dell’Economia. Per questo il Cantone rivendica la proprietà del 55% degli impianti e dell’energia che verrà prodotta dal 2025, anche se la centrale si trova ad Airolo. 

Vitta: «Nulla di intentato»

Il Ticino però non è d’accordo e sulla base di calcoli sulla forza idrica effettuati a norma di legge federale (in cui vengono considerati la quantità di acqua e il cosiddetto «salto» verso Uri, in parte ticinese) ritiene di avere diritto al 60% della proprietà e alla commercializzazione di questa quota di energia tramite AET. Dal 2015 a oggi la Lucendro SA ha prodotto e venduto l’energia, fornendo a Uri un indennizzo per il mancato sfruttamento delle acque sul suo territorio. In sostanza, Bellinzona intende continuare con il regime attuale, assicurando ad Uri un compenso adeguato. «Riteniamo di essere nel giusto. E per questo difenderemo con determinazione la maggioranza della proprietà degli impianti e la loro gestione da parte di AET», dice il capo del DFE Christian Vitta. «Non sarà lasciato nulla di intentato».

L’alternativa: sfruttare la catena

Gli urani però non ci stanno a fungere da partner minoritari. Camenzind ha dichiarato al quotidiano zurighese di ritenere legittimo un ruolo più centrale nello sfruttamento delle acque provenienti dal loro territorio. Come? Nel 2025, con il rilascio della nuova concessione, la EWA-Energie Uri dovrebbe rilevare l’esercizio degli impianti. In caso contrario, Uri vorrebbe incassare di più, rivendicando lo sfruttamento delle sue acque dal Gottardo fino a Personico, dove si trova l’ultimo anello della catena produttiva della Leventina. La questione dei rapporti di forza nella futura comproprietà è sul tappeto da molti anni. Nel 2013 i Parlamenti dei due Cantoni alpini avevano negato ad Alpiq il rinnovo della concessione per lo sfruttamento delle acque (la richiesta era stata presentata quattro anni prima). Nel 2015, con nove anni di anticipo rispetto alla scadenza originale, la grande azienda confederata (che non stava attraversando un momento facile) aveva deciso di vendere l’impianto idroelettrico ad AET. Quest’ultima aveva parlato di operazione «storica». I due Cantoni proprietari delle acque avevano poi avviato discussioni su come proseguire la collaborazione, senza tuttavia riuscire a raggiungere un’intesa.  

Berna chiamata in causa

Siccome i tempi stringono e non c’è stata la possibilità di appianare le divergenze, spetterà a Berna decidere. Il «dossier» sarà esaminato dal Dipartimento dell’energia del nuovo consigliere federale Albert Rösti. Una decisione, in ogni caso, non sarà presa in tempi brevi. Secondo la «NZZ», il DATEC dovrà innanzitutto chiarire qual è il suo ruolo in caso di controversia, se dovrà limitarsi a mediare oppure guidare la procedura per il rinnovo della concessione e poi decidere. I criteri per il processo decisionale potranno essere stabiliti solo una volta chiariti i fatti. Anche la tempistica non è chiara.  

Un impianto da 100 GWh

Costruito da Aar e Ticino SA (Atel, poi divenuta Alpiq) tra il 1942 e il 1948, nel pieno della Seconda guerra mondiale, il Lucendro produce una media di 100 GWh di corrente all’anno (la produzione idroelettrica annua media in Ticino è di circa 3.700 GWh), di cui il 68% circa nel periodo invernale. Acquistandolo, l’AET ha potuto gestire l’intero parco idroelettrico della Leventina e beneficiare di una struttura che consente una gestione molto flessibile della produzione. Se i prezzi sono bassi si trattiene l’acqua in quota e la si fa scendere quando la vendita di energia diventa più conveniente. Disporre di un impianto di accumulazione molto flessibile costituisce un vantaggio per il Ticino, indipendentemente dal prezzo di mercato dell’energia elettrica. Il punto forte del Lucendro è la grande capacità di accumulazione, che con il Sella raggiunge i 34 milioni di m3. Fino al 2015, in Leventina la capacità era limitata ad 1 milione di m3, sparpagliato fra Airolo, Piottino e Val d’Ambra. L’accumulo gestito è stato così portato a 35 milioni di m3.

La decisione di riscattare il Lucendro venne presa dal Ticino una prima volta nel 1979, con l’intenzione di attivarla nel 1985, al momento della scadenza della concessione ad Atel. Il Cantone, tuttavia, fece retromarcia per ragioni di carattere politico, tecnico, finanziario e fiscale. La concessione venne prolungata di 40 anni, fino al termine del 2024. Ma poi, come detto, la riversione fu anticipata.