Due «Top gun» locarnesi pronti a sfrecciare tra le nuvole

LOCARNO - È ancora il sogno più gettonato dei bambini, insieme a quello di diventare calciatore o giocatore di hockey: «Mamma, papà, da grande vorrei fare il pilota di aereo (o di elicottero)». E per due di loro, locarnesi, il sogno ad occhi aperti e con il naso all’insù, immaginando di sorvolare pianure, laghi e montagne, è diventato realtà. Ieri mattina, insieme a dieci commilitoni svizzerotedeschi, i tenenti Tino Mainardi, 25 anni di Solduno e il 26.enne Emanuele Ceschi, di Tenero, hanno ricevuto dalle mani del loro comandante, Markus Thöni, il brevetto militare di pilota di jet o di elicottero. Più di cinque anni di formazione, tre dei quali passati nella Scuola universitaria professionale di Zurigo a Winterthur, poi centinaia di ore di volo, quindi un traguardo che rappresenta però più un decollo per spiccare il volo verso la carriera militare o civile. «Abitando a Solduno, il volo degli elicotteri della Rega che si dirigevano o partivano dall’ospedale di Locarno mi ha sempre affascinato. Ma da casa mia ho fatto in tempo anche a vedere qualche aereo leggero atterrare o decollare dall’aeroporto di Ascona: passavo intere giornate a guardare il cielo. Ho qualche parente pilota di elicottero, ma la passione per il volo mi è nata dentro, spontaneamente», racconta il tenente Mainardi. Nessun riferimento aviatorio in famiglia invece per il neo-pilota militare Emanuele Ceschi. «Fin da piccolo, guardando dalla terrazza di casa mia gli aerei e gli elicotteri sul Piano di Magadino, ho sempre pensato di salire lassù. Contrariamente al mio commilitone Tino, gli elicotteri mi interessano poco, preferisco i jet. Anzi, se devo essere sincero, non vedo l’ora di pilotare un FA/18».
Diventare un “top gun”, dunque, sfrecciare nei cieli del mondo a velocità supersonica, quasi senza rendersi conto di cosa c’è sotto. «In effetti – sottolinea Ceschi – quando stai pilotando un jet c’è poco tempo per ammirare il paesaggio, sei molto preso dai comandi, dalla strumentazione e dalle tante cose da fare a bordo. Ci vuole molta concentrazione a pilotare un jet, ma hai anche tanta adrenalina che ti scorre addosso». Decisamente più contemplativo, invece, il tenente Mainardi: «Amo pilotare un elicottero proprio perché oltre a volare ti lascia il tempo di guardarti intorno. Ed è incredibile il paesaggio che puoi ammirare sorvolando la Svizzera, in particolare d’inverno, quando le cime delle montagne sono innevate. E poi a bordo di un elicottero non ci si annoia mai: trasporti, trasferimenti, soccorsi, c’è sempre da fare e imparare», spiega.
La formazione di entrambi per arrivare al brevetto di pilota militare di jet ed elicotteri è stata selettiva e impegnativa. Un conto è coltivare il sogno da bambini, ma prima di entrare a far parte della Swiss Air Force Pilot Schule e del PC-7 Team o del Super Puma Display Team, le due prestigiose squadriglie della Forze Aeree svizzere, c’è veramente tanta strada da fare. «Ci sono diversi “step” selettivi sia fisici che teorici e pratici da superare – confermano entrambi -. Poi devi ottenere il brevetto di pilota civile, con la formazione che dura un triennio. Poi inizia il vero e proprio apprendistato di volo sui jet e gli elicotteri. Senza contare lo studio, le materie tecniche, le ore di addestramento e le simulazioni da accumulare. Però è indubbio che alla fine del percorso c’è una grande soddisfazione: abbiamo realizzato il nostro sogno da bambini, ora comincia il bello», dicono all’unisono.
Ieri al primo piano della Sopracenerina, in una cerimonia emozionante, s’è respirato non solo il senso di appartenenza all’esercito e alle forze aeree dei nuovi piloti e dei rispettivi parenti e amici, ma anche un pizzico di orgoglio ticinese, quello di far parte di un’èlite svizzera. Soprattutto quando la storica sala, gremita di parenti ma anche di militari di ogni ordine e grado, piloti e veterani, con una netta maggioranza di confederati, ha intonato “La canzone dell’aviatore” in italiano. E s’è avuta la netta impressione che le voci dei due piloti locarnesi si siano sentite un po’ più alte e decise di tutte: «Voglio volar laggiù, nel ciel lontano, passare le Alpi ancor fino a Lugano. Lasciatemi volar, dove mi guida il cuor. Pulsa di già il motor, canta la canzone dell’aviator!».