Dormitorio di Chiasso aperto? «La scelta non è definitiva»

Un Centro d’asilo che apre, uno che chiude e un terzo che diventa «di picchetto»: pronto ad essere utilizzato in caso di emergenza. È questo – seppur semplificato – il riassunto di quello che sta per accadere alle strutture d’accoglienza del Basso Mendrisiotto.
L’inaugurazione e la messa in esercizio (il 3 giugno) del nuovo Centro federale d’asilo (CfA) definitivo di Pasture, con 350 posti letto (e costato 26 milioni) – porterà infatti con sé alcuni cambiamenti, come vedremo non tutti condivisi dalle autorità locali.
La nuova struttura è stata voluta per sostituire le soluzioni vetuste (e provvisorie) del «vecchio» centro di Pasture (220 posti) e dello «storico» dormitorio di via Motta a Chiasso (130 posti). Due edifici, questi ultimi, di proprietà della Confederazione e sulla cui destinazione futura si è discusso anche nell’ambito del tavolo di accompagnamento sul tema migratorio a cui siedono autorità locali (Municipi di Chiasso, Balerna e Novazzano), del Cantone e della Segreteria di Stato della Migrazione (SEM). Gli obiettivi? Identificare difficili equilibri tra la necessità di gestire i migranti in entrata in Svizzera, la convivenza con la popolazione e la sicurezza del territorio, anche alla luce di episodi di microcriminalità e disturbo della quiete pubblica di cui si sono macchiati alcuni ospiti dei Centri d’asilo. Tra le richieste ribadite a lungo dalle autorità locali c’è un numero: 350, che corrisponde al totale di migranti che possono essere alloggiati nella regione, concordato qualche anno fa con l’ex consigliera federale Simonetta Sommaruga.
Letti e critiche
Un numero che coincide anche con la capienza del nuovo Centro di Pasture e che, di riflesso, implicherebbe l’assenza di ulteriori posti letto in altre strutture locali. Almeno stando ai desideri dei Municipi del Basso Mendrisiotto. Ma così – come emerso venerdì – non sarà. Se da una parte il vecchio Pasture sarà dismesso (almeno come dormitorio) e fungerà da struttura d’appoggio (ad esempio per aule scolastiche supplementari), il Centro di via Motta a Chiasso diventerà dormitorio d’emergenza da utilizzare in caso di forte pressione migratoria (e sarà sempre in funzione con un piccolo numero di ospiti così da mantenerlo sempre «attivo»). Una notizia che già venerdì ha sollevato critiche da parte delle autorità locali.
«In attesa di una soluzione»
Ma come si è giunti a tale scelta? Lo abbiamo domandato sia alla SEM, sia ai sindaci dei Comuni sul territorio dei quali sorgono i tre Centri. E ne sono emerse versioni non totalmente allineate.
Iniziamo però dalla nuova – anche se solo in parte – destinazione della struttura di via Motta. I posti letto che avrà a disposizione per le emergenze sono 130 (gli stessi che nella sua utilizzazione precedente), rende noto la SEM su nostra sollecitazione. La decisione di mantenere operativa la struttura per le emergenze, inoltre, non sarebbe di carattere definitivo: «Via Motta 1b a Chiasso viene mantenuto operativo in attesa di una soluzione per quanto riguarda i posti di emergenza, di cui stiamo attualmente discutendo con il Cantone e i Comuni interessati», spiega la SEM.
Visioni e versioni
Alla Segreteria di Stato della migrazione abbiamo chiesto anche se la scelta è stata concordata con i Comuni del Basso Mendrisiotto. «La Confederazione è proprietaria dell’edificio e può quindi scegliere se mantenere o meno operativo il centro. Confermiamo che la scelta è stata in ogni caso condivisa con i Comuni nell’ambito del gruppo di accompagnamento».
E qui giungiamo alle versioni non totalmente allineate di cui scrivevamo in precedenza. Alla stessa domanda non hanno infatti fornito la medesima risposta in sindaci di Chiasso, Balerna e Novazzano. «Ci è arrivata una comunicazione da parte della SEM una ventina di giorni fa», esordisce Bruno Arrigoni, sindaco della cittadina di confine. «Hanno deciso loro – conferma l’omologo di Balerna Luga Pagani rendendo noto un altro aspetto –. Inizialmente era stata avanzata l’ipotesi di utilizzare per le emergenze il "vecchio" Pasture, noi autorità locali ci siamo però opposte ricordando che il tetto massimo concordato è di 350 posti letto, la SEM aveva poi cambiato idea». Rinunciando alla funzione d’alloggio del «vecchio» Pasture, ma scegliendo in alternativa via Motta a Chiasso. «Il mantenimento di via Motta non è stato concordato con noi, è una decisione unilaterale della SEM», aggiunge Pagani. Il «vecchio» Pasture si trova proprio di fronte al nuovo Centro federale d’asilo, «per noi era importante che non rimanessero entrambi attivi insieme – spiega dal canto suo Sergio Bernasconi, sindaco di Novazzano –. Onestamente non so quanto margine abbiamo per contestare la decisione su via Motta, ma ne discuteremo tra noi». Per i tre sindaci il Basso Mendrisiotto fa già molto per l’accoglienza e ulteriori posti letto per le emergenze devono essere cercati altrove, anche perché la Regione d’asilo Ticino e Svizzera centrale «è grande e non include solo il nostro cantone – conclude Pagani –, vanno mantenute le proporzioni e se si fa accoglienza bisogna farla bene, per questo insistiamo sul rispetto dei 350 posti letto concordati a suo tempo».
I criteri dell’emergenza
A proposito di emergenza, alla SEM abbiamo chiesto anche quali sono i criteri che definiscono una situazione d’emergenza: «Il numero di domande d’asilo e di arrivi di ucraini in proporzione al numero di posti disponibili nei CfA. Con 33.000 domande d’asilo e, allo stesso tempo, 25.000 arrivi di ucraini previsti per il 2024, il sistema federale ordinario di 5.000 posti è largamente insufficiente: sono necessari 12.000 posti e via Motta 1b sta contribuendo alla fornitura temporanea di questi posti fino a quando la situazione dell’asilo lo richiederà».