Ticino

Dopo anni «al galoppo», Bertoli lascia la politica

Il consigliere di Stato socialista ha stilato un bilancio delle tre legislature passate in Governo – Un periodo «entusiasmante», fatto anche di difficoltà e discussioni, ma che gli ha permesso di «conoscere il Cantone da più punti di vista» e di portare a casa diversi dossier, con il focus sulla scuola dell’obbligo
©Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
31.03.2023 19:30

Dopo dodici anni in Governo, Manuele Bertoli ha salutato la politica attiva. E lo ha fatto in maniera un po’ più informale rispetto alle tradizionali conferenze stampa del Consiglio di Stato, solitamente per forza di cose parecchio «ingessate» e istituzionali. Alla Locanda dal Bigatt di Paradiso – lontano quindi da Palazzo delle Orsoline, luogo per antonomasia delle istituzioni – il consigliere di Stato socialista ha invitato i media ticinesi per stilare un bilancio dei suoi dodici anni di attività governativa. «Dodici anni – per usare le sue parole – passati veramente “al galoppo”». Tre legislature definite da Bertoli «entusiasmanti», contraddistinte anche da momenti di difficoltà e confronto, ma durante i quali ha sempre avuto «un buon sostegno dal Governo». Un lavoro «arricchente» e che, soprattutto, gli ha concesso il «privilegio di conoscere il Ticino in maniera dettagliata, da più punti di vista».

Valori e obiettivi

Nello stilare il suo bilancio, che complessivamente ha definito soddisfacente, Bertoli ha voluto cominciare dai «valori e gli obiettivi» che hanno contraddistinto la sua azione politica. E tra questi ha citato innanzitutto la sua volontà di «porre subito l’accento sulla scuola dell’obbligo», perché «è la parte più importante della formazione degli adulti di domani». Una scuola che, dal punto di vista dei valori, «deve garantire equità e pari opportunità per tutti gli allievi e le allieve». Tra gli obiettivi, il consigliere di Stato ha poi citato anche «l’aumento delle offerte della formazione professionale duale». Un obiettivo contro cui «la pandemia ha messo un carico da novanta». Ma l’auspicio di Bertoli, su questo fronte, «è che in futuro si insista in questa direzione e che l’economia, anche se so che non è facile, dia più spazio agli apprendisti, perché più sono le formazioni offerte e più scelta avranno i ragazzi per il loro futuro professionale». Prima di arrivare al bilancio vero e proprio, ossia a quello dei risultati ottenuti, Bertoli ha pure voluto ricordare il non facile contesto in cui è stato chiamato ad operare: ossia in una posizione di minoranza politica in Consiglio di Stato e in Parlamento.

I risultati raggiunti

È quindi venuto il momento dei risultati ottenuti in questi 12 anni. Una lunga lista elencata e raccontata nel dettaglio da Bertoli ma che, per forza di cose, non possiamo interamente riassumere qui. Ad ogni modo, tra questi si possono sicuramente citare: i progressi fatti nella digitalizzazione della scuola (nel 2018 è stato approvato il Masterplan con un credito d’investimento da 47 milioni); la creazione del nuovo piano di studio per la scuola dell’obbligo; la gestione della pandemia; il potenziamento del servizio di scambi linguistici; la cantonalizzazione del servizio pedagogico; l’introduzione dei docenti d’appoggio nelle classi numerose per la scuola elementare e quella dell’infanzia; il potenziamento dei laboratori a classi dimezzate alle scuole medie; la riduzione, sempre alle scuole medie, del numero di allievi (da 25 a 22); la partenza della sperimentazione per il superamento dei livelli; l’abbandono delle penalizzazioni salariali per i neodocenti; l’aumento di una classe salariale per i docenti di scuola comunale; progressi sul fronte dell’edilizia scolastica;la nuova legge sugli aiuti allo studio; l’inaugurazione della Città dei mestieri; la creazione, nel 2012, del Forum per l’italiano in Svizzera.

Insomma, per dirla con Bertoli, «di cose ne sono state fatte tante, durante 12 anni passati veramente al galoppo».

Un consiglio ai giovani

Da quella «famosa» seduta di Consiglio di Stato dell’aprile 2011, in cui a Bertoli venne assegnato il DECS, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. E vista l’imminenza delle elezioni cantonali, a Bertoli abbiamo chiesto che consiglio si sente di dare ai giovani che si affacciano a questo mondo. Senza tentennamenti la sua risposta: «Di fare politica per passione. La politica fatta senza passione non ha senso. E poi consiglierei loro di non dare per scontato il fatto che l’altro, il rappresentante di un partito distante dalla proprie idee, non possa capire le tue ragioni. E, viceversa, il fatto che tu non possa capire le sue di ragioni. Discutendo, conoscendosi, passando dal confronto alla relazione personale, alla fine si arriva a trovare punti di convergenza. A convincere gli altri, oppure a lasciarsi convincere. O, quantomeno, a trovare delle soluzioni. Credo che questa sia la forza della politica. È un lavoro paziente, ma è un lavoro che bisogna fare, sia in Parlamento, sia in Governo. La politica, soprattutto in Parlamento, richiede anche un po’ di teatro. È comprensibile. Ma poi, però, è importante trovare soluzioni. Altrimenti diventa una politica inconcludente. Una politica del bla bla».