Due arresti per estorsione a Lugano: sullo sfondo, una truffa cripto

È una vicenda con ancora diversi punti da chiarire, quella che stiamo per raccontare e il cui dato fondamentale è il seguente: lo scorso fine agosto, in pieno giorno, un cittadino italiano residente in città è stato vittima di un episodio estorsivo da parte di due persone presso la propria abitazione. I due, subito arrestati e trovati in possesso, stando a nostre informazioni, di una pistola poi rivelatesi ad aria compressa, sono stati più volte interrogati dagli inquirenti e nel frattempo rilasciati. L’ipotesi più probabile è che volessero intimidire l’umo per farsi dare dei soldi che quest’ultimo avrebbe sottratto. Il cittadino italiano è infatti sotto indagine in Italia nell’ambito di una grossa inchiesta relativa al mondo delle criptovalute: è uno dei tre soci fondatori di una società che avrebbe truffato centinaia e centinaia di investitori per decine di milioni di euro.
C’è un mandante?
Da noi contattato al proposito, il Ministero pubblico conferma un intervento della Polizia cantonale e di quella cittadina, lo scorso 22 agosto, concluso con l’arresto di due cittadini stranieri di 65 e 36 anni residenti oltre San Gottardo. I due – tornati nel frattempo a piede libero dopo alcune settimane in carcerazione preventiva – sono indagati per estorsione e violazione di domicilio. Gli accertamenti, coordinati dal procuratore pubblico Simone Barca, sono tuttora in corso. Stando a nostre informazioni, come accennato, i due avrebbero avuto con loro una pistola ad aria compressa, e avrebbero chiesto soldi nella misura di decine di migliaia di euro. Non è chiaro a questo stadio se abbiano agito per se stessi o se ci fosse un mandante. Inoltre, sempre stando a quanto abbiamo appreso, non si sarebbe trattato della prima volta che nei dintorni di quell’abitazione si erano registrati movimenti sospetti. «Non vi sono al momento evidenze di collegamenti con eventuali precedenti episodi avvenuti nel Luganese», afferma al riguardo la Magistratura. Il cittadino italiano si sarebbe nel frattempo trasferito altrove.
Centinaia di investitori truffati
Tornando alla presunta maxi-truffa, i tre soci fondatori l’avrebbero commessa sull’arco di appena un paio d’anni. Promettevano ritorni mensili del 10% sull’investimento grazie a un algoritmo capace di trarre profitto dalle oscillazioni di prezzo dei Bitcoin fra un mercato e l’altro (per intenderci, nella finanza tradizionale già un ritorno al 5% è considerato altamente rischioso). Per gli inquirenti, invece, tale algoritmo non sarebbe mai esistito e tutta l’operazione non sarebbe altro che uno schema piramidale, o buco tappa buco, in cui il rendimento era garantito dai soldi di chi era arrivato dopo a investire. Il sospetto è che il maltolto superi i 100 milioni e i truffati le migliaia, ma entro i termini di legge per le denunce se ne sono fatte avanti sensibilmente di meno. Il provento, inoltre, a oggi non sarebbe ancora stato ritrovato. Gli inquirenti italiani lo stanno cercando in mezza Europa e in Medio Oriente.
In questo senso la chiusura delle indagini nella Penisola è comunque data come imminente. Le persone indagate si aggirano attorno alle cinquanta unità. Nel frattempo due dei tre soci si troverebbero a Dubai, che non ha accordi di estradizione con l’Italia. Uno di essi e l’uomo residente a Lugano sono stati di recente multati dall’organo di vigilanza Consob per aver offerto prodotti finanziari senza comunicarlo alla Consob stessa. L’uomo residente in città è inoltre stato pizzicato in dogana a Ponte Chiasso negli scorsi mesi con diversi orologi di lusso non dichiarati per un valore di centinaia di migliaia di franchi.
Anche vittime locali
Poco prima che l’attività naufragasse, il trio si stava insediando proprio a Lugano, o quantomeno aveva scelto la città per lanciare una propria criptovaluta, implicando (falsamente) di essere in qualche modo coinvolti nel Plan B. Oltre a ciò erano andati a bussare a diverse porte per proporre il proprio prodotto, senza particolare successo anche perché ci sarebbe stato chi è riuscito a far suonare subito il campanello d’allarme. Qualcuno anche in Ticino avrebbe però dato loro fiducia.