Diversa banda o nuovo modus operandi?

Una miscela di acetilene: potrebbe essere questo il gas esplosivo usato dai malviventi per colpire il bancomat della Raiffeisen in via Cureglia a Comano, di fronte agli studi televisivi della RSI. Il tentato colpo - non c’è refurtiva - ha avuto luogo nelle prime ore di martedì, verso le 3.30. «Ero in ricezione e ho sentito un botto, - ha raccontato ai microfoni della RSI un dipendente dell’emittente, di turno in quel momento, - ho pensato subito che potesse trattarsi del bancomat. Mi sono avvicinato e ho visto una persona scappare verso il bosco». Ad agire sarebbero stati però più uomini. «Pensiamo si tratti di una banda organizzata, come nei casi precedenti», ha dichiarato il portavoce della Polizia cantonale Renato Pizolli. Immediatamente allertata, sul posto è arrivata la Cantonale coadiuvata, nel dispositivo di ricerca messo in atto, dalle Polizie comunali e dalle Guardie di confine. Ricerca finora senza esito. I precedenti nel nostro cantone sono diversi.

Cinque colpi simili
Sono ben cinque i colpi messi a segno in circa un anno con lo stesso modus operandi. Il sospetto è che siano opera della stessa banda, finora sempre riuscita a farla franca. In quei casi la tecnica usata è quella della «marmotta» che prevede l’inserimento nel cassettino delle banconote la «marmotta»: una piccola scatola (come quella dei sigari) piena di polvere da sparo. La «marmotta» è collegata a una lunga spranga di ferro con all’estremità un innesco che si attiva grazie ad una miccia. Questa tecnica ha permesso ai malviventi di far esplodere i bancomat della Raiffeisen a Stabio (l’11 maggio), Novaggio (il 14 marzo), Arzo (il 30 novembre del 2018) e Coldrerio (il 23 novembre 2018). A Molinazzo di Monteggio, invece, il 3 aprile 2019 lo scasso - sempre ad un apparecchio Raiffeisen - è stato solo tentato. Di questa tentata rapina il Corriere del Ticino era riuscito ad ottenere le immagini. Nel video si vede una Fiat bianca, con a bordo diversi uomini, avvicinarsi all’istituto di credito. Uno di loro scende e, con dello spray nero, inizia ad accecare le telecamere di sicurezza (della banca e dell’apparecchio). I complici intanto si attivano. Mentre uno si mette a fare il palo, un membro della banda estrae dal baule il materiale da scasso. Il gruppo si avvicina al bancomat e tenta di forzare il cassettino da cui viene emesso il denaro. È dunque probabile che i malviventi stessero tentando di inserire all’interno della fessura la «marmotta». Così in gergo si chiama l’esplosivo (di solito polvere da sparo contenuta in un piccolo contenitore metallico, per esempio una scatola di sigari o quella per le matite) che poi viene fatto saltare attraverso una carica.
Diversi i protagonisti?
Nei casi appena citati la tecnica della «marmotta» era stata messa in atto con la polvere da sparo, mentre a Comano no. Se il modus operandi rimane praticamente lo stesso (infilare nel cassetto delle banconote tramite una spranga una sostanza esplosiva), è cambiata la sostanza utilizzata. Le ipotesi sono quindi due: la banda della polvere da sparo si è evoluta oppure ha fatto il suo ingresso dalle nostre parti un diverso gruppo di malviventi. Nel nostro Paese l’uso di una miscela di gas per far esplodere i bancomat è stato documentato soprattutto in Svizzera francese.