Dopo il GdP, chiude anche il Messaggero di Sant’Antonio

PADOVA - Sembra un déjà vu della drammatica e repentina dipartita del Giornale del Popolo, anche se sicuramente l’approssimarsi della festività natalizie non potrà che esasperare ulteriormente gli animi. È stata annunciata ieri da un giorno all’altro, senza alcun preavviso e nessun margine di trattativa con l’editore, la chiusura di una delle riviste cattoliche più note al mondo, il mensile Messaggero di Sant’Antonio, che vanta milioni di abbonati.
«Increduli e feriti per l’inaudita violenza subita, un attacco alla nostra dignità umana e professionale che ci lascia stupefatti, per modalità e contenuti», è stata la dichiarazione in un comunicato della redazione, che ha annunciato uno sciopero a oltranza dei suoi otto redattori.
Senza mezzi termini anche la reazione della FNSI, il sindacato dei giornalisti del Veneto. «È una decisione unilaterale al tavolo convocato per fare il punto sullo stato dell’accordo di solidarietà, sottoscritto un anno fa: tavolo al quale è pesata come un macigno l’assenza del direttore responsabile. I frati della Basilica di Sant’Antonio si sono dimostrati fra i peggiori padroni editoriali con cui il sindacato si sia mai interfacciato. Nessun margine di trattativa, nessuna possibilità di confronto. Nulla».
Questo è stato il commento della segreteria regionale del sindacato, riportato dal Corriere del Veneto, mentre l’editore, per bocca del responsabile generale frate, si è giustificato sostenendo che la ragione della chiusura è «da ricercare nella crisi dell’editoria e in particolare nel grave default in cui sono caduti i giornali religiosi».